Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 8 agosto 2001
Le donne romane indossavano il reggiseno detto fascia pectoralis o mammillare, in stoffa, e mutandine assai scosciate dette subligar
• Le donne romane indossavano il reggiseno detto fascia pectoralis o mammillare, in stoffa, e mutandine assai scosciate dette subligar. Sopra indossavano una tunica chiamata tunica interior o subucula, una sorta di sottoveste, quasi sempre di lino. Come vero e proprio abito la matrona aveva la stola, un vestito provvisto di numerose pieghe e stretto in vita da una cintura. Quando uscivano, le matrone indossavano sulla stola un ampio mantello leggero chiamato palla, che veniva drappeggiato intorno al corpo e all’occorrenza poteva coprire il capo. Se questo era l’abbigliamento base della matrona, infinite erano le linee, le fogge ed i colori degli abiti che mutarono nel corso dei secoli. Soprattutto c’era una grande varietà nei colori: quelli preferiti dalle giovani erano il bianco e le tinte pastello, mentre per le donne più mature si addicevano la porpora e le tinte neutre. Svariatissimi poi erano gli ornamenti. Le signore portavano fibbie (fibulae), bende ornate d’oro e di pietre preziose inserite nell’acconciatura dei capelli, orecchini, braccialetti, anelli e collane.
• Le prostitute romane indossavano abiti trasparenti all’interno dei postriboli e non utilizzavano indumenti intimi. Solo quando uscivano indossavano mutande e reggiseno sotto la toga. Le meretrici erano obbligate ad uscire vestite in modo da poter indicare a tutti la loro professione, si riconoscevano per il trucco pesante, i vistosi gioielli e l’uso di parrucche, soprattutto di colore rosso.
• L’indumento indossato come veste unica da tutto il popolo romano era la tunica; il popolino era chiamato anche tunicatus populus proprio perché vestiva solo questo indumento. La tunica era composta da due rettangoli di stoffa cuciti assieme e con un foro per la testa.
Per ripararsi dal freddo sopra la tunica il romano usava dei mantelli, di cui il più noto è la lacerna. Si trattava di un corto mantello di lana fermato sotto il mento o sulla spalla da una fibbia e completato generalmente
da un cappuccio. C’era poi anche un mantello impermeabile, la paenula,
confezionata con grandi pelli e indicata soprattutto durante i viaggi.
Lo schiavo vestiva una corta tunica, come l’uomo del popolo.
Generalmente arrivava fino a metà coscia, era fissata con una fibula, in modo da lasciare scoperti parte del petto e tutto il braccio destro.
Allo schiavo era vietato l’uso dei calcei, lo stivaletto indossato solo dai cittadini di rango. Andava in giro scalzo, al massimo con zoccoli di legno.
• Nei tempi antichi anche gli uomini coprivano il basso ventre con il subligar, che col tempo però cadde in disuso e fu continuato a portare solo dagli operai sul lavoro, o dagli sportivi. Il subligar fu sostituito dalla tunica, che poteva essere di lana, di lino o di cotone. Gli uomini di rango la indossavano sotto l’abito ufficiale che era la toga. Questa consisteva
in un drappo di lana rigorosamente bianco di notevoli dimensioni. Il modo di sistemare la toga sul corpo, descritto meticolosamente da Quintiliano, era assai complesso. Le pieghe erano disposte in modo da creare l’ampio sinus che dal braccio sinistro scendeva fino ai piedi, ed un secondo sinus detto anche balteus, che dalla spalla scendeva fin oltre il ginocchio. All’altezza della vita, inoltre, fuoriusciva un lembo che, opportunamente accomodato, formava un nodus con altre pieghe. Una larga banda di porpora detta latus clavus, posta sul davanti della tunica in senso verticale. D’inverno sulla toga si portavano mantelli di vario genere. Ai piedi i ricchi romani calzavano i calcei, scarpe chiuse fino al collo del piede o in forma di corto stivaletto. I senatori ne indossavano un tipo particolare detto calceus senatorius.