Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 20 dicembre 1999
Benvenuti allo sportello bancomat del crimine, aperto preferibilmente nelle ore notturne per le strade d’Italia
• Benvenuti allo sportello bancomat del crimine, aperto preferibilmente nelle ore notturne per le strade d’Italia. Il nuovo ”affare” carico di allarme sociale, si chiama ”sequestro lampo”. Sequestro, si intende, di persona. Privazione brutale della libertà (poche ore, una nottata, ma cosa cambia?) di gente pressappoco come noi, di impiegati delle poste, direttori di banca, funzionari che si trovano occasionalmente – di solito attorno al 27 del mese – a maneggiare masse di denari appetibili per la criminalità.
Soldi cospicui, come i quattro miliardi per le tredicesime che stavano costando una brutta nottata a un ufficiale dell’aeronautica, a sua moglie e a sua figlia, se la polizia non fosse intervenuta sulla soglia di casa nella zona residenziale del quartiere Aurelio a Roma.
Ma anche somme più piccole, un colpo e via, come bere una tazzina di caffè.
• Era accaduto già una decina di volte negli ultimi anni nella capitale e in altre parti d’Italia. E i giornali avevano registrato impassibili la ”curiosità” di questi rapimenti veloci, apparentemente indolori. Ma ormai si ha l’impressione che si tratti solo della punta di un iceberg, ben più esteso e massiccio: sono gli stessi poliziotti e magistrati a dirsi difatti convinti che in molte altre occasioni i sequestri lampo si siano invece consumati nel silenzio, senza denuncia, senza processo, senza statistiche. Un giro ”grigio” di riscatti non quantificabili, sborsati, dunque, da questi nuovi ”schiavi ad ore”: comuni cittadini – non grandi finanzieri, non megaimprenditori, non ricchissimi personaggi del jet set – terrorizzati, prelevati e rilasciati nel giro di poche ore. Magari dopo una visita risolutiva ”sotto scorta” allo sportello della banca, per svuotare il proprio conto corrente personale e consegnare pure gli spiccioli ai rapitori: a volte, a quanto pare, si accontentano di qualche decina di milioni. Una specie di tassa, una tantum, calibrata sulle effettive disponibilità di reddito dei malcapitati [...
• Chi sono questi nuovi banditi? Gli identikit dei protagonisti dell’episodio dell’altra notte fanno pensare a quella che un tempo si chiamava ”criminalità comune”: un ex rapinatore, due incensurati. Maneggiano grosse pistole, copiano dalla grande criminalità e dal terrorismo (e dai telefilm?) le modalità di intervento ”militari”: le divise di falsi poliziotti, i passamontagna, le manette e il lampeggiante dell’auto per portare via gli ostaggi. Si tratta, forse, di una banda eversiva che così si autofinanzia? Macché: la Squadra mobile spiega che «nel periodo natalizio ci sono maggiori tentazioni». Semplicemente. Una specie di delirio consumistico esasperato. Un ”prendi i soldi e scappa” che svanisce sullo sfondo della folla metropolitana dello shopping di fine anno.
Poco, nulla a che vedere con i simpatici e goffi ”soliti ignoti” dei film di Monicelli e di Loy degli anni ruggenti del boom economico. [...]
Novità, insomma, assieme ad alcune conferme che devono inquietare. Il sequestro di persona è, infatti, da tempo una specialità, un’anomalia italiana. Il nostro paese è ancora pressoché l’unico in Europa che veda il ripetersi così di frequente di questo tipo di reato. Che è un reato bestiale, una forma di schiavitù temporanea. Ma anche un business che non ha bisogno di particolari investimenti, né di eccessivo know how.
La mafia dei ”corleonesi” fondò quest’’industria” all’inizio degli anni Settanta, la usò a Palermo anche come arma per far piazza pulita dei suoi concorrenti più ”istituzionali”, oltre che per pompare qualche utile miliardo a danarosi ostaggi. Poi trasferì l’impresa in Lombardia, nel periodo della latitanza di Luciano Liggio. Infine cedette il brevetto alla meno ”sviluppata” ’ndrangheta calabrese. Che insieme al banditismo sardo ha continuato l’opera, come sappiamo. E adesso? di qualche giorno fa la scoperta che era in programma nella stagione della stragi, verso il ’92, il sequestro da parte di Cosa Nostra del ricco e potente editore del ”Giornale di Sicilia”, per il quale era già pronta una cella bunker nelle campagne di Alcamo e Castellammare del Golfo, vecchie capitali di mafia. Se il progetto fosse andato in porto non sarebbe stato sicuramente un sequestro lampo.
• Vale a dire che i vecchi schemi non valgono più: che un po’ per via di processi imitativi e di contatti diretti tra macro e minicriminalità, anche per la spartizione e la ricettazione dei bottini e per il reclutamento della manovalanza, la vecchia divisione geografica del lavoro nel network criminale sta per essere ridefinita. Il movente di questo ritorno ai sequestri della grande criminalità è anche il finanziamento nelle giunture di crisi: un ”pizzo” più robusto per consentire la raccolta dei soldi per le parcelle dei difensori degli imputati, per l’assistenza alle famiglie dei detenuti, per le paghe dei ”soldati”. I criminologi ci diranno se questi processi, per ora alla stato nascente, preludano a una maturazione di lungo periodo di logiche, interessi e alleanze. Ma l’Sos deve essere lanciato per tempo. In ogni caso. Perché troppi ritardi e troppe sottovalutazioni hanno segnato finora le politiche di repressione e di intelligence, di prevenzione e di contrasto nei confronti delle diverse forme di crimine che costellano la realtà italiana. Sia un nuovo ciclo, o sia una tragica ”moda” del momento, le forze di polizia e le strutture specializzate che la stessa magistratura ha ormai realizzato sono chiamate, dunque, a un nuovo fronte di impegno e di lotta.