Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 6 dicembre 1999
Vigevano - Stacca la matita dal foglio, dà un ultimo sguardo al viso di donna che ha appena disegnato
• Vigevano - Stacca la matita dal foglio, dà un ultimo sguardo al viso di donna che ha appena disegnato. Un volto stretto fra le dita, con le palpebre serrate, improvvisato ieri nella sua cella, mettendoci neanche il tempo di una chiacchierata: «Ecco - spiega quasi distrattamente -, così è come mi sento adesso io». Una mano da artista, rattrappita dentro un destino da killer.
Perché l’autrice del disegno è Milena Quaglini, nata a Broni 42 anni fa, un barlume di notorietà per il suo antico impegno con le «Donne padane della Lega», ma divenuta ora assai più celebre per la sua confessione, a più riprese, di aver ammazzato almeno tre uomini in quattro anni scarsi: che è il motivo per cui è tuttora detenuta nel carcere femminile di Piccolini, alle porte di Vigevano. E ti risponde col tono di chi non parla di sé, quando le chiedi «perché, signora, perché li ha uccisi?».
• Al pm pavese Mauro Vitiello lo aveva già detto: «Perché non ne potevo più di essere picchiata, perché a ogni schiaffo che prendevo da un uomo rivivevo tutti quelli presi da mio padre». E ora, con un tono quasi dolce, del tutto fuori verbale aggiunge: «Perché io sopportavo, sopportavo, sopportavo finché - dice - non mi facevano qualcosa di intollerabile, che mi faceva esplodere: e allora, quando mi scattava quella reazione dentro, mi veniva una forza tremenda, incontrollabile. E non riuscivo a fermarmi, fino a quando non respiravano più».
questa la fine che fecero il suo secondo marito, Mario Fogli (strangolato nel sonno, dopo l’ultimo litigio e vegliato in balcone sino al mattino dopo, mentre le due figlie piccole dormivano); e un usuraio veneto di 83 anni, Giusto Della Pozza («Voleva costringermi ad andare a letto con lui per un debito, gli ho ficcato una lampada sulla testa»); e un tornitore del Pavese, Angelo Porrello, a casa del quale si era «rifugiata», ritrovandosi in cambio con lui addosso a strapparle i vestiti (lei reagì avvelenandolo e gettandolo nella porcilaia).
• Un delitto tanto più sconcertante, quest’ultimo, in quanto avvenuto durante un periodo (lo scorso ottobre) in cui Milena avrebbe dovuto trovarsi chiusa in casa propria, agli arresti domiciliari. «Lasciamo perdere - spiega al consigliere regionale Maurizio Colloca, andato a trovarla in carcere -, quei nove mesi ai domiciliari sono stati i più angoscianti della mia vita: sto meglio qui in prigione, so che dovrò starci tanto, ma qui almeno mi sento una persona, almeno sono tra persone che mi rivolgono la parola». Cioè? «E cioè d’accordo: io ho violato gli arresti domiciliari...». Innegabile: un bel giorno ha comprato un giornale, ha cercato tra gli annunci qualcuno che condividesse una casa, e ha cominciato a trasferircisi pian piano, insieme a Porrello. «... Ma se l’ho fatto, se sono evasa, è perché non ero mai stata così sola in vita mia: gli amici che avevo erano spariti, i miei parenti mi avevano cancellata, ero diventata un oggetto, rifiutata da chiunque. Angelo mi aveva dato ascolto...». Il giorno in cui si rese conto - dice - che era un violento come gli altri anche lui, fu troppo tardi. «Ma i guai della mia vita erano cominciati prima, quando avevo sposato Mario: mi opprimeva, aveva reso la mia esistenza impossibile». Era anche il padre delle sue due bambine più piccole: «Dall’agosto del ’98, quando ho chiamato i carabinieri dopo averlo ucciso, non ho più avuto il permesso di vederle». Il figlio più grande di Milena, ormai maggiorenne, era nato dal primo marito: «L’unico mio amore. Morì di diabete, tanti anni fa».
• Ieri, per interrogarla anche sulla morte dell’usuraio Della Pozza, è arrivato da Padova il pm Paolo Luca: di fronte al quale Milena ha confermato tutte le sue precedenti confessioni. Nella sua cella, condivisa con una rapinatrice che sta scontando cinque anni, Milena trascorre ora le giornate a dipingere e disegnare: «Mi aiuta a non pensare». in cura da un neurologo: «E so che ne avrò bisogno ancora per molto». Finisce quello schizzo di se stessa, mentre il consigliere si congeda chiedendole se crede in Dio: «No - taglia corto lei -, ai preti non ci ho mai creduto». «Dicevo Dio, non i preti...», corregge lui. solo a questo punto, dopo un secondo di silenzio, che Milena scoppia in lacrime.