Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 1 gennaio 2002
una tragedia nella tragedia quella che si sta consumando in Karakalpakstan, la regione autonoma dell’Uzbekistan popolata da quasi cinque milioni di persone
• una tragedia nella tragedia quella che si sta consumando in Karakalpakstan, la regione autonoma dell’Uzbekistan popolata da quasi cinque milioni di persone. Una Chernobyl silenziosa iniziata oltre quarant’anni fa, oggi finalmente di dominio pubblico. Il lago d’Aral, quello che un tempo era considerato il quarto specchio lacustre più grande del mondo, si sta definitivamente prosciugando: si è già ridotto del 70% ed entro il 2015 potrebbe definitivamente trasformarsi in un immenso acquitrino senza vita. Per il momento solo il pesce persico e una specie di crostaceo riescono ancora a sopravvivere nelle sue acque, dove c’è il triplo di sale rispetto a prima. Il problema maggiore riguarda i suoi abitanti. La città di Muynak, per esempio, che un tempo viveva delle risorse del lago, ora si trova a ottanta chilometri dalle sue rive. Sono rimasti i figli e i nipoti di quelle migliaia e migliaia di pescatori che ogni giorno rincasavano con le loro barche zeppe di storioni, carpe e salmoni. I ”Medici senza frontiere” che occupano gli ospedali di Muynak, di Nukus e di altre zone dell’Uzbekistan e del Kazakistan, gridano alla catastrofe. da anni che portano avanti una dura battaglia per far conoscere al mondo l’immane tragedia di uomini, donne e bambini che muoiono come mosche, divorati dalle malattie: tumori alla gola, all’esofago e al fegato, allergie, anemia, tubercolosi, bronchiti e, da qualche mese (è un fatto appurato) persino peste.
• Tutto ebbe inizio negli anni Trenta quando i Kulaki, i contadini ostili alla politica di collettivizzazione perpetuata da Stalin, vennero fatti prigionieri e spediti nel cuore del lago d’Aral, sull’isola di Vozrozhdeniye: un inferno isolato da tutto e da tutti, privo di vegetazione, dove le temperature in estate possono anche sfiorare i 60 gradi. Nel 1936 l’isola viene affidata al ministero della Difesa con uno scopo ben preciso: trasformarla in un gigantesco laboratorio dove condurre micidiali esperimenti con armi batteriologiche. La base Aralsk 7 nasce nel 1954, ed è una città a tutti gli effetti dotata di laboratori, abitazioni, di uno spaccio e di una scuola. Trecento persone ogni giorno testano su topi, pecore, babbuini, orsi, cavalli, criceti e conigli, e forse addirittura su uomini condannati a morte, batteri mortali in grado di provocare la peste, la tularemia, la brucellosi, il vaiolo, la morva, la febbre del Queesland, ecc.
Se di questo oggi sappiamo quasi tutto è perché il dottor Ken Alibek ha parlato. Chi è Ken Alibek? un ex ufficiale d’alto grado coinvolto nel programma di ricerca sulla guerra batteriologica, direttore dell’impianto di produzione dell’antrace a Stepnogorsk. Fuggì negli Stati Uniti nel 1992 e raccontò tutto. Disse che c’erano almeno settantamila persone, tra scienziati, tecnici e ingegneri, che negli ultimi quarant’anni s’erano succedute all’interno dell’isola, spesso trasportate lassù con mogli e figli anche contro la propria volontà.
• con l’arrivo degli anni Sessanta che la realtà delle città e dei paesi situati lungo le sponde dell’Aral cambia radicalmente, quando il corso dell’Amu Darja e del Syr Darja, i due grossi fiumi che, provenendo dalle alture del Pamir, si immettono nel lago, viene irrimediabilmente deviato. Il motivo? Irrigare il cotone utilizzando 13.000 chilometri di canali, 12.000 chilometri di tubi e 26 grandi vasche. la fine per Muynak e l’intero Karakalpakstan. Il lago inizia a restringersi lasciandosi alle spalle navi e porti, oggi sentinelle di un paesaggio post-apocalittico. I pesticidi e i fertilizzanti fanno il resto, rendendo i terreni e l’aria della regione ogni giorno sempre più inquinati.
Nel decennio successivo il ritiro del lago è un fatto assodato. Occorre in qualche modo intervenire. Diverse menti dell’Unione Sovietica si riuniscono per decidere un possibile piano d’intervento: ricavare dall’Ob e dall’Irtysh, due fiumi di portata simile a quella dell’Amu Darja e del Syr Darja a nord delle alture del Kazakistan, oltre le steppe del Chirghisi, in pieno territorio siberiano, le acque necessarie a risanare il lago. Nasce il progetto ”Sibaral” e con esso le polemiche che ne seguono; le popolazioni a ridosso dell’Ob insorgono con accanimento: che senso ha distruggere il loro ecosistema per salvaguardarne un altro già morto da un pezzo? una domanda alla quale non verrà mai data risposta. Semplicemente: il lago verrà definitivamente abbandonato a se stesso.
• Nel frattempo continuano in gran segreto e senza tregua gli esperimenti a Vozrozhdeniye. Di questo oggi siamo assolutamente sicuri: sull’isola sono state trovate le gabbie dove venivano rinchiusi gli animali, si vedono ancora i pali telefonici su cui erano appese le cavie sottoposte ai vari test e venivano collocati i rivelatori per misurare gli agenti patogeni. Un fetore micidiale, un misto di candeggina, polvere, escrementi animali, morte.
Nel 1988 arriva Mikhail Gorbaciov con una nuova politica basata sulla trasparenza e sulla cordialità. Urge far sparire alcune tracce imbarazzanti, soprattutto i resti delle tonnellate di antrace prodotto nei laboratori di Sverdlovsk, una grossa città alle pendici degli Urali, 1300 chilometri a est di Mosca. Detto e fatto. Nella primavera dello stesso anno, sessantasei giganteschi contenitori in acciaio inossidabile vengono riempiti di fanghi rossi e spediti a 1600 chilometri di distanza, sull’isola di Vozrozhdeniye, dove vengono seppelliti in undici grandi pozzi.
Ormai la politica del disgelo è avviata. Quando scende in campo Boris Eltsin non fa altro che emanare un editto nel quale ordina la chiusura di tutti i laboratori di Vozrozhdeniye, lo smantellamento e la decontaminazione dell’intera isola. Ma non tiene conto di un piccolo particolare: che le casse dello stato versano in pessime condizioni e non possono assolutamente sostenere un simile intervento. Risultato: Eltsin e il suo entourage non hanno altra scelta se non quella di abbandonare l’isola con tutti i suoi misteri e l’antrace in essa custodito.
• A questo punto gli uzbeki decidono di rivolgersi all’Occidente. il 25 maggio del 1995 quando firmano un accordo bilaterale con gli USA. Gli uomini del Pentagono sbarcano a Vozrozhdeniye prima nel 1995, poi nel 1997, imbacuccati in ingombranti tute e maschere antigas, scoprendo ciò che non avrebbero mai voluto scoprire: nell’isola sono ancora vive e vegete le spore dell’antrace e di altri micidiali batteri.
La grande siccità dell’estate 2001 sancisce l’epilogo dell’intera faccenda. Come aveva predetto a suo tempo il governo uzbeko, l’arretramento delle acque dell’Aral ha oggi trasformato Vozrozhdeniye in una penisola: alcuni studiosi hanno già accertato che diversi animali, tra cui topi e altri roditori locali, fanno abituamente la spola da una parte all’altra, rendendosi potenziali portatori di spore mortali. Un uomo è recentemente morto di peste mentre in compagnia del figlio, salvo per miracolo, cercava di recuperare un cammello smarrito. Le notizie che arrivano dall’Ambasciata italiana in Kazakistan sono tutt’altro che confortanti. Ora la domanda che in molti si pongono è questa: che succederà se qualche ricca organizzazione terroristica internazionale venisse in possesso di tutte le armi batteriologiche che ancora si trovano sull’isola?