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 2004  aprile 25 Domenica calendario

La nostra idea è che si possano capir meglio gli americani di oggi se si fa un po’ mente locale sulle loro origini

• La nostra idea è che si possano capir meglio gli americani di oggi se si fa un po’ mente locale sulle loro origini. pionieri I primi americani (siamo nel Seicento) erano persone indesiderabili di cui gli inglesi si liberavano volentieri. Criminali veri o gente che aveva commesso reati di poco conto (cacciar di frodo, non pagare un debito). Parecchi venivano rapiti per strada ancora bambini, da agenti che facevano questo di mestiere, e imbarcati a forza. Erano poveracci, destinati a mendicare o rubare, di cui l’Impero britannico si liberava prima che combinassero guai. A questi seguirono molto presto coloni volontari, attratti dal fatto che in Europa facevano la fame e che dall’America arrivavano notizie di ricchezza facile. A costoro veniva spiegato che, una volta arrivati, non avrebbero trovato sul posto venditori di camicie o padelle: dovevano portarsele dietro. Non c’erano case: avrebbero dovuto costruirsele. Chi partiva si equipaggiava con almeno due asce, cinque scuri, due seghe d’acciaio, due seghe doppie, un segaccio, due martelli, cinque zappe grandi e cinque piccole, tre pale, due vanghe, due trivelle, sei scalpelli, due punzoni, tre succhielli. Oltre a qualche panno, a qualche arma, a qualche provvista di cibo e attrezzo da cucina, il tutto per un costo complessivo di una ventina di sterline (prezzi del Settecento). Il biglietto costava sei sterline. Arrivati sul posto costruivano la casa: scavavano una fossa quadrata, tagliavano tronchi, li assemblavano ben stretti, talvolta rinforzandoli con cunei di legno, li coprivano con pezzi di scorza di castagno o strisce di betulla. Il letto era di frasche. Gli indiani all’inizio erano amici e aiutavano. Furono loro a spiegare ai coloni i segreti del mais. Poi, aumentando i coloni, gli indiani furono spinti indietro. Battaglie a non finire, cominciate molto presto e di cui l’epopea western (tutta ottocentesca) ci dà solo una pallida idea. I problemi pratici - procurarsi il cibo, non morire avvelenati dall’acqua, spianare il territorio per coltivarlo, sopravvivere agli attacchi degli indiani - annientavano qualunque discussione ideologica. L’obiettivo da raggiungere a costo di lasciarci la pelle era uno solo: migliorare la propria condizione materiale di vita in un posto dove la cosa era possibile.
• altri arrivi Sul Salem Mercury del 4 novembre 1788 apparve la seguente notizia: «A un uomo di ritorno all’Est, ci riferiscono, fu chiesto se erano vere certe storie: se piantando, per esempio, un palanchino nel suolo ne spuntassero in un batter d’occhio chiodi da dieci penny. L’uomo smentì la cosa, ma disse: ”Di questo però posso testimoniare... che poco prima di lasciare il fiume Muskingum, un giorno, a cavallo, avendo preso in mano alcuni semi di zucca davanti a una casa e avendone lasciati cadere alcuni, voltomi a parlare a una persona di passaggio, così istantanea fu la loro crescita, così sorprendente e folto fu il loro propagarsi che prima ch’io nuovamente mi voltassi il seme aveva messo radici nel suolo a tal punto che mi trovai pericolosamente avvolto da enormi tralci serpeggianti, che minacciavano di tener dietro ai miei disperati sforzi di sfuggire dal viluppo che mi serrava, sì che immediatamente diedi di sprone al mio cavallo e con grande difficoltà mi districai”». Questo tipo esaltava le ricchezze del West, ma discorsi simili si facevano in Europa a proposito di tutta l’America. Una storiella dice di un europeo emigrato che, una volta sbarcato, prese a calci una moneta d’oro trovata per terra ”perché tanto, si sa, qui l’oro sta dappertutto”. La gente perciò cominciò a partire alla volta della terra promessa quasi subito. Il viaggio era tremendo: un Johannes Gohr scrive nel 1732 d’essere stato in mare 24 settimane, con altre 150 persone. Di queste, cento erano morte durante la traversata. I velieri che trasportavano gli immigrati erano lunghi poche decine di metri, stazzavano due-trecento tonnellate, avevano a bordo cibo mal conservato sotto sale e che andava presto in putrefazione. I migranti mangiavano di preferenza i topi che stavano a bordo, pagandoli due scellini a chi li catturava. Un litro d’acqua costava quattro pence (stiamo citando Gohr). Le condizioni igieniche erano indescrivibili. Quando qualcuno voleva partire, ma non aveva i soldi del viaggio, si offriva come schiavo al capitano della nave: questi si sarebbe rifatto vendendolo al suo arrivo. Chi all’arrivo comprava faceva poi lavorare l’immigrato europeo per quattro-sei anni dandogli solo da mangiare e da dormire. Se si trattava di un minore, doveva stare a servizio fino a 21 anni. Sui giornali uscivano annunci di questo tipo: Dall’American Weekly Mercury del 7 novembre 1728: «Appena arrivata da Londra, con la nave Borden, del comandante William Harbert, una partita di promettenti giovani servi, consistente in Agricoltori, Falegnami, Calzolai, Tessitori, Fabbri, Mattonai, Muratori, Segantini, Sarti, Corsettai, Macellai, Seggiolai e praticanti di diversi altri mestieri, i quali saranno posti in vendita per moneta contante, pane di grano o farina da Edward Hoane in Filadelfia». Dal Pennsylvania Staatsbote del 18 gennaio 1774: «Provenienti dalla Germania. Ci sono ancora cinquanta o sessanta Tedeschi appena arrivati dalla Germania. Li si può trovare presso la vedova Kriderin all’insegna del Cigno d’oro. Tra loro sono due Maestri di scuola, Meccanici, Agricoltori, e anche bambini e ragazzi e ragazze. Sono desiderosi di prestare servizio in cambio del denaro della traversata». Nonostante la difficoltà del viaggio e le incertezze dell’arrivo, gli europei partivano: la vita a casa loro era troppo grama e ingiusta, pochi campavano bene, molti campavano malissimo e non avevano alcuna speranza di riscatto. Il fiume degli immigrati fu immenso. Ci sono stati periodi - negli ultimi tre secoli - in cui il ritmo degli arrivi ha raggiunto il livello del milione di persone l’anno. Tra il 1903 e il 1913 misero piede negli Stati Uniti cento persone all’ora, incluse le ore della notte.
• gli inglesi Le condizioni di partenza (la miseria) e quelle dell’arrivo (sacrifici inenarrabili) formano il substrato su cui doveva poi formarsi il cosiddetto spirito americano. Il quale in primo luogo consiste in questo: dobbiamo migliorare la nostra condizione, costi quel che costi, e tutto il resto non conta. Arrivava in America anche gente che scappava dall’Europa per le persecuzioni: gli ebrei, gli ugonotti, i repubblicani, i nemici dei re a qualunque titolo. In America di tutto questo (le idee, la religione) non importava niente a nessuno. Gli americani inizialmente si sistemarono sulla fascia orientale del Paese. Immaginiamo che l’America sia un rettangolo. Coloriamo uno strisciolina sul lato destro del rettangolo. Questa è l’America degli inizi, frazionata in tredici stati che non erano affatto uniti tra di loro. Gli inglesi li dirigevano attraverso dei governatori. Quelli che stavano nella parte bassa della strisciolina (i sudisti) facevano soldi col tabacco. Non facevano rotazioni dei campi, non permettevano al suolo di riposare e perciò, dopo tre-quattro anni, dovevano impossessarsi di altre terre da coltivare. Avevano bisogno di manodopera e importavano negri dall’Africa come schiavi. Quelli che occupavano la parte superiore della strisciolina (i nordisti) facevano soldi con le navi. Costruivano navi e portavano merci da tutte le parti. Erano sempre colonie e c’era una regola da rispettare: tutte le vendite dovevano essere fatte all’Inghilterra (ci pensava lei a diffondere poi i prodotti americani nel mondo, guadagnandoci), tutti gli acquisti pure. L’Inghilterra era la madrepatria, avere vestiti inglesi, mobili inglesi e modi di fare inglesi era assai chic, ma gli americani avevano mangiato topi e sparato agli indiani per stare meglio: facevano perciò contrabbando a tutto spiano. Persino quando gli inglesi erano in guerra con i francesi o gli spagnoli, gli americani non si facevano scrupoli: rifornivano ufficialmente la madrepatria e di nascosto vendevano armi, farina e quant’altro sia agli spagnoli che ai francesi. La questione dell’indipendenza ha pochissimo di ideale, e molto di pratico. In Inghilterra vi era una grande e potente azienda, la Compagnia delle Indie Orientali, che si trovava sull’orlo del fallimento. Aveva in magazzino 17 milioni di libbre di tè e poteva uscir fuori dai guai vendendole. Dove venderle, però? Gli inglesi sapevano che il contrabbando di tè in America era assai fiorente. Si potevano prendere due piccioni con una fava: salvare la Compagnia delle Indie e colpire il contrabbando americano di tè. A Londra venne fatta una legge (Tea Act) che permetteva alla Compagnia delle Indie di aprire magazzini in America e di vendere direttamente il tè agli americani, senza passare per nessuna intermediazione. Il tè sarebbe costato molto meno di quello che lo facevano pagare i mercanti americani. Era il 1773: quando le navi inglesi cariche di tè arrivarono nei porti americani, gli americani presero il tè che stava nelle stive e lo buttarono a mare. Seguirono, nei tre anni successivi, la pubblicazione del Common sense di Thomas Paine dove si proclamava la necessità di separarsi dall’Inghilterra con la frase «Dalla Gran Bretagna non possiamo aspettarci altro che rovina», la Dichiarazione d’Indipendenza di Thomas Jefferson (4 luglio 1776) e l’inizio della guerra che terminò, con la vittoria americana, nel 1783.
• nuovo sistema Liberatisi dagli inglesi, i tredici stati americani dovevano darsi leggi che consentissero di arricchire senza vincoli. In Inghilterra (e in Europa) esisteva tutta una legislazione concepita apposta per mantenere in una situazione di privilegio chi era nato privilegiato e per impedire agli altri di farsi anche per un poco sotto. Per esempio, la legge del maggiorasco, secondo la quale l’eredità di un padre doveva andare tutta e solo al primogenito (la casta dei possidenti così non si allargava). In quindici anni, uno dopo l’altro, tutti i tredici stati la abolirono. Poi fu abbassato il censo per votare e abolita la religione di stato in cinque stati (gli altri ci misero mezzo secolo). L’atto più significativo però riguardò la grande zona che nel nostro rettangolo ideale è rimasta bianca, cioè l’Ovest. I tredici stati avrebbero potuto stabilire che quella zona era la loro colonia futura e fissare vincoli per lo sfruttamento simili a quelli che l’Inghilterra aveva posto agli americani. Invece stabilirono che lì sarebbero nati nuovi Stati: appena cinquemila persone si fossero trovate nella zona bianca avrebbero potuto eleggere i loro rappresentanti al Congresso e quando fossero diventate sessantamila avrebbero potuto proclamarsi Stato e unirsi agli altri tredici con gli stessi diritti. Gli inglesi avevano proibito agli americani di espandersi a Ovest, queste nuove leggi furono la premessa per un nuovo grande, assalto. Cominciò un’altra, immensa emigrazione da Est verso Ovest. Dai giornali dell’epoca (fine Settecento): «Un gentiluomo che aveva lasciato il Kentucky il 18 settembre informa di avere incontrato per strada una carovana di 1004 persone dirette nel Kentucky». «Rapporti giunti da Lancaster, Pennsylvania, riferiscono che in una settimana si contarono cento famiglie di passaggio per la città, e che la strada formicolava di bande di emigranti». «A Zanesville (Ohio) cinquanta carri passarono il fiume Muskingum, in un giorno». «A Easton, Pennsylvania, sulla strada per l’ovest preferita dagli emigranti della Nuova Inghilterra, in un mese passarono 511 carri con 3066 persone. Procedevano in carovane da sei ai cinquanta al giorno».
• west Lo spostamento verso Ovest ebbe questa caratteristica di fondo: il pioniere arrivava, spianava il terreno, tirava su casa, coltivava e dopo qualche anno rivendeva a qualche nuovo venuto e si spostava ancora più a Ovest per ricominciare. Bisogna pensare a gente rimasta povera, a cui il trasferimento dall’Europa all’America non aveva fino a quel momento portato i benefici sperati. Il viaggio all’Ovest era complicato e faticoso come il trasloco dall’Europa: bisognava superare gli Appalachi, tremila metri d’altezza vagando da una valle all’altra, resistere al pericolo dell’assalto indiano, traversare fiumi, eccetera. Era terra vergine: non c’erano strade o treni. Si andava a piedi o in battelli costruiti apposta, chiusi da tutte le parti e con feritoie dove piazzare i fucili. Il battello, quando ci si fermava, veniva spesso demolito per avere a disposizione il legname con cui costruire la casa. Partivano quasi sempre famiglie singole, marito moglie e figli. Perché, passato qualche anno, queste famiglie si trasferivano nuovamente? Gli osservatori dell’epoca dicono che era un’abitudine o una manìa o un vizio. In definitiva, si trattava solo di questo: raggiunta una posizione, l’americano continuava a cercare con ansia una posizione ancora migliore. Rutheford B. Hayes racconta di un tizio a cui le galline - ormai abituate - si presentavano spontaneamente ogni primavera e si mettevano sdraiate con le zampe avanti, per farsele legare in vista del solito trasloco. «La famiglia di Lincoln si trasferì dalla Pennsylvania al Kentucky, dove Lincoln nacque nel 1809. Nel 1816, quando egli aveva sette anni, la famiglia discese l’Ohio su una zattera per raggiungere l’Indiana. Nel 1830, quando aveva ventun anni, la famiglia si trasferì di nuovo dall’Indiana all’Illinois. Era una cosa normale, per chi viveva all’Ovest» (Huberman).
• mentalità Che tipo di mentalità hanno trasmesso ai loro figli di oggi, padri che per avere il molto che hanno, hanno tuttavia lavorato e combattuto tanto? Non è difficile da capire: forte orgoglio di sé, forte incentivo a migliorare, la consapevolezza, prossima all’arroganza, che quando si vuole davvero ottenere qualcosa, la si ottiene, costi quel che costi. A un certo punto, per via dei traffici tra Ovest ed Est, gli americani avevano bisogno di New Orleans. Comprarono allora l’intera Louisiana, da Napoleone, per 15 milioni di dollari. Nel 1819 acquistarono la Florida dalla Spagna. Nel ’21 i messicani, che possedevano il Texas quasi deserto, offrirono quelle terre a 12 centesimi e mezzo l’acro, mentre il governo degli Stati Uniti chiedeva dieci volte di più. Bisognava però che chi si insediava giurasse fedeltà al Messico. Gli americani si precipitarono in Texas e giurarono fedeltà al Messico: l’obiettivo va raggiunto costi quel che costi e le leggi devono tenerne conto.  certo che gli americani hanno avuto questo vantaggio: costruire un paese moderno partendo da zero, potendo ignorare i costumi, le leggi e la cultura delle loro origini. Se gli europei - per un qualche cataclisma - sparissero e nel nostro continente vuoto arrivassero i poveri di oggi, costruirebbero una società simile alla nostra? egidio roinich