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 2002  gennaio 01 Martedì calendario

Il 29 giugno del 2000 una clamorosa notizia fa il giro del mondo

• Il 29 giugno del 2000 una clamorosa notizia fa il giro del mondo. La pubblica anche un noto quotidiano italiano. Non lontano dalla base argentina Vicecomodoro Marambio, sul mare di Weddell, è stata avvistata da un aereo una colonia di 2.400 esemplari di pinguini imperatore alti come un uomo, 170 centimetri invece dei 115 raggiunti normalmente da questa specie, Aptenodytes forsteri. L’informazione, diffusa dal comandante della suddetta base, il quale non è un ricercatore bensì un militare, risulterà assolutamente priva di fondamento. Nel 1902, nell’isola di Seymour nel mare di Weddell, la spedizione svedese Nordenskjld rinvenne realmente le ossa di un pinguino alto 170 centimetri. In vita sarebbe pesato 200 chilogrammi. Si tratta del più grande di questi uccelli che sia mai stato scoperto. Al 12 ottobre di quello stesso anno risale il primo avvistamento di un pinguino imperatore vivo e vegeto. Delle diciassette specie esistenti di questi uccelli, apparse sulla Terra da almeno 40 milioni di anni, soltanto due raggiungono la calotta polare antartica: i piccoli Adelia, Pygoscelis Adeliae, e l’Aptenodytes forsteri. quest’ultimo il vero signore del continente bianco, l’unico animale capace di riprodurvisi durante il rigidissimo inverno australe. A oggi dei dieci milioni di pinguini che raggiungono l’Antartide, la popolazione degli imperatore non supera le 195.000 coppie, divise in poco più di quaranta colonie sparpagliate lungo la fascia costiera della regione polare, tra il 66° e il 78° latitudine sud.
• Resta un mistero come anno dopo anno questi animali riescano a ritrovare l’esatta ubicazione dei propri luoghi riproduttivi. Sono sempre aree di fast ice, tratti di superficie marina congelata che formano un unico blocco con la calotta polare. Immancabilmente sono caratterizzate dalla presenza di uno o più giganteschi iceberg o da un’isola o da alcune importanti alture di roccia o ghiaccio o da alte falesie costiere della calotta glaciale che debbono costituire un adeguato riparo dai fortissimi venti della notte antartica.  aprile o maggio, l’autunno australe, quando in fila indiana i pinguini imperatore si incamminano lungo le distese gelate che li separano dalle località di riproduzione. Alcune sono situate anche duecento chilometri nell’entroterra. Maschi e femmine appaiono praticamente del tutto simili. La livrea nella parte posteriore della testa e lungo il dorso è nera con riflessi azzurrini. All’altezza delle orecchie due grandi macchie arancioni sfumano in una colorazione giallina come quella lungo il sottogola. Il ventre è bianco. Nonostante abbiano zampe forti e robuste unghie a uncino, non è raro vederli perdere l’equilibrio sul ghiaccio, cadendo goffamente. Quando debbono superare avvallamenti del terreno con pendenze per essi impegnative, si aiutano usando come una piccozza il becco ricurvo. I maschi si presentano all’appuntamento riproduttivo con un’abbondante riserva di grasso, ammassata specialmente sul basso ventre. Li attende il più lungo digiuno provato da un uccello. Durerà tra i 105 e i 134 giorni, durante i quali perderanno fino a duecento grammi al giorno del proprio peso, che negli esemplari più robusti raggiunge i 41 chilogrammi.
• Nel periodo dei corteggiamenti, dalle tre alle cinque settimane, la gelida aria polare echeggia degli squittii nasali delle loro voci. Ogni coppia ha un proprio codice vocale, fatto di suoni pronunciati con toni e sequenze esclusivi. Con danze seducenti, durante le quali esibiscono le chiazze arancioni della propria livrea, i maschi cercano di conquistare le femmine. L’accoppiamento dura soltanto pochi secondi. Nei giorni che precedono l’incubazione delle uova, sulla colonia cala il silenzio. Probabilmente è per evitare che un esemplare single copi il codice vocale sostituendosi a uno dei membri della coppia. Appena depositato l’uovo, verso maggio o agli inizi di giugno, la femmina lo abbandona e riguadagna il mare aperto per rifocillarsi e procurarsi del cibo per il futuro pulcino. Per i prossimi 64-67 giorni sarà il maschio a covarlo. Benché misuri tredici centimetri di lunghezza e pesi 400 grammi, è il più piccolo uovo di uccello, in proporzione alla massa corporea: soltanto l’1,47% di quella di un adulto. La temperatura esterna è già scesa a parecchi gradi sotto lo zero e sistemare l’uovo in un nido scavato nel ghiacciaio condannerebbe l’embrione al suo interno a una rapidissima morte per congelamento. Il padre lo custodisce quindi dal primo istante con molta cura, sistemandolo sulle zampe e sotto la protezione delle calde piume del bassoventre. Nella nicchia così formata la temperatura sarà di trenta gradi anche quando fuori ce ne saranno altrettanti, ma sotto lo zero. Le stesse amorevoli attenzioni papà pinguino dovrà porle quando soffierà il terribile blizzard, con raffiche di vento che raggiungono i 250 chilometri orari. Per resistere a simili condizioni climatiche e a temperature rigidissime, i maschi adulti si dispongono in formazioni a testuggine, stringendosi l’un l’altro fino a raggiungere la densità di dieci individui, con relative uova, per metro quadrato. A rotazione si alternano per alcuni minuti sul lato sottovento dello schieramento per poi retrocedere verso quello meno esposto alle intemperie. Un solo momento di panico nel gruppo può causare lo schiacciamento di centinaia di uova.
• Sono luglio o agosto i mesi in cui nascono i pulcini. In questo modo il calendario fissato dalla natura li agevola sensibilmente. Quando dovranno cimentarsi per la prima volta con il mare aperto sarà infatti l’inizio dell’estate australe, il momento in cui nel mare antartico è più facile guadagnarsi il cibo e la sopravvivenza. Le femmine dovrebbero già essere di ritorno per nutrire i piccoli. Quando la schiusa delle uova è anticipata, sono i maschi ad offrire loro il primo pasto, ricavato da una secrezione di proteine e grasso ottenuta dal proprio gozzo. La dieta dei pinguini imperatore è costituita al 95% da piccoli pesci, al 3% da calamari e al 2% da crostacei. Talvolta include anche del krill. Le proporzioni di questi alimenti variano compatibilmente con la loro disponibilità nelle diverse regioni antartiche.
• Appena potrà lasciare il pulcino alla sua compagna, il maschio si affretterà verso le acque libere, sia per recuperare il quaranta per cento del proprio peso corporeo, perduto durante la cova, sia per procurarsi cibo per il proprio piccolo. I due genitori iniziano quindi ad alternarsi, in periodi della durata di un paio di settimane, nelle cure del pulcino e nella pesca necessaria per assicurargli la sopravvivenza. Per ritrovarlo nella confusione di corpi e grida della colonia, si affidano al riconoscimento della voce. Negli oltre quattro mesi in cui la sua vita dipende dall’abilità di sostentamento prodotta dai genitori, essi lo nutrono un totale di quattordici volte, rigurgitandogli il cibo nel becco. In ognuna di queste circostanze il piccolo viene alimentato a più riprese, per periodi che inizialmente possono protrarsi alcuni giorni. In ciascuna delle quattordici sessioni riceve fino al trenta per cento del suo peso corporeo. Pochissimi animali in giovane età esprimono la tenerezza dei piccoli imperatore: batuffoli dal capo bianco e nero e dal resto del corpo color grigio perla. Le femmine rimaste senza prole non esitano a rapire e allevare un piccolo altrui. Probabilmente agiscono così per soddisfare il senso di maternità provocato dalla prolattina, un ormone che continuano a generare anche dopo aver perso il proprio figlio. Raggiunte le cinque o sei settimane, i piccoli apprendono ad autoregolare la temperatura corporea, rendendosi meno dipendenti dai genitori. Iniziano così a unirsi in gruppi di coetanei, che possono opporre migliore difesa agli attacchi predatori della petrella gigante, Macronectes Giganteus, un’ossifraga responsabile in buona parte degli alti tassi di mortalità (fino al 40%) dei giovani. Gli adulti, che sul ghiaccio non hanno predatori, non temono l’uomo. Non è raro che sbircino nelle tende facendo capolino al loro interno.
• In mare i pinguini sono minacciati da orche, foche leopardo (Hydrurga leptonyx) e dagli squali. Ciononostante è il mare l’ambiente in cui questi eleganti animali si sentono maggiormente a proprio agio. Tra la fine di novembre e la metà di dicembre i piccoli abbandonano il ghiaccio in cui sono nati, che si sta squagliando sotto le loro zampe, per affrontare le acque libere. Non hanno ancora la caratteristica livrea della specie e dovranno aspettare di compiere una anno perché il sottogola inizi ad assumere un colore giallino. Divisi in assembramenti numerosi, tergiversano parecchie ore, alternandosi ripetutamente su alcuni tratti del limite esterno del fast ice, che percorrono emettendo una malinconica cantilena. Il più delle volte all’arrivo di un gruppo, integrato da alcuni degli ultimi adulti rimasti nella colonia, segue la partenza di quello che già occupava quella porzione di banchisa. Poi finalmente il leader si getta in acqua e molti altri esemplari gli vanno dietro senza esitazione. Probabilmente i giovani pinguini sanno che per alcuni anni non faranno ritorno nella colonia natìa e gli individui meno sicuri delle proprie possibilità di sfidare la vita in mare fanno rapidamente ritorno sul pack. Quelli che nei primi mesi della propria esistenza non sono stati capaci di irrobustire sufficientemente il proprio fisico vanno incontro a morte certa. Gli altri invece, da adulti, daranno mostra di uno splendido adattamento all’habitat marino.
• Per alimentarsi i pinguini imperatore raggiungono mediamente i 50-100 metri di profondità ma sono capaci di spingersi fino a 600, con apnee che possono protrarsi anche diciotto minuti. Nessun altro uccello ci riesce. Tali prestazioni sono dovute alla capacità di questa specie di contare su due ”serbatoi” di ossigeno situati nel sangue e nella muscolatura. La possibilità di immagazzinare ossigeno nella muscolatura è dovuta all’alta concentrazione (6%) di una proteina: la mioglobina. Si sta attualmente studiando se la crescita della mioglobina abbia unicamente origini genetiche o venga stimolata dall’attività natatoria. Quando gli imperatore nuotano in superficie, hanno una velocità di crociera di 7,5 chilometri orari e riescono a planare sulla banchisa del fast ice con spettacolari salti lunghi oltre quattro metri, elevandosi sul ghiaccio a un’altezza di sessanta centimetri. Si ritiene che per ritornare all’asciutto si servano sempre degli stessi specchi d’acqua in modo da evitarne il congelamento. Così perfettamente adattatisi all’ambiente polare, vivono una ventina di anni, ma si pensa che alcuni esemplari più longevi possano arrivare a cinquanta. Ancora non sono state identificate le cause del declino di molte popolazioni della specie. Ciò anche perché non si sa con certezza dove si spingano e cosa facciano questi animali quando abbandonano le colonie. Gli adulti, dopo aver fatto la muda sui ghiacci alla deriva nelle vicinanze della costa, si disperdono nelle acque antartiche, spingendosi di rado a nord dei 60° latitudine sud. Si sa di alcuni esemplari che eccezionalmente raggiungono le spiagge della Nuova Zelanda e dell’Argentina. Comunque sia ad aprile saranno di ritorno sulla banchisa antartica per dar vita ad un nuovo eccezionale ciclo riproduttivo.