Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 8 marzo 2004
la Repubblica, venerdì 5 marzo Bologna, prove di svolta
• la Repubblica, venerdì 5 marzo
Bologna, prove di svolta. Il brivido che ha attraversato la città dopo il ricovero al Sant’Orsola di Giorgio Guazzaloca per un’ischemia cardiaca ha diffuso ondate di fair play. Mentre il centrodestra minimizzava («Il sindaco è una roccia», secondo Pier Ferdinando Casini), ”l’Unità” di Bologna ha messo in pagina gli auguri, e Sergio Cofferati, il supercandidato venuto da lontano, che ha sempre parlato di lui chiamandolo «il sindaco attualmente in carica», gli ha scritto un biglietto augurale. Adesso Guazzaloca è stato dimesso, fra poco riprenderà una campagna elettorale simbolicamente fortissima e praticamente invisibile, che procede per circuiti non comunicanti e che nella Bologna ”terza”, dibattuta se mettere la freccia a destra o a sinistra, suscita soprattutto incertezza. Le prove di svolta sono anche molto più pratiche. Nessuno provi a passare in auto fra San Petronio e la biblioteca dell’Archiginnasio, perché il nuovo sistema di telecontrollo delle preferenziali, nome in codice ”Rita”, è una trappola infernale. Cofferati sposa un programma rigorista che prevede una consistente riduzione dei flussi di traffico. Mentre Guazzaloca, che si era insediato nel 1999 all’insegna del laissez-faire, sembra concludere da proibizionista. il test chiave delle amministrative 2004.
• Sul traffico c’è un dibattito teologico. Il duello silenzioso da cui uscirà la ”reconquista” rossa, oppure la conferma dell’eversore Guazzaloca, si accende non appena si tocca la circolazione. Il Centro delle donne di Palazzo dei Notai ha realizzato 150 interviste al femminile. Risultato: «Non si può andare in bici, perché ti arrotano, non si può andare a piedi, perché ti affumicano, non puoi andare in macchina, perché sei paralizzato dal traffico». In effetti certe vie del centro di Bologna, dove «non si perde neanche un bambino» secondo il Lucio Dalla prima guazzalochiano e ora cofferatiano, sono camere a gas. I portici trattengono le polveri. Per oltre metà dei bolognesi, e Cofferati lo sa, il traffico è il problema numero uno.
A stare ai numeri, Bologna è una città di 373 mila abitanti, di cui 100 mila ultrasessantacinquenni, 21 mila stranieri, con un’università da 60 mila studenti, settemila appartamenti sfitti, prezzi delle case al metro quadro come a Manhattan.
• Nella realtà quotidiana, Bologna è un paese. Se uno si ferma di fronte alle due Torri, davanti alla Feltrinelli di Romano Montroni, in qualche minuto incontra tutti. Il comitato elettorale di Guazzaloca è a poche decine di metri, ”Bologna 2004” di Cofferati a poche centinaia. Il Mulino e Nomisma a un passo. La casa di Prodi, funestata dal libro-bomba, idem. L’università, tutta lì intorno. Non si apre una conversazione senza la domanda: com’è messo, Cofferati? Bologna è perplessa per la guerra dei sondaggi: a destra danno Guazzaloca al 54 per cento, a sinistra ribaltano i dati. Andrea Papini, deputato prodiano, fa i conti: «Con i voti del 2001, il Cinese ha a disposizione il 59 per cento». Per non vincere al primo turno dovrebbe impegnarsi allo stremo, fa capire un altro prodiano della prima ora, Giulio Santagata.
Già, ma quanti di questi voti sono a rischio? Sguscia fra le auto con il suo scooter coperto Gianni Pecci, l’uomo del pullman di Prodi che nel 1999 traumatizzò il centrosinistra ortodosso optando per Guazza. Ora presiede l’Agenzia per la mobilità, che gestisce la liberalizzazione dei servizi di trasporto: «Dopo tanti anni finalmente c’è una battaglia incerta». Passa Andrea Emiliani, l’ex soprintendente che con le mostre di Guido Reni e dei Carracci fece di Bologna una capitale dell’intrattenimento culturale: «Ma no, Cofferati ce la fa». E l’insofferenza per una decisione caduta dall’alto? Luca Cordero di Montezemolo, che qui presiede la Fiera, disse che per i bolognesi la scelta del Cinese equivaleva a comprare i tortellini in Svezia. «Ormai ci hanno fatto l’abitudine», sogghigna Emiliani, tempra romagnola. «Mica tanto», ribatte Pecci: «Il mal di pancia c’è ancora, il centro non ha ancora digerito il metodo».
• Il metodo sarebbe l’incoronazione con cui a fine gennaio Federico Enriques e Achille Ardigò hanno consegnato la candidatura al Cinese, davanti a 750 delegati, con l’accompagnamento di un entusiastico messaggio di Claudio Abbado e una telefonata di Enzo Biagi. Intanto da piazza della Mercanzia, sotto la Camera di commercio, regno di Gian Carlo Sangalli (grandi intese efficientiste con Guazzaloca), transita Pier Luigi Cervellati, architetto, il padre del recupero del centro storico, trent’anni fa: «Non c’è solo un confronto politico, Cofferati dovrà mostrare di puntare a un progetto di lungo periodo, in un momento di grave crisi di assetto del territorio». Ovvero? «Gobernar no es asfaltar».
Prima della malattia, l’asfaltatore Guazzaloca se ne stava blindato a Palazzo d’Accursio, senza parlare, al massimo litigando periodicamente con i giornalisti e dicendo a tutti che non avrebbe fatto campagna elettorale perché «il sindaco parla con gli atti». Il presidente uscente della Provincia, Vittorio Prodi, fratello di Romano, la vede diversamente: «Auguri a Guazzaloca, ma io denuncio un sindaco che è mancato sistematicamente a tutte le riunioni della conferenza metropolitana». Già, nel 1999 era impossibile varcare la soglia di un ristorante vecchio stile come il Diana senza imbattersi nell’implacabile Guazza: e si capisce perché i ristoratori salutarono la vittoria offrendo champagne. In questi ultimi mesi invece ha passato il tempo a respingere ogni faccia a faccia con Cofferati, nonostante le richieste generali, riassunte in un appello dello storico Paolo Pombeni.
• Dalle parti dell’università si commenta la scelta di Gianni Sofri di candidarsi con i Ds a sostegno del Cinese: «Be’, il fratello di Adriano è uno specialista dei paesi afroasiatici, Cina compresa». Si scherza, ma la comunità accademica è stata scioccata dal siluramento governativo di Marzio Barbagli, liquidato insieme a Chiara Saraceno dall’Osservatorio nazionale sulla famiglia con il pretesto che si era occupato di famiglie non convenzionali come le unioni gay.
Geniale, no? Come l’ostracismo locale all’etologo Giorgio Celli, che doveva tenere alla Sala Borsa una lezione sul comportamento dei cani. Prima c’era stato il non gradimento di Guazzaloca verso il caporedattore del Tg3 Giorgio Tonelli, velocemente rimosso da un ukase romano. Sarà il segno che la sfida civica fra il Guazza e ”Coffy” diventerà una battaglia tutta politica? Dal portone del Comune, sotto la statua di san Petronio, esce Giovanni Salizzoni, un allievo di Nino Andreatta divenuto vicesindaco di Guazzaloca: «Teniamo conto che questa giunta è un miracolo; è una pattuglia di persone, gente che ha dedicato se stessa all’amministrazione nell’assenza dei partiti».
• Insomma, Guazzaloca ha perso consenso o no? Ancora Gianni Pecci: «No, ma il suo consenso non gli basta. Forse ha deluso quelli della destra tosta, che volevano la mano dura. Guazza ha puntato sulla continuità, richiamandosi a Dozza, e si è tirato dietro i cento mandarini della macchina comunale. riuscito a farsi seguire, come il pifferaio di Hamelin, ma ha dovuto rallentare il suo cammino».
Ma guai a dire che Cofferati ha la strada spianata. Come si atteggerà l’establishment economico? Per districare gli incroci ci vorrebbe un vigile urbano. La Lega Coop, dopo qualche smorfia, ha fatto buon viso. Cooperative bianche e Cisl storcono il naso. Romano Volta, a capo dell’Associazione industriali, inclina verso Prodi e non ne ha mai fatto mistero. Massimo Bucci, che guida la Confindustria regionale, è tutt’altro che un reazionario. Pecci non giura sulla fedeltà a destra dell’élite imprenditoriale: «L’Api, le piccole imprese stanno con Guazza. Ma votare Cofferati riallaccia quei rapporti economici che Guazzaloca ha sparigliato». Si torna indietro di 15 anni, sostiene Salizzoni: trattative continue, iper-concertazione, indecisionismo. Conclude Pecci: «Fa comodo a molti. Perché a Bologna ci sono figure rivelatrici del rapporto fra potere economico e politica rossa: ai miei occhi il costruttore bolognese era lo ”speculatore antifascista”, grandi affari e voto alla lista comunista Due Torri, o comunque un compromesso di convivenza socialdemocratica nel nome del pragmatismo».
• Nonostante le cifre elettorali, nonostante la figura azionale di Cofferati, nonostante tutti ricordino l’analisi dell’Istituto Cattaneo secondo cui Bologna resta una città di sinistra, nonostante i dubbi su governare e asfaltare, nessuno arrischia una puntata secca sulla riconquista. Guazza è un osso duro, a dispetto delle malattie. I suoi uffici sciorinano dati: in cinque anni gli investimenti sono cresciuti del 631 per cento, i turisti sono aumentati in tre anni del 41 per cento, la città è quinta nella classifica del ”Sole 24 ore” sulla qualità della vita, sono aumentate le ore di assistenza domiciliare agli anziani (+ 49 per cento dal 1999 al 2002), nei nidi sono annunciati quasi 150 posti in più e le tariffe sono calate del 15 per cento.
Ma sulle cifre non si discute neanche. Conta l’umore. In Piazza Maggiore, che resterà chiusa per lavori un paio di mesi, tutti gli anti-Guazza rispondono con la frase standard: «Non ha fatto niente». Solo qualcuno riconosce che i marciapiedi sono più puliti, perché il sindaco ”pressa” Hera, l’ex municipalizzata guidata dal prodiano Tommaso Tomasi di Vignano (ma i disagi per la grande nevicata del weekend scorso hanno incrinato le certezze sulla qualità della gestione civica). La città è ”avvilita”, si presentò Cofferati, suscitando polemiche. Per il cardinale Giacomo Biffi l’Emilia era «sazia e disperata». Il suo successore, l’ex vescovo di Ferrara Carlo Caffarra, ha esordito aulicamente dicendo che «il vescovo e i sacerdoti devono stare fuori dall’areopago politico».
• Due passi e dalla curia si giunge in via san Vitale, all’Istituto per le scienze religiose, sofisticata filiazione dossettiana: «Bologna una volta faceva cultura, ora dissipa ma non crea, consuma ma non produce», si lamenta il deus ex machina, Giuseppe Alberigo. «Dobbiamo appassionarci alla metropolitana?», chiede lievemente beffardo l’architetto Cervellati, che ha raggiunto il suo studio in Strada Maggiore. Guazzaloca la vuole sull’asse nord-sud, Cofferati sull’ovest-est, come la via Emilia: «La realtà è che è inutile rincorrere soluzioni premoderne come il metrò, che non sono in grado di integrare gli interessi in funzione di un progetto urbano complessivo. La metropolitana fallirà il suo scopo e l’unico risultato sarà di aumentare il traffico auto».
Buttiamola in politica, dunque. Prodi con Cofferati, «candidatura degnissima», Casini con il Guazza. Ma c’è tutta un’area trasversale, l’ironicamente detta ”Prodi-Casini”, la borghesia centrista che si era fatta sedurre da Guazzaloca. E adesso? Da che parte stanno i manager come Alberto Clô e Piero Gnudi? L’economia, l’industria? Anche nel centro politico il traffico è convulso. Dopo avere percorso in 40 giorni 300 chilometri per Bologna, incontrando 25 mila cittadini e 150 associazioni, battuto bocciofile, quartieri, e polisportive, dopo accurate ricognizioni nell’area del postsocialismo edilizio come il Pilastro, dopo avere visto anziani, partigiani, iscritti di base, sindacalisti, antagonisti, insomma tutta l’area della sinistra bolognese classica, il Cinese è passato alla fase due: incontri nelle case di professionisti, faccia a faccia con la Bologna opulenta («Indicherà la squadra, dottor Cofferati?». No che non la indicherà, soltanto il vicesindaco, probabilmente Vittorio Prodi, e chi vuol capire capisca: «Perché Bologna, con l’incontro fra centro, sinistra e società civile, anticipa lo schema nazionale»).
Salotti che si aprono al brivido progressista. Inviti diramati in segreto. Curiosità, diffidenze. Anche problemi di circolazione, per evitare incontri imbarazzanti fra le due Bologne. Perché sotto sotto, dietro le apparenze e le convenienze, si voterà il Cinese per una scelta politica, e il Guazza pure. Poche storie, poche ipocrisie. Gli incerti se svoltare a destra o a sinistra, nel traffico di Bologna, fra poco saranno una categoria residuale.
Edmondo Berselli