Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2004  giugno 27 Domenica calendario

Forse, anzi sicuramente, Cristoforo Colombo non fu il primo europeo a mettere piede nel continente americano

• Forse, anzi sicuramente, Cristoforo Colombo non fu il primo europeo a mettere piede nel continente americano. I Vichinghi lo avevano preceduto da qualche secolo. E con ogni probabiltà il navigatore genovese morì senza essersi reso conto di aver scoperto un nuovo continente. Eppure l’età moderna inizia proprio il giorno in cui avvistò la terra ferma, al termine di un lungo viaggio nel quale aveva rischiato l’ammutinamento. Basta leggere le sue lettere a chi gli aveva finanziato il viaggio per riscoprire Colombo. Descrive con attenzione e minuzia le isole che incontra, immagina come si potranno sfruttare commercialmente, esclude dalla sua prosa descrizioni fantastiche che pure erano tanto diffuse nei diari di altri vaggiatori moderni. Colombo dà inizio all’età moderna ed è moderno lui stesso.
• Cristoforo Colombo al figlio Diego in una lettera del 5 febbraio 1505, parlando di Amerigo Vespucci. "El siempre tuvo deseu de me hazer plaser, es mucho hombre da bien. La fortuna le ha sido contraria, como à otros muchos. Sus trabajos no le han aprovechado tanto como la razón requiere" (Egli ebbe sempre desiderio di compiacermi, è un uomo dabbene. La fortuna gli è stata contraria, come a molti altri. Le sue fatiche non hanno avuto il compenso che meritavano).
• Nel 1493 scrive a Luis de Santangel Tesoriere della Corona e amico di Colombo, che con più di un milione di maravedis aveva contribuito al viaggi. Signore, [...] vi scrivo questa lettera tramite la quale saprete come in trentatrè giorni io sia giunto alle Indie con la flotta che gli illustrissimi Re e Regina nostri signori mi avevano affidato, come vi abbia trovato una grande quantità di isole popolate da genti innumerevoli e come di tutte queste isole io abbia preso possesso in nome delle Loro Altezze, proclamando la loro sovranità e dispiegando lo stendardo reale senza che nessuno si opponesse. Alla prima isola che ho incontrato, ho dato il nome di San Salvador, in omaggio all’Alta Maestà che meravigliosamente mi ha concesso tutto questo. La seconda isola l’ho chiamata Santa Maria della Concepciòn, la terza Fernandina, la quarta Isabella, la quinta Juana e così via (Juana sta per Cuba dal nome dell’infante). A Juana, ne seguii la costa verso occidente, e scoprii che era tanto vasto che pensai si trattasse della terraferma, della provincia di Catayo.
• Riuscii a capire dagli altri indiani che avevo preso a bordo che questa terra era un’isola. Ne seguii quindi la costa verso oriente per per settecento leghe (una lega equivale a quattro miglia), al termine delle quali l’isola finiva. A diciotto leghe da questo capo, verso oriente, vi era un’altra isola che chiami subito Hispañola. [...] un’isola fertilissima, forse ancora di più delle altre. Le sue coste offrono numerose baie con le quali quelle della Cristianità che io conosco non reggerebbero il confronto, e anche dei fiumi così belli e così grandi che è una meraviglia. Quest’isola ha delle alture, e vi si trovano numerose sierras con enormi montagne, molto più alte di quelle dell’isola di Tenerife, tutte bellissime e di mille fogge, tutte accessibili e coperte di alberi con mille profumi, così alti che paiono toccare il cielo. [...] Ovunque passassi, anche se era novembre si udiva il canto dell’usignolo e di mille altri uccelli. Ci sono palme di sei o otto diversi generi, la cui piacevole varietà è un godimento per gli occhi. Ci sono pure grandi pinete, campi stupendi e miele, ogni sorta di uccelli e frutti di tutte le specie (si tratta della regione di Civao, che Colombo identifica con Cipango). [...] A Hispañola si trovano molte spezie, grandi miniere d’oro e di altri metalli. Gli abitanti di quest’isola e di tutte le altre di cui sono venuto a conoscenza, girano completamente nudi, uomini e donne, come la loro madre li generò, anche se qualche donna si copre una parte del corpo con una foglia d’albero o una pezza di cotone che fanno a questo scopo. Non hanno altre armi che canne al momento della maturazione in cima alle quali fissano un bastoncino acuminato. [...] Quando si sentono rassicurati e hanno superato la paura, sono a tal punto privi di malizia e prodighi di quanto possiedono che pare incredibile se non lo si vede coi propri occhi. Qualsiasi oggetto si chieda loro, non lo rifiutano mai; anzi sono loro stessi a farsi avanti e a dimostrare tanto affetto che parrebbe siano pronti a dare anche il cuore. [...] Io ho proibito che gli venissero date cianfrusaglie di poco valore come frammenti di scodella, pezzi di vetro o aghi, anche se, riuscendo a ottenere queste cose, sembravano le persone più felici del mondo. successo anche che, in cambio di un ago, un marinaio, sia riuscito a ottenere il peso di due castiglioni e mezzo in oro, e che per altri oggetti di ancor minor valore abbiano ottenuto ancora di più. Arrivavano al punto di dare ciò che possedevano in cambio di frammenti rotti di doghe , come se fossero degli animali privi di discernimento! Questo mi sembrò male e lo proibii. Diedi loro mille cose buone e belle che avevo portato con me affinché si affezionassero a noi. Tanto più che diventeranno cristiani e sono già disposti ad amare le Vostre Altezze. (Colombo A Luis de Santangel, 15 febbraio 1493)
• In queste isole, finora non ho incontrato uomini mostruosi, come taluni pensavano; al contrario, sono uomini affabili, non neri come in Guinea, ma con capelli lisci, e non abitano in un luogo dove i raggi del sole sono troppo intensi. [...] Non ho dunque incontrato dei mostri non ne ho avuto notizia, se non per un’isola di Quaris, la seconda all’entrata delle Indie, popolata da uomini che vengono considerati molto feroci e che si cibano di carne umana (Colombo pensa probabilmente all’Imago Mundi di Pierre d’Ailly, che parla di Cinocefali – uomini con la testa di cane; Gastrocefali – uomini senza testa e col volto sul ventre; e di altre mostruosità riportate sulle carte come quella dell’ammiraglio turco Piri Reis). [...] In un’altra isola che mi assicurano essere più grande di Hispañola, gli abitanti non hanno capelli. Là si trova oro senza limiti, e di questo come delle altre cose potranno testimoniare gli indiani che porto con me. Fatto sulla caravella, al largo delle isole Canarie, il 15 febbraio 1493. Farò ciò che ordinerete. (Colombo a Luis de Santangel, 15 febbraio 1493)
• Ancora oggi, dopo così tanto tempo che sono con me e malgrado abbiamo molte volte parlato insieme, restano convinti che io sia disceso dal cielo. Erano loro ad annunciarmi per primi ovunque andassi, e gli altri andavano di corsa di casa e in casa e nei villaggi lanciando alte grida: «venite, venite a vedere gli uomini scesi dal cielo!». [...] In tutte le isole si trova un enorme numero di canoe, sorta di barche a remi, alcune grandi altre più piccole. [...] Mi è parso che in tutte queste isole ciascun uomo si accontenti di una donna e solo il loro capo o re ne ha più di venti. Mi è anche sembrato che le donne lavorino più degli uomini. [...] (Colombo a Luis de Santangel, 15 febbraio 1493)
• Serenissimi, Altissimi e Potentissimi Principi, Re e Regina, nostri signori. La Santissima Trinità ha condotto le Vostre Altezze in questa impresa delle Indie e nella sua infinita bontà ha fatto di me il suo strumento. [...] Coloro che ebbero conoscenza di quest’impresa la considerarono impossibile, io per sei o sette difficili anni mi sforzai di mostrare quale servizio si potesse rendere a Nostro Signore diffondendo il Suo santo nome e la sua fede tra tanti popoli, cosa che avrebbe aumentato la fama e perpetuato la memoria dei più grandi principi. [...] Infine le Vostre Altezze decisero che l’impresa venisse realizzata. [...]Partii dunque in nome della Santissima Trinità mercoledì 30 maggio dalla città di San Lucar, ancora stanco del viaggio poiché, tornando dalle Indie, invece del riposo che avevo sperato, avevo trovato le mie tribolazioni raddoppiate. Presi in direzione di Madera, e poi feci vela per le isole Canarie. Arrivato alle Isole di Capo Verde – nome ingannatore, dato che non vi vidi nulla di verde – vi trovai la popolazione così colpita dalle malattie che non osai fermarmi. [...] Per diciassette giorni Nostro Signore mi diede venti favorevoli e martedì 31 luglio, a mezzogiorno, avvistammo la terra. Avevo sperato di avvistarla il lunedì precedente, ma mantenni questa rotta fino all’alba, poi, per mancanza d’acqua, mi diressi verso le isole dei cannibali. Il Signore è però sempre stato benevolo nei miei confronti e fu proprio a questo punto che un marinaio salito sul pennone, scorse a occidente le cime di tre montagne. Recitammo il Salve Regina e altre preghiere di ringraziamento. Abbandonai quindi la rotta verso nord e mi diressi verso quella terra dove giunsi all’ora di compieta presso un capo al quale diedi il nome di la Galea, mentre battezzai l’isola di Trinidad. (Ai Re cattolici, 1500)
• Ho sempre letto che il mondo – acqua e terre – è sferico e le autorità e gli esperimenti di Tolomeo e di altri a questo proposito provano e insegnano questo anche attraverso le eclissi di luna e per le altre dimostrazioni che fanno da Oriente a Occidente e attraverso l’elevazione del Polo da nord a sud. Trovai ora però che queste idee contrastavano con quello che vedevo e dovetti riconsiderare questa immagine del mondo e giunsi alla conclusione che non fosse sferico come era stato descritto, ma a forma di pera, rotondo quindi, salvo il punto dove si trova il picciolo, che è prominente; o ancora come una sfera sulla quale si trova come un capezzolo di donna, e penso che la parte più formata di questo capezzolo sia la più elevata e la più vicina al cielo, e posta sotto la linea equinoziale in questo mare Oceano, agli estremi limiti dell’Oriente. [...] Ora, in attesa che si abbiano delle notizie su queste terre che ho appena scoperte e dove sono sicuro si trovi il Paradiso terrestre, l’adelantado andrà oltre con tre navi, ben provvisto per questo viaggio e esploreranno tutto ciò che potranno in questa regione. Nel frattempo io invierò alle Vostre Altezze questo scritto e una raffigurazione di queste terre. Elle decideranno cosa dovrà essere fatto e me lo faranno sapere, e tutto sarà compiuto con l’aiuto della Santa Trinità col massimo zelo cosicché le Vostre Altezze siano ben servite e soddisfatte. Deo Gracias. (Ai Re cattolici, 1500)
• Fino a questo momento, pur desiderandolo ardentemente, non ero riuscito a parlare con alcuno degli abitanti di queste terre. Per questa ragione navigavo lungo la costa occidentale e più avanzavo, più l’acqua diveniva dolce. Dopo aver percorso un buon tratto, arrivai in un luogo dove mi pareva che le terre fossero coltivate, gettai le ancore e inviai a terra delle scialuppe. I nostri uomini notarono che gli abitanti se ne erano andati da poco. La montagna brulicava di scimmie. Gli uomini rientrarono. [...] Subito accorse molta gente che mi disse che quella terra si chiamava Paria e che più a ovest era maggiormente popolata. Presi a bordo quattro di loro e misi la prua a ponente. [...] Quelli dei nostri che si recarono a terra furono trattati molto bene. Dissero che non appena le scialuppe ebbero toccato terra, due notabili che sembravano essere padre e figlio vennero presso di loro seguiti da tutto il popolo. I nostri vennero condotti a una grande casa col tetto a spiovente ma non circolare come le tende che si trovano qui abitualmente. Vi erano molte sedie sulle quali li fecero sedere e altre su cui si accomodorano essi stessi. Fecero portare del pane, molti tipi di frutta e di vini, bianchi e rossi, che però non erano ottenuti dall’uva. Probabilmente avevano origini diverse, l’uno da un frutto, l’altro da un altro e deve essercene uno anche di mais, un cereale con una spiga a forma di fuso che ho portato in Castiglia dove ve n’è già molto. [...] Come ho già detto, tutti questi uomini sono di grande e bella corporatura e molto misurati nei gesti, portano capelli lisci e lunghi e dei faffoletti intorno al capo così ben lavorati che di lontano somihliano ad alamizar di seta (telo usato dai musulmani di spagna). Con un altro telo più ampio uomini e donne si cingono i fianchi. Tutti si ornavano il collo e le braccia secondo le loro usanze e molti portavano frammenti d’oro al collo, le loro canoe sono più grandi e di miglior fattura di quelle che avevo visto in precedenza e anche più leggere. Inoltre al centro hanno una sorta di cabina chiusa dove siedono i notabili e le loro donne. [...] Questi luoghi li chiamai i Giardini, un nome che mi pareva quanto mai appropriato. (Ai Re cattolici, 1500)