Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 5 maggio 2002
La storia della domesticazione delle pecore risale all’8500 avanti Cristo, nel Vicino Oriente
• La storia della domesticazione delle pecore risale all’8500 avanti Cristo, nel Vicino Oriente. A quel tempo l’uomo del Neolitico comprese che le pecore, rispetto ad altri animali che si difendevano dai predatori fuggendo, opponevano a chi voleva mangiarsele la tecnica del branco: stringendosi al vicino e confondendosi nella massa, ciascun individuo diminuisce la probabilità di essere ucciso. Avevano inoltre una struttura sociale gerarchica che consentiva, guidando il capo branco, di tirarsi dietro tutto il gregge. Così gli uomini iniziarono l’opera di domesticazione, perfezionando delle tecniche che, in parte, ancora oggi vengono utilizzate.
• La storia delle merino, pecore originarie dell’Africa, non molto grandi e dal vello ricciuto e finissimo, si può far iniziare con l’imperatore romano Tiberio, che tra il 14 ed il 37 d.C. ne sviluppò la razza. La diffusione nel Nord Europa avvenne dopo un migliaio di anni, grazie all’opera delle famiglie reali spagnole e francesi. Il re di Napoli, Alfonso d’Aragona (1396-1450), le reintrodusse in Italia nel XV secolo e ci ebbe a che fare anche Cavour, che in gioventù, per rendere un servizio al padre, andò a prenderne un gregge in Austria (venne poi rivenduto al pascià d’Egitto).
• Le merino. In Australia comparvero per la prima volta alla fine del Settecento e presero a importarle massicciamente nel 1820. I capi venivano soprattutto dalla Sassonia e fu questa razza a colonizzare, in meno di due secoli, il nuovo continente.
• La tecnologia è naturalmente arrivata anche qui, ma restano fondamentali le pratiche, antichissime, della tosatura e della conduzione del gregge, fatta - come da millenni - con l’aiuto dei cani. Qui in Australia si fa uso di meticci piccoli e leggeri, in grado di tollerare meglio la fatica del continuo movimento. «La funzione del cane» ci spiega John, un pastore di Armidale nel Nuovo Galles del Sud, «è quella di tenere il gregge unito, di impedire che i capi si disperdano. I cani gli corrono continuamente attorno, spingendo le pecore ad ammassarsi tra di loro». Questo continuo movimento alla lunga sfianca i cani e il pastore li sostituisce di continuo. I cani sono addestrati a riconoscere i fischi. «Gli ordini non sono molti ed un buon cane li impara in fretta. Lui obbedisce a noi e il gregge obbedisce al cane».
• La tosa delle pecore. La tosa è un procedimento antico, violento solo in apparenza. Le pecore vengono afferrate saldamente e girate come bambole di pezza, mentre una macchina tosatrice taglia con decisione il vello. Bastano pochi minuti: tre per una pecora, cinque per un montone. Capita che l’animale venga ferito, ma si tratta in genere di tagli superficiali, non molto più profondi di quelli che potremmo farci noi radendoci al mattino. Le macchine che compiono la tosa della pecora in modo completamente automatico non si usano per la lana pregiata, per la quale si continua a preferire il taglio a mano. L’operazione si fa naturalmente nei mesi caldi, per evitare che le pecore possano subire malanni.Il vello viene via intero, un’unica, lunga pezza di lana che per i montoni può superare i due metri, anche se poi la parte utile è quella della schiena dell’animale. A questo punto, per le lane pregiate, viene compiuto un test per valutarne la qualità. Qui entriamo nel campo della tecnologia più avanzata.
• Un modo antico e sempre valido per valutare la lana è quello di tirare un batuffolo tra le dita. Questo semplice gesto è sufficiente a capire se si tratta di lana tenera o robusta e se la lunghezza delle fibre è sufficiente o no. Le macchine misurano anche la lunghezza delle fibre e ne indicano la resistenza. importante, ad esempio, sapere se una fibra, sottoposta a trazione, si spezzerà nel mezzo o di lato: questo è uno degli elementi chiave per determinare il valore del vello. Oppure se il diametro della fibra è tondo, ellittico od ovoidale. Un altro aspetto importante è la pulizia. La lana è composta da cheratina ed è coperta da uno strato di grasso: la lanolina. Il vello può essere sporcato in mille modi, soprattutto da forasacchi. Ancora più grave è la presenza di parassiti che, assieme alle malattie cutanee, possono ridurre a zero il valore della lana. Con le operazioni di lavaggio la lana perde in media il 35 per cento del suo peso.
Dopo la tosa e la pulitura si passa alla filatura. Le fibre vengono disposte parallelamente e poi ritorte, in modo da ottenere un unico filo della lunghezza desiderata. Un filo è tanto più sottile e robusto, quanto più sottili e robuste erano le fibre con cui è stato fabbricato.
• Più sottile di un capello. La lana superfine è l’ultimo stadio nell’evoluzione della lana merino. Prodotta in Australia da pecore australiane, è straordinariamente morbida, sottile e resistente. Perché sia definita ”fine”, deve esser composta da fibre dal diametro inferiore ai 19 micron, (un micron è la millesima parte di un millimetro). Per la superfine si deve scendere sotto i 16 micron. Tanto per farsi un’idea: un capello ha un diametro medio di circa 60 micron. La lana più raffinata tra la superfine ha un diametro inferiore ai dodici micron: con un chilo di questa lana si potrebbe filare un gomitolo lungo 200 chilometri. Un tessuto in lana superfine costa, ma può essere portato anche d’estate senza particolari problemi, dato che la lana è un ottimo isolante sia per il caldo che per il freddo (i Tuareg del Sahara meridionale si difendono dal sole infuocato del giorno e dal gelo della notte proprio coprendosi con vesti di lana).
• Che la lana sia calda è noto. Meno noto è che, tra le fibre tessili comuni, sia la più difficile da bruciare: per accenderla bisogna superare i 600 gradi, contro i 400 del cotone. Inoltre sulla lana il fuoco cammina molto difficilmente ed è infatti facile spegnerlo. Ancora: bruciando, la lana non fonde e non goccia e dunque, in caso di incidente, chi è vestito di lana evita le ustioni più pericolose. Queste caratteristiche la rendono particolarmente adatta, per esempio, ai tappeti per aerei i quali, se vanno a fuoco, devono smettere di bruciare in 15 secondi. Un tempo impossibile per nylon, rayon, acrilico e poliestere.
• Giasone, alla ricerca del vello d’oro, guidò gli Argonauti sul Bosforo. Fosse partito oggi avrebbe veleggiato per Sidney (Australia) dove il Vellus Aureum è il premio per la lana d’eccellenza tra la categoria superfine, istituito quest’anno dalla Zegna (nella foto Paolo Zegna: la casa di moda biellese è da molto tempo l’interlocutrice privilegiata dei produttori di lana superfine australiana). Il premio è andato a una lana di 11,7 micron di diametro (la lana superfine è sempre sotto i 16), quasi come la seta, che è tra 9 e 11 micron. Con questa lana bastano due etti per produrre un metro di tessuto. Un completo da uomo (tre metri di stoffa) peserebbe dunque sui sei etti. E, naturalmente, non avrebbe prezzo.