Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 1999  dicembre 13 Lunedì calendario

Venerdì scorso, dopo 41 giorni di agonia, e due operazioni all’intestino, è morto il settantasettenne presidente croato Franjo Tudjman, malato di tumore da oltre tre anni

• Venerdì scorso, dopo 41 giorni di agonia, e due operazioni all’intestino, è morto il settantasettenne presidente croato Franjo Tudjman, malato di tumore da oltre tre anni. Il 26 novembre la Corte Costituzionale aveva dichiarato la sua incapacità temporanea e nominato capo dello Stato ad interim Vlatko Pavletic, presidente del Parlamento, che ha fissato per il 3 gennaio 2000 le elezioni legislative. Entro 60 giorni dovrà indire le elezioni presidenziali.
• Franjo Tudjman amava definirsi il ”George Washington della Croazia”. Ha guidato il Paese per nove anni. Nato il 14 maggio 1922 a Veliko Trgovisce, sotto l’impero di Tito fu dirigente di primo piano del partito comunista, ma anche fervente sostenitore del nazionalismo, con il sogno mai realizzato di creare una Grande Croazia. Partigiano durante la seconda guerra mondiale, al termine del conflitto rimase nelle forze armate jugoslave, diventando generale. Storico di formazione, una volta congedatosi divenne docente all’università di Zagabria. Autore di diversi saggi politici, li adattava spesso secondo le esigenze del momento. Espulso dal partito per ”deviazionismo nazionalista” nel 1967, nel 1972 fu condannato a due anni di carcere per le sue attività contro lo Stato federale jugoslavo. Nel 1989 fondò il partito ”Alleanza democratica croata” (Hdz) e ne divenne presidente. Nel 1991, dopo la guerra contro Belgrado, portò la Croazia all’indipendenza e vinse le prime elezioni libere. Eletto nel ’92 capo dello Stato, fu riconfermato nelle consultazioni del ’97.
• Quello creato da Tudjman è uno Stato privo di democrazia e di certezza del diritto in cui comanda un solo partito. «Caratterizzato dal controllo totalitario sui mass media; una politica espansionistica che si è avventurata in operazioni di conquista di territori altrui; l’impoverimento del popolo e il saccheggio senza precedenti delle risorse pubbliche; l’inaudito nepotismo e l’arricchimento sfacciato della propria famiglia» (Predrag Matvejevic, professore bosniaco di letterature slave all’università di Roma).
• Amato in patria, Tudjiman era odiato nel resto del mondo. «In Croazia era ritenuto il ”padre” dell’indipendenza, il liberatore dal giogo della federazione jugoslavia. Ma fuori dai confini, Tudjman è sempre stato considerato uno dei fautori di tutte le guerre balcaniche, l’artefice della dissoluzione della ex Jugoslavia e, dunque, una delle principali cause della creazione di un’accozzaglia di Stati in perenne conflitto tra loro». Slavenka Drakulic sulla ”Stampa” del 21 novembre: «Si potrebbe dire che Tudjman, come persona, è scomparsa molto tempo fa, nel momento stesso in cui si è identificato con la sua funzione. Da allora, egli si è trasformato in un monumento vivente. E quando i monumenti cadono, nessuno piange».
• Forse l’errore maggiore di Tudjman è stato quello di combattere una guerra di troppo. «L’aperta aggressione prima politica e poi militare della Serbia ai danni delle altre repubbliche ex jugoslave, e poi il conflitto diretto con la Croazia per la Slavonia nel 1991, aveva creato un alone di simpatia intorno al giovane regime di Zagabria [...] Ma l’anno dopo iniziò la guerra di Bosnia e presto i musulmani bosniaci dovettero combattere contro serbi e croati dell’Erzegovina occidentale. Le milizie croato-bosniache si macchiarono di numerosi massacri e l’immgine di Tudjman venne irrimediabilmente compromessa».
• Franjo Tudjman e Slobodan Milosevic condividevano lo stesso sogno: spartire il territorio della Bosnia-Erzegovina tra una Grande Serbia e una Grande Croazia. Da un lato riunire tutti i serbi in un unico territorio e dall’altro fare la stessa cosa con i croati. Gli accordi di Dayton del novembre 1995 lasciarono ogni repubblica dell’ex Jugoslavia nei suoi confini di prima della guerra.
• Tudjman ha governato la Croazia come un monarca assoluto. «Nella sua percezione del mondo, dopo di lui, semplicemente non c’era niente». (Slobodan Snajder, scrittore). Non ha permesso a nessuno di emergere, di affermarsi politicamente. Personaggi come Vlatko Pavletic, il primo ministro Zlako Matesa o il ministro degli Esteri Mate Granic ”sono grigie comparse”. Secondo i sondaggi non otterrebbero più del 17-25 per cento dei voti. L’opposizione non è in condizioni migliori.
• I nazionalisti di Tudjman stanno studiando il sistema per rimanere al potere. Un giornalista del quotidiano croato ”Jutarnji List” a ”Panorama” nei giorni dell’agonia di Tudjman: «Dai tempi di Tito, il potere ha perfettamente imparato la lezione. Con il Maresciallo la storia della sua fine era andata avanti per tre mesi. Oggi come allora stanno preparando la successione. O meglio, stanno studiando i modi per rimanere in sella. Il dopo Tito finì in tragedia. Chissà che cosa succederà domani alla Croazia». L’Hdz (Unione democratica croata), il partito di Tudjman, ha pubblicato un ”Manuale delle nozioni” destinato ai dirigenti, per illustrare i vari scenari della successione, le possibili alleanze, i modi per sbarrare la strada all’opposizione, in particolare ai ”comunisti” del partito socialdemocratico, che puntano all’abolizione dell’insegnamento del catechismo nelle scuole e alla liberalizzazione dell’aborto (Per l’Hdz «crimini contro la famiglia e la dignità nazionale»). In distribuzione anche il ”manuale del buon croato”: 250 pagine di fatti e slogan sul futuro di rovine e perversione nel caso in cui l’opposizione vincesse le elezioni.
• Il dopo Tudjman, atteso dalla maggioranza dei croati, potrebbe essere indolore. «La morte di Tudjman può essere la svolta di un Paese che, per quanto saccheggiato da oligarchie e percorso dai germi del nazionalismo, ha saputo rinnovare le proprie strutture economiche e civili e ha al suo interno energie e istituzioni per essere traghettato in Europa. Milosevic, arroccato sulle macerie di una Serbia isolata dal mondo, gode buona salute e può perpetuare l’agonia del suo regno. La Comunità internazionale non ha aspettato i bollettini medici per dar credito alla Croazia».
• Il futuro della Croazia si deciderà nelle due prossime elezioni (legislative e presidenziali). «Patriottismo esasperato, corruzione e bassi standard di democrazia hanno tenuto la Croazia fuori dall’Europa, ma non hanno mortificato l’aspirazione dei croati di entrarvi» (Massimo Nava). Nonostante l’ottimismo dei governanti occidentali, gli analisti balcanici prevedono un pericoloso periodo di incertezza caratterizzato dalla lotta tra i seguaci nazionalisti di Tudjman e i sostenitori di una democrazia di tipo occidentale. Per avvicinarsi all’Europa settori moderati dell’Hdz, i liberali e alcuni esponenti ex comunisti del partito socialdemocratico potrebbero costituirsi in un fronte trasversale. Tra i candidati più probabili a succedere a Tudjman, l’attuale ministro degli Esteri Mate Granic.