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 1999  settembre 13 Lunedì calendario

Missione Arcobaleno

• Missione Arcobaleno. la missione umanitaria italiana per aiutare i profughi del Kosovo. All’inizio di settembre aveva raccolto 129 miliardi e 172 milioni: 35 sono stati impiegati per interventi in Albania, 16 per l’accoglienza di profughi in Italia, 5 sono stati investiti in Kosovo.
• «La storia è questa. Verso la metà d’agosto [...] il fotografo freelance Piero Benvenuto ha inviato alla redazione di ”Panorama” un servizio realizzato a Tirana: si era imbattuto in una montagna di container accatastati vicino ai capannoni della Coca-Cola. Su quei container spiccava, a caratteri cubitali, la scritta ”Arcobaleno” [...] I cronisti di ”Panorama” hanno scoperto che non solo i container esistevano davvero, e si trovavano ancora a Tirana, ma che ce n’erano molti altri ugualmente abbandonati a Durazzo e a Bari. Che molti di loro contenevano merci deperibili e deperite. E che più di metà degli aiuti raccolti, con generosità unica al mondo, per i profughi non era mai arrivata».
• Gli aiuti acquistati con i soldi degli italiani sono stati stivati in 2.850 container e poi sparpagliati in Albania, Macedonia, Bosnia e nei campi italiani di Comiso e Lamezia. Nel porto di Bari sono ancora ammassati 920 container pieni di vestiario (237), brande e tende (98), medicinali e pannolini (47), pacchi famiglia (28), coperte e biancheria (19), cartoni e sacchi per spazzatura (11), alimentari (273), taniche (72), acqua (43), scarpe (19), detersivi e saponi (16), giocattoli e cancelleria (10). Nei container si trova di tutto: «Scarpe spaiate, cravatte di seta, giacche bianche da cameriere, libri di poesie, compact disc di Renato Zero e Laura Pausini, il mantello nero della maschera di Zorro [...] Barbie senza testa, pistole giocattolo e perfino i calciatori in miniatura per giocare al Subbuteo».
• Il dipartimento della protezione civile dice che la quantità dei prodotti non più utilizzabili non deve né sconvolgere né impressionare: «Si tratta di margini operativi del tutto normali in simili condizioni di emergenza. Che senso ha parlare di ”spreco” a proposito dei 650 container stoccati in Italia? Quei materiali rivisti e ricondizionati in considerazione del tempo trascorso, saranno trasferiti in Kosovo». Secondo i responsabili della missione i container sono stati ammassati in Italia per sottrarli al mercato nero albanese (tra gli esempi, i wurstel scaduti provenienti dagli Emirati arabi che furono dissotterrati per finire dopo un paio di giorni sulle bancarelle del mercato nero).
• Don Antonio Cecconi, vice direttore della Caritas italiana, dice che sono stati commessi due errori gravi: non essersi affidati a un professionista delle spedizioni («Quando spediamo del materiale facciamo ricorso a qualcuno del mestiere, un grossista. Se è vero che questo ha un costo, è pur sempre minore che non quello del dover poi riparare i danni e del dover buttare via la roba andata a male o inservibile»); aver inviato merci e non fondi («Certo. Sarà meno appariscente ma è più efficiente. Noi diciamo alla gente ”scegliete l’associazione di cui avete più fiducia, non necessariamente la nostra, e fate una donazione. Quei soldi verranno utilizzati per comprare in loco le cose che servono. Il che costa spesso meno, aiuta l’economia locale e evita le non indifferenti spese di trasporto»).
• Nel numero di questa settimana ”Panorama” denuncia la situazione disastrosa del campo d’accoglienza allestito durante la guerra nell’ex aeroporto militare di Comiso (592 villette a schiera, molte con l’aria condizionata) per ospitare circa 6.000 profughi (arrivati a maggio e tutti ripartiti tra la metà di luglio e i primi di agosto). Per la loro assistenza erano arrivati 350 container (120 grazie al treno per la vita dell’on.Costa, gli altri con i fondi della Protezione civile). Una psicologa volontaria dell’Arci racconta che sorpresi dalla pace i gestori del campo decisero di far saccheggiare dai rifugiati 24 container di vestiti nuovi: «Ho visto bambini che arraffavano sacchi di peluche che non avrebbero mai potuto portare via. Donne che si contendevano i vestiti strappandoseli dalle mani, abiti nuovi calpestati dalla folla, scatole rovesciate sull’asfalto». Nella relazione del direttore della Caritas Ragusana don Giovanni Battaglia al vescovo della città si parla di «Inspiegabile disorganizzazione dei magazzini, oggetto di razzie e saccheggi. Incontrollato danneggiamento dei locali. Mancanza d’acqua e di arredi indispensabili negli appartamenti. Inadeguata assistenza ai neonati e alle loro madri. Mancanza di assitenza legale, nonché lo scempio finale di enormi quantità di beni di consumo».
• Don Segundo Tejado, direttore della Caritas albanese, difende la missione Arcobaleno: «I kosovari sono andati via dall’Albania in dieci giorni e tutte le organizzazioni hanno avuto problemi per le eccedenze di aiuti. Smaltirli non era semplice: a me dalla Spagna hanno inviato dieci container di latte e ho dovuto fare i salti mortali per distribuirli prima che andasse tutto a male [...] Certo che se ne avevamo 2 loro ne avevano 100. Comprendo che delle cose siano rimaste. Sono rimaste anche a noi».
• Franco Barberi, responsabile della ”Missione Arcobaleno”, si difende dicendo che non è possibile portare in Kosovo tutti i container stoccati in Albania: «Dove li portiamo, come li trasportiamo? Il Kosovo non ha porti. E sia la Nato che le Nazioni Unite ci hanno detto che almeno per la fase iniziale del rientro era impensabile far passare gli aiuti perché le strutture logistiche di trasporto erano intasate». Secondo il governo i container tornarono in Italia per la mancata collaborazione delle istituzioni internazionali impegnate nei balcani (Onu, Croce Rossa ecc.): «Ci serviva qualcuno che prendesse in carica il materiale, lo ricevesse e facesse la selezione, lo desse a chi ne aveva bisogno [...] Ci hanno detto ”siamo molto contenti se ci date denaro, ma non vogliamo cose materiali”».
• Il governo accusa anche la Nato, che avrebbe mal tollerato la tendopoli di Kukes. Barberi dice che dopo una visita del generale Clarke il comandante inglese della Nato in Albania concesse 15 giorni di tempo per evacuare la zona.
• Maurizio Blondet: «La missione arcobaleno è stata un gigantesco spot per lenire i complessi pacifisti di sinistra. I container erano parte del carosello».