Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 6 giugno 2002
I mestieri
• I mestieri. Barbieri. Secondo Varrone, i primi barbieri (tonsores) giunsero in Italia dalla Sicilia nel 300 a.C. e aprirono pubblici esercizi detti tonstrinae. Queste botteghe erano spesso in prossimità di bagni pubblici o palestre. I ricchi, però, avevano schiavi personali addetti alla cura di barba e capelli. Gli attrezzi, all’epoca, erano piuttosto rudimentali, radersi da soli era difficile, per cui le botteghe dei barbieri erano sempre affollate. I professionisti dalla mano leggera diventavano famosi e ricchissimi.
• I mestieri. Medici. Nella Roma arcaica, i medici erano schiavi che, per le loro conoscenze, godevano di privilegi negati agli schiavi comuni. Cesare diede loro il diritto di cittadinanza e in seguito alcuni imperatori concessero l’esenzione da tasse e da altri oneri. In epoca imperiale si iniziò a organizzare il servizio di assistenza pubblica per i poveri che non potevano pagarsi un medico privato. L’ambulatorio era simile a una bottega e vi si vendevano anche medicine.
• I mestieri. Calzolai. Come ai giorni nostri, le calzature romane erano di due tipi: aperte (solae, sandalia) o chiuse (calcei). Il corarius, lavoratore del cuoio o conciatore, forniva le suole delle scarpe a calzolai (sutores) e ad artigiani che fabbricavano sandali (solarii), i quali si sbizzarrivano creando vere e proprie mode. Tingevano per esempio le corregge nei colori più diversi, tra cui, usatissimi, il rosso e l’oro. Ornavano poi le calzature con perline di vetro, d’oro, d’argento, gemme e borchie.
• I mestieri. Nessun mestiere appariva ai Romani più utile di quello dell’avvocato. Le cause si tenevano perlopiù nel Foro, i padri vi portavano i figli perché apprezzassero l’arte oratoria. L’avvocatura era considerata una funzione civile a cui dedicarsi gratuitamente, per incrementare il prestigio personale e politico. Nel I secolo d.C. l’imperatore Claudio stabilì che gli avvocati avessero diritto a un onorario. In seguito, divenuti liberi professionisti, fondarono un ordine (collegia advocatorum).
• I mestieri. Maestri. I bambini romani iniziavano la scuola verso i sette anni. Per un modesto stipendio, un maestro insegnava loro a leggere, a scrivere e a far di conto. Ragazzi e ragazze di età diversa erano riuniti in un locale o in strada. Il professore sedeva su una sedia con spalliera (cathedra) e gli scolari su sgabelli. Essi tenevano sulle ginocchia tavolette spalmate di cera, su cui scrivevano con lo stilus. Gli insegnanti non erano tenuti in gran conto dallo Stato, che cominciò a retribuirli solo a partire dal 425 d.C.
• I mestieri. Profumieri. I profumieri (unguentarii) gestivano produzione e vendita di profumi. A volte, alle botteghe erano annessi giardini di specie odorose (rose, gigli, viole) e olivi, che fornivano la base oleosa in cui macerare le essenze. L’imperatore Tiberio si lamentò in Senato che l’importazione di profumi arricchiva popolazioni straniere, anche nemiche, per la somma annua di 100 milioni di sesterzi. La profumazione serviva a coprire le carenze igieniche: c’era persino un profumo in pasticche per l’alito pesante.
• I mestieri. Macellai. I Romani non conoscevano l’allevamento di bestiame da macello su larga scala. Solo il maiale si poteva allevare con poca spesa. La sua carne era dunque la più consumata: essiccata, poteva conservarsi a lungo. Meno diffuse erano la carne di bue, impiegato nei lavori dei campi e per il traino, e di capre e pecore, utilizzate soprattutto per il latte. Carne e pesce erano venduti in grandi mercati (macella), ma c’erano anche piccole botteghe per la vendita di maiale, vitello, cacciagione e pollame. In rapporto alla moneta attuale, si è ipotizzato che la carne costasse circa 25,82 euro al chilo, cioè più del doppio del prezzo che ha oggi.
• I mestieri. Panettieri e pasticceri. In epoca romana i primi panettieri furono soprattutto liberti o cittadini di umile condizione, in buona parte Greci. Essi avevano la protezione dell’amministrazione romana, che accordò loro privilegi e aiuti per impiantare l’attività. Questo era dovuto al fatto che a Roma serviva molto pane, perché ogni giorno ne venivano distribuite razioni gratis al popolo. Nei panifici (pistrina) si realizzavano numerose varietà di pane più o meno scadente a seconda della qualità della farina; la forma poteva essere allungata o rotonda. Affine a quella dei panettieri era la professione dei pistores dulciarii, che preparavano i dolci.
• I mestieri. Orafi. L’aurifex lavorava l’oro o commerciava prodotti di oreficeria. Il gemmarius incastonava e commerciava gemme. La moda per il lusso esplose dopo le campagne in Oriente, che introdussero a Roma oggetti d’oro, insieme a orafi e incisori. Chi praticava questo mestiere era perlopiù di condizione libera, ma non mancavano liberti e schiavi. A Roma l’attività si svolgeva sulla Via Sacra nel Foro Romano. Anche a Pompei sembra sia esistita una zona di orefici vicino all’Anfiteatro.
• I mestieri. Muratori. I Romani sono noti per la solidità delle loro costruzioni, le innovazioni architettoniche, le soluzioni tecniche. Dietro ciò, oltre al lavoro di architetti e geometri, c’è lo sforzo di operai di cui non si conserva il nome. Essi hanno però lasciato traccia del loro lavoro nel taglio delle pietre, nella messa in opera dei mattoni, nei colpi di cazzuola. Spesso usavano sistemi di costruzione ancora in vigore: montavano ponteggi ai lati del muro e, come oggi, fissavano i mattoni l’uno sull’altro con la malta.
• I mestieri. Mulattieri. Lungo la rete stradale dell’impero romano si mossero milioni di uomini. A seconda dei mezzi guidati, i conducenti si chiamavano mulattieri (muliones), carrettieri (carrucarii), vetturini (vecturarii), cocchieri (cisiarii), portantini (lecticarii). I trasportatori erano organizzati in corporazioni (collegia) con precise norme giuridiche e gerarchiche. Le sedi di queste associazioni erano presso le porte urbane, ove venivano posteggiate le vetture, poiché la circolazione in molte città era vietata.