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 2004  maggio 09 Domenica calendario

Negli anni Trenta la Spagna contava circa 24 milioni di abitanti

• Negli anni Trenta la Spagna contava circa 24 milioni di abitanti. Di questi, oltre la metà viveva in condizioni di estrema indigenza, mentre la metà delle terre coltivabili del paese erano nelle mani di 10mila famiglie. In Galizia i salari erano talmente bassi che i manufatti confezionati a mano facevano concorrenza ai prodotti industriali (per esempio, le stringhe da scarpe). La situazione era particolarmente grave nel sud della Spagna, dove i braccianti erano chiamati ”carne da macello” e guadagnavano 2 pesetas al giorno (circa 24 centesimi di dollaro). Non era improbabile che vivessero meglio gli animali delle fattorie che i contadini: a Castilblanco due uomini, disperati per la fame, furono arrestati perché sorpresi a nutrirsi delle ghiande destinate ai maiali.
• Guernica si stendeva in una valle punteggiata da fattorie e foreste di pini, vicino all’estuario della Mundaca. Ospitava tre conventi, due chiese, un monastero, alcune fabbriche di dolci e piccole armi. Il quartiere operaio, "compatto come la torba", era un labirinto di strade strette su cui s’affacciavano piccoli negozi, abitazioni e squallide osterie.
• Manuel Azaña, dal giugno del 1936 presidente della Repubblica spagnola, nacque nel 1880 ad Alcalá de Henares, vicino Madrid, lo stesso luogo di nascita di Cervantes (le due case non erano distanti). Per nulla interessato alla fabbrica di sapone del padre, mostrò da subito un precoce interesse per la letteratura. Presa la laurea in legge, diventò funzionario governativo a Madrid per poter avere sufficiente tempo libero da dedicare alla scrittura (una volta il filosofo Miguel de Unamuno disse di lui che sarebbe stato "capace di avviare una rivoluzione purché la gente leggesse i suoi libri"). Visse nascosto durante il periodo in cui progettava di liberare il paese dal giogo della Chiesa e del re Alfonso, e anche in quell’occasione ne approfittò per mettersi a scrivere, tanto che quando fu proclamata la Repubblica (aprile 1931) ebbe a notare: "Ancora un mese e avrei terminato il mio romanzo".
• Francisco Franco Bahamonde entrò all’Accademia militare di Toledo che aveva 15 anni. Era il più basso tra tutti i cadetti, aveva voce acuta e orecchie sventola e per via della corporatura esile era soprannominato "piccolo stecco da fiammiferi".
• Il giovane Francisco Franco fu inviato come militare in Marocco, protettorato spagnolo sempre sull’orlo del conflitto coloniale. Lì si aggirava per le file dei combattenti in sella a un cavallo bianco, attirando su di sé il fuoco nemico. Quando una pallottola degli avversari colpì il tappo della sua borraccia, rivolto alle file marocchine gridò: "Sparate meglio la prossima volta".
• Il generale Narvaéz, che nel XIX secolo aveva fondato la Guardia Civil, sul letto di morte fu invitato a perdonare i suoi nemici: rispose che non ne aveva, perché li aveva uccisi tutti.
• Nel 1931 le forze armate spagnole erano quasi del tutto prive di equipaggiamenti moderni, sebbene prosciugasse circa la metà del bilancio nazionale. Non c’erano carri armati e alcuni reggimenti della cavalleria non disponevano di cavalli. La maggior parte dei fucili erano pezzi da museo, l’intera scorta di munizioni sarebbe andata esaurita in una battaglia della durata di 24 ore. L’aviazione, priva di caccia e con un solo bombardiere, consisteva quasi esclusivamente di aerei leggeri da ricognizione. In tutto c’erano 800 generali e un corpo ufficiali che aveva le dimensioni dell’intero esercito tedesco nel 1914.
• Il colonnello Wolfram von Richthofen, capo di stato maggiore e anima operativa della legione Condor. Biondo, capelli a spazzola, pungenti occhi azzurri, amante della disciplina, suonava il flauto ed era un fanatico della forma fisica: tutte le mattine non rinunciava a far ginnastica in camera sua, pur avendo un polmone solo che metteva ancor più a dura prova con le 40 sigarette che fumava ogni giorno. Una volta, mostrò la sua indulgenza permettendo ai soldati di decorare i velivoli con immagini di Topolino (l’icona della legione rappresentava un condor in picchiata con una bomba stretta tra gli artigli). Per premiare i militari, inoltre, fece installare un bordello in una lussuosa villa fuori Vitoria: 20 ragazze (sulla salute delle quali vigilavano costantemente i medici), al prezzo di 100 pesetas intrattenevano per 15 minuti gli ufficiali in camere da letto tinteggiate d’azzurro (i militari di rango inferiore erano accolti invece in stanze più piccole di colore verde). Divertimento degli spagnoli nell’osservare che i tedeschi si recavano al bordello marciando in fila e facendosi avanti uno alla volta "al comando stentoreo di un sergente maggiore".
• Il generale franchista Queipo de Llano, che una volta aveva imposto all’intero esercito spagnolo di farsi crescere i baffi entro 24 ore, nel 1936 tolse Siviglia dalle mani dei repubblicani. Alcuni degli uomini che circondavano la città s’erano perfino tinti la faccia con olio di noce per far credere ai cittadini che fossero arrivati i mori. Aspre le repressioni che attuò contro gli avversari: "Se si nascondono sottoterra li stanerò a vangate; e anche se li troverò morti li ucciderò un’altra volta". Scherzando ai tempi si diceva che Queipo avrebbe attuato la riforma agraria in Estremadura elargendo ai contadini la loro quota di terra, il metro e ottanta a testa giusti per ospitare la fossa.
• L’uniforme di George Orwell, combattente al fronte al fianco delle milizie del POUM (il Partito marxista operaio): passamontagna color caffè, lunga sciarpa cachi, giustacuore giallo di pelle di cinghiale, pantaloni in velluto da cavallerizzo, stivali numero 47 perennemente ricoperti di fango. In braccio, un vecchio fucile tedesco.
• Ernest Hemingway che faceva l’inviato a Madrid, amava trascorrere il tempo con gli uomini delle Brigate internazionali, giunti in Spagna per aiutare i repubblicani. Facendo sfoggio di generosità, li ospitava nella sua camera al primo piano dell’Hotel Florida, offriva loro whisky e prosciutto che tirava fuori dal suo armadio a specchi, e bagni caldi. Li faceva accomodare sulle poltrone rivestite di cretonne, metteva musica col grammofono e non di rado procurava loro delle ragazze. Tuttavia amava esagerare le proprie imprese: per esempio durante l’assedio a Teruel si descrisse nell’atto di mostrare a un giovane soldato come sbloccare con una pietra l’otturatore del fucile. In realtà se ne stava al sicuro con gli altri giornalisti.
• Dopo la vittoria di Franco, George Orwell tornò in Inghilterra. Osservando i manifesti sulle partite di cricket, gli uomini in bombetta tra i piccioni di Trafalgar Square, il vorticoso girare degli autobus rossi, il viavai dei poliziotti in uniforme blu, ebbe a notare come tutti "dormivano il sonno profondo dell’Inghilterra. Dal quale, a volte, temo che non ci ridesteremo più, fino a quando non sarà lo scoppio improvviso delle bombe a farci sobbalzare".