Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 5 maggio 2006
Cina - Popolazione: oltre un miliardo e trecento milioni (abitanti degli Stati Uniti circa 296 milioni, quelli dell’Unione europea circa 457 milioni)
• Cina. Popolazione: oltre un miliardo e trecento milioni (abitanti degli Stati Uniti circa 296 milioni, quelli dell’Unione europea circa 457 milioni).
Crescita annua del prodotto interno lordo: +9,9 per cento (Usa + 4,4 per cento, Ue +2,4 per cento).
Percentuale di debito sul reddito disponibile delle famiglie: 30 per cento (Usa 110 per cento, Italia circa il 40 per cento). (segue)
• Cina. Sebbene ci sia una comune lingua scritta, esistono ben otto lingue parlate che non comunicano tra loro. Il regime comunista ha cercato per molti decenni di imporre il mandarino come idioma comune al fine di rafforzare l’unità nazionale, ma altri ”dialetti” regionali, come lo shanghainese e il cantonese, sono sopravvissuti. Il cantonese oggi viene parlato da circa 60 milioni di persone nella provincia del Guangdong, a Honk Kong e Macao, nonché da tutta la popolazione cinese che abita fuori dal paese, ed è diventato la lingua principale per le conversazioni su argomenti popolari e di intrattenimento, quindi anche il codice linguistico ufficiale per la comunicazione pubblicitaria. (segue)
• Cina. Mercato pubblicitario in Cina: oltre 7 miliardi di euro. Tasso di crescita del mercato pubblicitario cinese: +20 per cento, nel resto del mondo +5 per cento.
Penetrazione di apparecchi tv nelle abitazioni cinesi: 99 per cento.
Oltre 100 milioni di cinesi hanno la televisione via cavo.
Quotidiani venduti ogni giorno: 85 milioni. La Cina è il mercato editoriale più grande del mondo.
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• Cina. Utilizzatori del telefono cellulare: oltre 353 milioni, pari al 26 per cento della popolazione (Usa: 180 milioni, pari al 50 per cento ) con 5 milioni e mezzo di nuovi abbonamenti al mese.
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• Cina. Ma la vera grande differenza tra le ”tante Cine” è quella culturale e socio-economica tra le metropoli situate nelle zone costiere e le migliaia di piccoli villaggi rurali disseminati all’interno. Molti sociologi temono che il gap tra la forte crescita verificatasi nella costa est e quella lenta dell’interno possa diventare una minaccia per la stabilità sociale e politica del paese, specialmente se le aziende e le istituzioni proporranno delle strategie di penetrazione dei prodotti e dei servizi indifferenziate e uguali per tutti.
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• Cina. Ad esempio, per quanto riguarda l’abbigliamento sportivo, nelle metropoli dominano marchi occidentali come Nike e Adidas, mentre nelle città più piccole, tipicamente più nazionaliste e patriottiche, le scarpe da ginnastica più vendute sono le Li Ning, un marchio locale che, forte del grande successo ottenuto in Cina, sta iniziando ora a esportare le proprie sneakers sul mercato europeo.
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• Cina. Procter & Gamble, multinazionale americana tra le prime a sbarcare in Cina, ha fin da subito adottato strategie di penetrazione del mercato differenziate: ad esempio la crema sbiancante Olay, molto utilizzata in oriente per schiarire la pelle delle donne, viene venduta nella ”zona 1” (Pechino, Shanghai, Hong Kong) nella versione luxury attraverso una pubblicità che evidenzia dettagliatamente i benefici della crema. Nelle città rurali, popolate da consumatrici meno sofisticate e attente al prodotto, viene commercializzata la crema più economica abbinata a una pubblicità che mostra soltanto la foto del volto femminile dopo il trattamento senza fornire alcuna spiegazione.
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• Cina. Nel 2004 la somma degli stipendi non pagati ammontava a ben 20 miliardi di yuan (pari a 2 miliardi di euro).
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• Cina. Reddito disponibile pro capite: 13.700 yuan, pari a 1.400 euro (negli Usa il reddito pro capite è di 29.540 dollari, in Italia di 16.900 euro).
Tasso di crescita annuale dei consumi in Cina previsto per il prossimo decennio: +18 per cento (Usa +2 per cento, Ue +1,3 per cento).
Rapporto fra risparmio e reddito disponibile delle famiglie: 23 per cento (Usa 1,2 per cento, Italia 15,9 per cento).
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• Cina. Se il marchio esprime un valore o ha un senso compiuto, la traduzione risulta piuttosto semplice. Ma se, come spesso capita, il nome dell’azienda deriva dalla città d’origine, o dal suo fondatore, o è semplicemente un nome di fantasia, allora il gioco si fa duro. Mentre i linguaggi occidentali codificano le parole in scrittura, qui ogni ideogramma (circa 40.000 caratteri) rappresenta una parola, è necessario quindi decidere come dovrà essere tradotto il marchio che entra in Cina sia foneticamente sia visualmente. Circa la metà dei brand stranieri che entrano in Cina sono tradotti foneticamente come il nostro Ferrari (’Fe la le”) o Nokia (’no ji ya”), quindi attraverso dei suoni simili, anche se non proprio uguali. Altri marchi stranieri vengono tradotti letteralmente, come Shell (’bei ke”, conchiglia) e Nestlè (’que chao”, nido di rondine).
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• Cina. Coca Cola nel 1928 rischiò di rimanere danneggiata dalla traduzione del proprio nome. Poiché Coca Cola è un nome privo di significato, il gruppo di Atlanta prima di entrare nel mercato cinese cercò una traduzione che ne riproducesse il suono: scoprì però che vi erano circa 200 ideogrammi che potevano suonare come ”ko ka ko la”. Mentre gli americani cercavano una soddisfacente combinazione di simboli che rappresentassero graficamente il proprio nome, gli importatori cinesi decisero di creare un marchio combinando caratteri che suonassero bene, senza tuttavia badare al significato nella forma scritta. Così Coca Cola divenne in cinese ”un cavallo femmina legato con la cera”. Puro nonsense.
Solo più tardi i responsabili marketing di Atlanta riuscirono a trasformare il proprio marchio in maniera più appropriata, abbinando al suono anche un significato coerente al prodotto. Così venne scelta la traduzione ”qualcosa che fa resuscitare la bocca”.
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• Cina. La Cina oggi produce per tutto il mondo: il 75 per cento dei giocattoli, il 58 per cento dei vestiti, il 29 per cento dei telefoni cellulari e il 65 per cento di accessori e attrezzi sportivi.