Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 18 aprile 2004
Nel 1931 donna Rachele scoprì che "Il Popolo d’Italia" aveva pubblicato un articolo di Margherita Sarfatti, amante del Duce
• Nel 1931 donna Rachele scoprì che "Il Popolo d’Italia" aveva pubblicato un articolo di Margherita Sarfatti, amante del Duce. Al telefono, lo minacciò: «Se vedo ancora una volta il suo nome, vado a Milano e faccio saltare in aria il giornale. E farei un piacere a molti perché "Il Popolo d’Italia" non piace più a nessuno. È diventato un mattone indigesto».
• L’8 marzo 1931 fu inaugurata a Torino la ”Taverna Santopalato”, primo ristorante futurista d’Italia. Il nome fu scelto da Marinetti, e fu decorato da Fillia e Djulgheroff con colonne luminose e grandi occhi metallici attaccati alle pareti. Nel menù dell’inaugurazione 14 portate firmate da Parampolini, Depero, Mino Rosso e altri: ”Antipasto intuitivo” (canestrini di buccia d’arancia ricolmi di salame, acciuga e peperoncini che nascondevano bigliettini con frasi a sorpresa); ”Ultravirile” (aragosta senza carapace, adagiata su lingue di vitello, ricoperta di zabaione verde e coronata di creste di pollo); ”Aerovivanda” (con la mano destra il commensale si serve di olive nere, finocchi e chinotti mentre con la sinistra sfiora un ”rettangolo tattile” in carta vetrata, seta e velluto. Alle sue spalle il cameriere gli spruzza sulla nuca essenza di garofano, dalla cucina giungono rumori d’aereo e note di musica classica). Alla stampa fu dedicato il fuori programma ”Porcoeccitato”: salame crudo, privato della pelle, servito verticale su un piatto pieno di caffè caldissimo mescolato ad acqua di colonia. I veri menù erano firmati dagli artisti. Quello di Ugo Pozzo: Soufflè imbottito di calore, Fagottini alla Diomisalvi, Rotaie alla paprika piccante, Delizie del fratacchione, Sogno di vergine, vino di Gragnano. Fillia proponeva: Scacciapensieri fulminante, Ponte levatoio, Disastro ferroviario, Chiglia di vascello infernale, Gelato al cacao Talmone. Depero: La vedova allegra, Geometrie di fosforo, Chiappe di dama, Enigma fiorito, Urlo del sole.
• La statua equestre di Vittorio Emanuele II progettata per il Vittoriano fu terminata il 5 febbraio 1911. Per festeggiare l’evento, Torlonia (sindaco di Roma) e Bastianelli (proprietario della fonderia) brindarono e banchettarono nella pancia del cavallo insieme ai 21 operai che avevano realizzato l’opera. La statua, lunga e alta 12 metri, pesante 50 tonnellate, fu installata sul Vittoriano il 14 giugno 1911 dello stesso anno, giorno dell’inaugurazione. Le decorazioni, però, furono completate solo dopo il 1921, con la tumulazione del Milite Ignoto: il Vittoriano prese allora il nome di Altare della Patria e fu inaugurato di nuovo nel 1925. Paragonato di volta in volta a una torta nuziale, a una macchina da scrivere, a un calamaio e a una dentiera, secondo i futuristi assomigliava a «un bianco ed enorme pisciatoio di lusso che abbraccia dentro i suoi colonnati un pompiere indorato e una moltitudine di statue banali fino all’imbecillità».
• Dal discorso di Mussolini in Campidoglio (31 dicembre 1925) al Governatore di Roma Filippo Cremonesi: "Fra cinque anni Roma deve apparire meravigliosa a tutte le genti del mondoi. Voi continuerete a liberare il tronco della grande quercia d tutto ciò che l’aduggia. Farete largo intorno all’Augusteo, al Teatro Marcello, al Campidoglio, al Pantheon. Tutto ciò che crebbe attorno nei secoli della decadenza deve scomparire. Entro cinque anni da piazza Colonna, per un grande varco, dev’essere visibile la mole del Pantheon".
• Per Marcello Piacentini, architetto ufficiale del regime fascista, la città era "un’orchestra da dirigere".
• Il 22 ottobre del 1934 Mussolini a Roma, cappello nero, maglione a losanghe e calzoni alla cavallerizza infilati dentro lucidi stivali, assestò una plateale picconata all’Augusteo, mausoleo d’epoca romana restaurato in stile liberty e adibito a sala per concerti (vi suonava l’orchestra della Reale Accademia di Santa Cecilia). Il Duce diede così inizio alla demolizione decisa per «liberare» i sottostanti ruderi della tomba di Augusto. Tra gli altri, avevano diretto all’Augusteo Mahler, Strauss, Sibelius.
• A Roma l’Istituto case popolari registrò, nel 1920, 5.685 abitanti in "casette e ricoveri di carattere temporaneo". Nel 1924 sono 8.325, nel 1930 7.777, nel 1933 circa 15 mila. La crescita fu proporzionale agli sfratti e alle demolizioni delle case che s’addossavano ai grandi monumenti del centro (Bocca della Verità, Teatro Marcello, largo Argentina, Campidoglio, Fori, Augusteo, via Barberini, corso Rinascimento).
• Per realizzare tra il 1932 e il 1933 via dell’Impero tra piazza Venezia e il Colosseo, lavorarono 1.500 operai, furono asportati più di 300 mila metri cubi di rocce, terra e reperti antichi, vennero demolite circa 5.500 abitazioni che ospitavano almeno 1.000 famiglie (4.000 persone circa).
• I lavori di ristrutturazione a Roma e Milano furono in parte finanziati grazie a un prestito di 30 milioni di dollari proveniente dalle banche americane J.P. Morgan e National City Company. Solo per abbattere le costruzioni che occupavano i dintorni del Campidoglio, Roma spese il 60 per cento della parte di prestito che gli era stata assegnata (60 milioni e 300 mila lire).
• Mussolini non amava molto Milano e dopo il 1936 per parecchi anni non vi mise più piede. Comunque lasciò lì la sede del ”Popolo d’Italia”, che continuò a dirigere comunicando soltanto per telefono. D’altra parte il quotidiano non era molto letto in città: nel 1938 vendeva 200 mila copie grazie soprattutto agli abbonati sparsi nel resto d’Italia.
• Il primo agosto 1925 fu posta la prima pietra dello stadio San Siro. A volere l’impianto, l’allora presidente del Milan Piero Pirelli, insoddisfatto dei campi del Velodromo Sempione e di viale Lombardia, dove solitamente giocavano i rossoneri. La costruzione della struttura andò in appalto alle Imprese Riunite Fratelli Fadini, a dirigere i lavori sono gli ingegneri Alberto Cugini e Ulisse Stacchini (ideatore della stazione centrale milanese). Nel cantiere lavorarono 120 operai che terminarono i lavori in tredici mesi e mezzo: le chiavi dello stadio furono consegnate il 15 settembre 1926 nelle mani del direttore Anteo Carapezzi, famoso ciclista dell’epoca. La superficie era di 37 mila metri quadri, quattro le tribune di cui solo una (la centrale) coperta e in grado di ospitare 10 mila spettatori. Capienza totale: 26 mila posti a sedere e 9 mila in piedi (Stacchini, preoccupato dalla grandezza della struttura aveva detto a Pirelli: "Se dovesse passare la moda del calcio che cosa faremo?"; la risposta di quello fu: "Non succederà mai"). Costo: 5 milioni di lire. Il 19 settembre si giocò la prima partita, il derby Inter-Milan (finita 6 a 3). Nel 1935 il Comune acquistò l’impianto e si decisero altri interventi: dal 1937 1.018 operai lavorarono per un anno intero su turni che coprivano tutte le ventiquattr’ore. Alla fine lo stadio poteva contenere 55 mila spettatori.
• Il 26 gennaio 1936 iniziarono i lavori di costruzione di Cinecittà. L’idea di costruire la città del cinema venne a Luigi Freddi, capo della Direzione Generale per la Cinematografia, dopo l’incendio che nel 1935 aveva distrutto gli stabilimenti cinematografici della Cines. L’ingegner Carlo Roncoroni e l’architetto Gino Peressutti si occuparono del progetto. L’opera fu ultimata in 457 giorni di lavoro (il 28 aprile del 1937 Mussolini procedette all’inaugurazione). I numeri: 600 mila metri quadrati occupati da 73 edifici e 16 teatri di posa, 40 mila metri quadrati di strade e piazze, 35 mila di giardini. Si racconta che il primo lungometraggio (1937) girato negli studi sia stato ”L’allegro cantante”, di Gennaro Righelli (nello stesso anno se ne realizzarono 18). Nel 1943 i film usciti da Cinecittà erano già trecento.
• Nel 1935 Giuseppe Bottai, governatore di Roma, propose a Mussolini di organizzare nella Capitale un’edizione delle esposizioni internazionali. Mussolini gradì l’idea e fissò la data per il 1942, nel ventennale della marcia su Roma. Il terreno su cui far sorgere l’esposizione è a sud della città, dov’era da poco stata inaugurata la ferrovia Roma – Ostia. Sul finire del 1936 fu creato l’Ente autonomo E42, e l’area fu progettata da Piacentini. Il 21 aprile 1937 Mussolini piantò i primi pini, a ottobre dello stesso anno pose la prima pietra, nel ’38 approva il progetto per la via Imperiale (oggi Cristoforo Colombo, un "rettilineo che porterà l’empito del mare nostrum da Ostia risorta sino nel cuore della città"). La guerra fermò tutto: in quegli anni l’E42 si presentava come un grande cantiere recintato e incompiuto, pilastri e cupole di cemento ovunque, tutt’intorno un’enorme quantità di marmi abbandonati a terra (226.130 metri quadrati di lastre e 12.113 metri cubi di blocchi). Al termine della guerra i lavori ripresero e al quartiere fu dato il nome di Eur.