Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 20 dicembre 1999
Daniela Di Sarno, giudice tutelare di Modica, Ragusa, ha deciso che Laura, 14 anni appena compiuti, non deve abortire
• Daniela Di Sarno, giudice tutelare di Modica, Ragusa, ha deciso che Laura, 14 anni appena compiuti, non deve abortire. La decisione è maturata dopo aver sentito la ragazza (che avrebbe manifestato la volontà di tenere il bambino), i genitori e il tutore, Ignazio Ruffino, medico di famiglia, favorevoli all’aborto (la legge 194 richiede il consenso della madre all’interruzione di gravidanza, che deve avvenire non oltre 3 mesi dal concepimento, in questo caso entro la notte di Natale). Il vescovo di Noto Giuseppe Malandrino: «Non si è verificato che per Maria non ci fosse posto a Betlemme».
• Laura, invalida mentale, madre di 30 anni, padre naturale di 60, da tempo è ospite della comunità Papa Giovanni XXIII, dove l’ha accolta il sacerdote Oreste Benzi (si è battuto contro l’aborto garantendo l’assistenza a madre e nascituro). La ragazza ha spiegato al giudice di essere stata consenziente al rapporto sessuale col coetaneo che ha causato la gravidanza e di voler tenere il bambino. Secondo don Benzi, Laura non è psicolabile, ma solo disadattata a causa delle condizioni familiari in cui è cresciuta. Il tutore Ignazio Ruffino: «Quel che dice Laura non è attendibile. Ha quattordici anni ma è come se ne avesse sei». Il legale della famiglia, Angelo Iemmolo: «Questa decisione è frutto delle pressioni del mondo cattolico; ritengo che Laura abbia ricevuto una sorta di plagio da parte di chi le è stato accanto in queste settimane».
• Prima della decisione Mario Palmaro ha ricordato sul ”Giornale” del 14 dicembre il Piano T4 «che Hitler promosse segretamente a partire dal 1939: eliminare i difettosi, gli handicappati, i malati terminali, i disadattati. Non c’è mai vera libertà nell’aborto procurato, tanto meno quando incarna il simbolo dell’autodeterminazione femminile [...] Con agghiacciante lucidità lo Stato decide, e decide la morte. Stabilisce gli standard minimi di felicità al di sotto dei quali è preferibile – anzi doveroso – morire piuttosto che vivere. Di fronte a una madre e a un figlio bisognosi di aiuto, il meglio che questa società – affollata di psicologi, pedagogisti e tuttologi di vario genere – sa dare è un certificato per togliere di mezzo una nuova vita».
• Aldo Carotenuto, psicanalista: «Il bambino che nascerà avrà una vita terribile. Chi con ipocrisia fa dichiarazioni d’affetto che dirà fra 30 anni di fronte a uno sfacelo umano?».
• Maurizio Blondet si rivolge al nascituro salvato dalla decisione del giudice tutelare: «Gli intelligenti hanno questo vizio, credono che la vita dipenda da loro, che spetti a loro dare a sé e ad altri il destino, la fortuna, la felicità. Viviamo, e vivrai, in un mondo che vuol garantire ai figli una vita preconfezionata e assicurata – un certo reddito, una certa istruzione, una quota di piaceri, la scuola, la laurea. Altrimenti, se tutto ciò non è garantito, preferiscono che i loro figli non vivano [...]. Magari non erediterai una grande intelligenza. Vorrà dire (ma chi può garantirlo?) che non avrai i compiti e le fatiche e le amarezze specifiche degli intelligenti, le loro ansie, le loro disperazioni. Non conoscerai l’angoscia di Cassandra, il vedere più lontano degli altri».
• Il tutore di Laura: «In questo caso l’aborto è il male minore. Io conosco le condizioni fisiche e mentali della ragazzina, proseguire la gravidanza, partorire, potrebbero compromettere definitivamente la sua psiche».
• «La nostra cultura è spaccata, due opposti si scontrano, e ognuno ha le sue ragioni che crede perfette e che sono inconciliabili. Una parte è per la vita che verrà: che è innocente, che ha tutti i diritti, che ha un valore immenso. [...] è una forma di amore; una grandezza che scavalca l’uomo e l’umano, e che non viene pronunciata in nome dell’umano. L’altra parte è per la vita che c’è, così com’è, la vita dimezzata della madre-bambina, la vita non padrona di sé, una vita che non sa reggersi, a cui si vorrebbe impedire che le fosse richiesto di reggere se stessa più un’altra vita. Anche questa preoccupazione, questa protezione è amore: un amore che parte dai limiti della condizione umana, e resta nell’umano».
• Il vicesegretario nazionale del ccd Beppe Drago: «Questo caso pone con forza e delicatezza il diritto dei disabili alla affettività, alla sessualità, alla maternità»
Ferdinando Camon: «Tutte le premesse giuridiche dicono che se partorirà non potrà riconoscere il suo bambino. Il che significa che le è concesso (o imposto) di partorire ma non le è concesso di diventare madre. Il figlio che non perde oggi lo perderà ogni giorno della sua vita».
• «Ci sono tanti gradi, tanti livelli di disagio psichico, e la maternità è un istinto, un sentimento così profondo...» (cardinale Ersilio Tonini).
• «Il nostro Stato non può proclamare, e difatto non proclama, che una psicolabile non possa avere figli. Semmai, questi figli verranno dati in adozione, in affidamento; ma non possono essere uccisi per l’instabilità psichica della madre. Allora io chiedo: qual è il limite? Dovremmo impedire, che so?, alle tossicodipendenti di avere figli? così? Ma sa dove porta questo discorso? All’eugenetica» (cardinale Ersilio Tonini).
• Antonio Socci ha criticato le femministe che non sono intervenute per difendere la libertà di autodeterminarsi di Laura. Stefania Giorgi ha affermato che i detrattori della 194 hanno strumentalizzato il caso usando a sostegno della decisione di non far abortire la bambina la sua libertà di autodeterminarsi: «Proprio il punto che di quella legge fece scandalo. Un punto su cui ci è toccato di sentire le bestialità più insostenibili: dai padri ”armati” contro la supremazia generativa della donna ai diritti del cittadino-feto alla necessità di tutela-tutori per le renitenti alla procreazione [...] Non ha dubbi Socci nel riconoscere la titolarità della scelta, senza sfumature, domande [...] Non è toccata la stessa sorte a una ragazza irlandese che pure aveva espresso la sua volontà: in quel caso di abortire. La cattolicissima Irlanda l’ha costretta invece a partorire».
• «Quando un caso alla fine, nonostante la pratica del silenzio, si manifesta la Sicilia esplode [...]. Ma tanti altri problemi restano nel sommerso. Penso alla diffusione intorno a Gela dell’incesto: non viene nemmeno avvertito come delitto. Penso alle giovani donne vendute dalla loro famiglia ai boss, senza che questo mercato fosse avvertito come delitto e scandalo. Fin dove può la Sicilia assorbe e copre».
• «La soluzione più saggia [...] era quella di tener segreta la decisione, farla abortire o farla partorire: doveva restare una decisione umana, sentimentale, non legale, non religiosa, ma insicura, dubbiosa, perciò pudicamente nascosta nel segreto. svanita, il tribunale ha deciso di farla partorire, e ha fatto in modo che tutti lo sapessero. E così la storia diventa una lezione, una imposizione, un proclama».
• «Sono convinto della liceità legale dell’interruzione di gravidanza; ho molti dubbi sulla sua liceità etica, e me li tengo stretti. Il rischio, leggendo le cronache di questi giorni, è di perdere il privilegio del dubbio, come inevitabile reazione emotiva alla violenza morale di chi dubbi non ne ha, non ne ha mai avuti, non ne avrà mai».