Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 13 giugno 2004
O ci uniamo o soccombiamo Il peso dell’Italia Una cosa è certa: che l’Italia ha ormai il suo peso nella bilancia del destino europeo; e questo solo fatto dà all’Italia il diritto di preparare tali condizioni per il futuro svolgimento della sua vita morale e materiale da non pregiudicare per lungo ordine di anni la sua salute e la sua ascensione
• O ci uniamo
o soccombiamo
Il peso dell’Italia
Una cosa è certa: che l’Italia ha ormai il suo peso nella bilancia del destino europeo; e questo solo fatto dà all’Italia il diritto di preparare tali condizioni per il futuro svolgimento della sua vita morale e materiale da non pregiudicare per lungo ordine di anni la sua salute e la sua ascensione. Queste condizioni di maggiore prosperità e di maggiore grandezza si determineranno fatalmente nel Mediterraneo. Soltanto se l’Italia sarà forte e possente sul mare porterà il simbolo e il segno del nuovo ordine e della nuova storia e sarà capace di foggiare con le sue mani il suo nuovo più grande destino. bene fissare nella coscienza italiana questa evidente verità.
Dal discorso pronunciato al teatro Verdi di Fiume
(22 maggio 1919)
• Equilibrio e conciliazione
«Il fascismo pensa che l’Italia debba fare, nell’attuale periodo storico, una politica europea di equilibrio e di conciliazione fra le diverse potenze».
In tema di politica estera
(Il Popolo d’Italia, 3 luglio 1920)
• Il futuro guarda l’America
«O si riesce a dare una unità alla politica e alla vita europea, o l’asse della storia mondiale si sposterà definitivamente oltre Atlantico e l’Europa non avrà che una parte secondaria nella storia umana».
Preludi
(Il Popolo d’Italia, 1 gennaio 1921)
• Il rischio dell’egemonia americana
«Assisteremo forse all’oscurarsi o all’eclissarsi dell ”ruolo” europeo nella storia del mondo. La ”vita” all’Europa, specialmente nelle zone dell’Europa centrale, è alla mercé degli americani».
Discorso al primo convegno dei fasci
(Politeama Rossetti di Trieste, 6 febbraio 1921)
• Meglio i trattati a due che le assemblee
«Valgono di più, ai fini della ricostruzione economica europea, i trattati di commercio a due, base delle più vaste relazioni economiche fra i popoli, che le macchinose e confuse conferenze plenarie, la cui lacrimevole istoria ognuno conosce. Per ciò che riguarda l’Italia, noi intendiamo di seguire una politica di dignità e di utilità nazionale».
Camera dei Deputati,
(16 novembre 1922)
• Uniti in nome della nostra civiltà
«Non credo alla forza della resistenza dell’Europa Centrale; ma credo alle virtù possenti della nostra civiltà occidentale, se uniremo tutte le forze. Ecco il grande fascio della difesa della nostra cultura e della nostra società contro l’odio e contro la decomposizione. Il Belgio, la Francia e l’Italia sul continente; l’Inghilterra al loro fianco, che comprende il vero interesse: questa è l’alleanza con la quale si può resistere alle influenze funeste dell’Oriente».
Intervista a Le Matin,
(Losanna, 21 novembre 1921)
• il minaccioso oriente
«Vedo l’Europa come caos centrale, fiancheggiato da ogni parte da un blocco di forze. L’Oriente è animato dalla follia bolscevica e ad esso si unirà la Germania, avida di rivincita, giacché lo sciovinismo e il bolscevismo sono due forze aggressive che si intendono a meraviglia: la prima per distruggere i trattati imbarazzanti, la seconda per sostituire le forme sociali sane con mostruose chimere».
Intervista a Le Matin,
(Losanna, 21 novembre 1921)
• Attenzione alla germania
«Un astro sorge di nuovo all’orizzonte: l’astro tedesco. La Germania, che credevamo schiacciata, è già pronta. Voi ne sentite la presenza. Si prepara formidabilmente alla sua rivincita economica».
Discorso all’associazione costituzionale
(Milano, 4 ottobre 1924)
• La razza è un concetto vago, la cultura no
«La Francia e l’Italia sono fatte per intendersi. Non parliamo di sangue latino: la razza è un’entità assai vaga tante sono le mescolanze nel corso dei secoli; ma la civiltà, la cultura costituiscono un mirabile patrimonio comune».
Intervista al Dépèche Tunisienne
(Roma, 11 dicembre 1927)
• Contro tutte le egemonie
«Non vogliamo egemonie in Europa. Noi saremo contro l’affermazione di qualsiasi egemonia, specialmente se essa vuole cristallizzare una posizione di patente ingiustizia».
Comizio
(Torino, 23 ottobre 1932)
• Un’europa fascista
«Tra un decennio l’Europa sarà fascista o fascistizzata! L’antitesi in cui si divincola la civiltà contemporanea non si supera che in un modo, con la dottrina e con la saggezza di Roma! Ecco perchè noi non contiamo gli anni».
Comizio
(Milano, 25 ottobre 1932)
• O ci uniamo o soccombiamo
«Sia detto ancora una volta che una terribile alternativa sta dinanzi alla coscienza di tutti i popoli europei. O essi ritrovano un minimo di unità politica, di collaborazione economica, di comprensione morale, o il destino dell’Europa è irrevocabilmente segnato».
Comizio
(Venezia, 15 giugno 1934)
• L’unione europea è un’utopia
«Gli Stati Uniti d’Europa sono un’utopia, una impossibilità, determinata dalla storia e dalla politica. Nel nostro continente siamo tutti troppo anziani. Ogni popolo, ogni Stato, ha la sua storia, le sue intime e originalissime sorgenti, dalle quali derivano le qualità della stirpe e della nazione. Altrove, in America, sì, le cose stanno diversamente. Ecco, lì, tutto è più giovane, più nuovo, privo di tradizione».
Intervista al Wolkischer Beobachter,
(Roma, 15 gennaio 1937)
• Nulla si può fare senza la germania
«La Germania esiste nel cuore dell’Europa con la sua massa imponente di sessantacinque milioni di abitanti; con la sua storia, la sua cultura, le sue necessità; una politica veramente europea e diretta al mantenimento della pace non si può fare senza la Germania, o, peggio ancora, contro la Germania».
Intervento al Senato
(7 giugno 1933)
• l’europa degli italiani
«Sono i giovani che rischiano, gli altri, se hanno arrischiato, chiudono il capitolo; se non hanno arrischiato, non desiderano più farlo. Ecco perché noi siamo sicuri del nostro futuro, ecco perché tendiamo tutte le energie del popolo italiano verso l’obiettivo di potenza. Perché l’Europa del domani sarà un complesso di tre o quattro masse demografiche, attorno alle quali saranno dei piccoli satelliti. Noi saremo una di quelle grandi masse».
Intervento al consiglio
nazionale PNF
(Roma, 25 ottobre 1938