Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 18 aprile 2004
La prima copertina di ”Epoca” (14 ottobre 1950) mostrava il viso di Liliana, una ragazza qualunque, simbolo di tutte le donne d’Italia
• La prima copertina di ”Epoca” (14 ottobre 1950) mostrava il viso di Liliana, una ragazza qualunque, simbolo di tutte le donne d’Italia. Il giornale l’aveva voluto Arnoldo Mondadori, direttore era suo figlio Alberto. Il modello erano le riviste americane come ”Life” e ”Look”.
Una delle principali novità di ”Epoca” era la rubrica ”Italia domanda”, in cui i lettori potevano chiedere di tutto: se Dio esiste, se un bacio dato da una ragazza a un ragazzo che non è il fidanzato rappresenti tradimento, o quanto pesa il cervello di una donna. A idearla fu Cesare Zavattini, una delle firme di punta del giornale insieme a Alberto Cavallari, Giovanni Spadolini e Aldo Palazzeschi. Nel terzo numero di ”Epoca” come argomento di ”Italia domanda” viene scelta un interrogativo posto dalla signora Giulietta Caponi di Roma:
giusto che la mia cameriera chieda di uscire più volte alla settimana di sera? un suo diritto?
Adele Angeletti, abitante a Roma, in via Palermo 93
Tutto si vorrebbe scaricare sulle domestiche e si grida e si dà in smanie quando queste dopo tante ore di lavoro ingrato vogliono avere quel tanto di libertà consentita a ogni essere umano. Sono una signora dell’altro secolo e non voglio giudicare la libertà che hanno oggi le ragazze, però non capisco perché un minimo di queste libertà debba essere negata a chi lavora.
• La figlia della signora Angeletti, che abita nella stessa casa e si chiama Biancamaria Marietti, moglie di un maggiore dell’aviazione e madre di tre bambini
Ci sono tante altre categorie come i guardiani, gli autisti privati, i militari ecc., la cui libertà è limitata da speciali esigenze di lavoro. Non capisco perché le domestiche, che spesso godono, fra l’altro, il vantaggio di un vitto e di una signorilità d’alloggio alla quale non molti operai posson aspirare, debbano accampare il ”diritto” a una libertà che nuocerebbe al buon andamento di una casa, specie quando vi siano dei bimbi.
• Milena Cavalli, 19 anni, domestica a Roma,
salita del Grillo 17
Non è giusto uscire nelle ore della sera, perché, nel caso di una ragazza, non sta bene. Uscire spesso la sera non è un diritto. Certo andrei volentieri in giro durante il giorno tutte le volte che la signora me lo permette. Se potessi andare con i miei genitori, anche di sera, allora sarebbe un’altra cosa. Mi piace andare al cinema e a ballare. Con le compagne e i compagni vado a ballare ai ”Due gelsi” e alla ”Madonna del Riposo”, ma alle quattro del pomeriggio. Qualche volta la sera, quando i signori non ci sono, scendo a chiacchierare dalla portiera.
• Contessa Lucia Buraggi,
via Montenapoleone 21, Milano
In linea di massima sono contraria. Se le uscite sono frequenti nuocciono alla salute della della donna, che andando a riposare tardi si alza poi stanca. Le ore di sonno sono necessarie e debbono essere regolari. Se la donna è giovane, aumenta la responsabilità della padrona. Se la persona non è di tutta fiducia, sorge il problema: è opportuno lasciarle la chiave di casa con tutti i rischi che questo comporta, o assumersi la seccatura di aspettarla alzati? Tuttavia, se la persona non è minorenne ed è fidanzata, si può sapere con una certa sicurezza dove e con chi va, mi pare sia il caso di concederle un’uscita serale la settimana, non di più.
• In via Traspontina 6, a Roma, le domestiche Lucia Vercelli e Ida Manzilli sono a servizio preso gli stessi padroni. Ida è timidissima:
Una volta alla settimana, di sera, si. Non di più. In casa c’è sempre qualcosa da fare.
Lucia, invece, ride rispondendo:
A me non serve. Tanto esco lo stesso ogni sera perché debbo portare a spasso Alice (la cagna).
Ma se per caso una sera le andasse di uscire e lo chiede alla padrona, lei pensa sia dovere della signora dirle di sì oppure si tratterebbe di una concessione?
Non è un diritto, è una concezione
E se non glie la da, lei le porta rancore?
Io no. Io piglio e rispondo: signò, si nun me fa uscì piglio la valigia e me ne vado. Poi la signora ogni tanto, quand’è domenica, chiede la concezione anche a noi: ”Lucietta, Iduccia, oggi viene gente a giocare a brigge: per cortesia, non potreste restare un poco?” E se una dice di no allora quella: ”Be’, allora ti pigli gli otto giorni e te ne vai...”
• Signora Ida Lucas, via Borgonuovo 15, Milano
Assolutamente no. Di sera si possono fare dei cattivi incontri in ogni senso e può accadere, com’è accaduto a me, che una donna si metta d’accordo con un complice per portar via alla prima occasione (nel mio caso è stato il pretesto di fare il ”primo venerdì” del mese al mattino presto) un baule di roba. Non voglio avere responsabilità e la sera voglio essere tranquilla in casa mia con la porta chiusa e la chiave in tasca.
• Mafalda Danti, 30 anni, domestica in via de’ Servi 11, a Firenze, presso la contessa Cottarelli
Sono qui da tre anni e mi trovo bene. Posso uscire quando voglio, e credo sia mio diritto. Chi può negare uno svago a una ragazza che ha lavorato tutto il giorno? Specialmente se la ragazza è fidanzata (questo non mi riguarda personalmente: ho marito) è giusto che vada fuori quando vuole. Gli uomini non sanno aspettare. Poi, perché le cuoche, appena finito il lavoro, possono andarsene e le domestiche no?
• Giovanna Becattini, Canto de’ Nelli 10, Firenze, proprietaria di una merceria e socialista
Anzitutto non la chiami ”domestica” ma ”collaboratrice domestica”. Non mi importa neppure che la mia mi chieda il permesso di uscire. Quando ha finito il suo lavoro, ha il diritto di andare dove vuole
• Sonia Marconcini, 45 anni, moglie di un commerciante, via de’ Pilastri 52, Firenze
Sono assolutamente contraria a fare uscire la mia domestica di sera. Ha soltanto diciassette anni, ma anche se ne avesse trenta o quaranta sarebbe lo stesso. è una questione di principio. Inoltre sono io che spesso esco la sera. Pago la domestica per lasciare qualcuno a casa, altrimenti prenderei una donna a mezzo servizio e risparmierei un tanto.
• Signora Augusta Grosso, moglie del professor Giuseppe Grosso, preside della Facoltà di Giurisprudenza e consigliere comunale democristiano, Corso Lecce 67, Torino
Bisogna notare che le domestiche, quali si trovano attualmente in Italia, non hanno di solito né l’educazione né il senso di responsabilità per poter disporre di tali libertà. Occorrerebbe cioé che fossero meglio formate sia professionalmente che moralmente, affinché l’uso intelligente di una libertà misurata non si trasformasse in un abuso che potrebbe riuscire pericoloso oltre che alla domestica, anche alla famiglia che la ospita.
• Signora Olga Grasso-Ferrero, moglie di un piccolo industriale, Corso Rosselli 35, Torino
Per me è logico che la donna possa uscire almeno un paio di volte alla settimana: non solo per un suo indiscutibile diritto, ma anche per un puro e semplice problema di rendimento. La cameriera costretta a stare in casa lavora sempre meno e peggio.
• Ernesta Tagliaferro, 65 anni, cameriera presso i Canonici di San Lorenzo, Torino
difficile fissare una regola, specialmente quando la cameriera è giovane e deve pertanto essere controllata. Personalmente non esco mai.
• Contessa Claudia Premoli Fabris,
via Castiglione 11, Bologna
Non esistendo in Italia contratti sindacali per le domestiche, non esistono diritti acquisiti e formulati in precise norme sindacali. L’unico obbligo del datore di lavoro è quello di versare i contributi di assistenza della Previdenza Sociale. Lire sette settimanali per le domestiche a tutto servizio e quattro per quelle a mezzo servizio. E quello di concedere alla domestica quindici giorni di ferie all’anno. Il rapporto di lavoro è quindi stabilito da usi familiari. Consuetudine è dunque quella di concedere la libertà di uscire il giovedì e la domenica pomeriggio. Tuttavia, se qualche volta la domestica chiede di uscire la sera, per giustificati motivi, di solito non le si nega tale facoltà.
• Domestica Angela Franceschinis,
Via Maroni 18, Bologna
Io sono una domestica già anziana, in servizio da diciannove anni presso la mia signora. Quindi non conosco i diritti delle cameriere più giovani di me. In diciannove anni di servizio non sono mai uscita una sola sera perché non ne ho mai avuto la voglia e devo pensare alle cose mie e quindi non ho tempo per altri pensieri. Sindacalmente le domestiche sono abbandonate a se stesse: io, dopo diciannove anni di servizio, percepisco al libretto della Previdenza Sociale, come pensione, lire quattromila circa ogni due mesi.
• Signora Dorina Rizzi, via anguissola 1, Cremona
Se nessun impegno d’ordine lavorativo fa ostacolo, le domestiche hanno diritto di uscire. Sono esse pure esseri umani come tutti gli altri. Sono però entrata in questo ordine di idee solo dopo l’esperienza della guerra.