Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 17 giugno 2002
Domani, 13
• Domani, 13.30 italiane, gli azzurri affronteranno a Daejeon la Corea del Sud negli ottavi di finale del campionato del mondo di calcio. «La Corea del Sud è la grande incompiuta del calcio mondiale. Nel continente asiatico detta legge [...] In casa mostra i muscoli, spazza la concorrenza senza patemi d’animo» (Luigi Guelpa). «Affrontarla a casa sua, con un pubblico assai meno sportivo di quello giapponese, è un handicap notevole. Non tanto per l’atmosfera ostile (calciatori come i nostri vi sono abituati) [...] Corea e Giappone sono grandi potenze economiche. La Fifa vi ha portato il Mondiale sperando di aprire nuovi mercati al calcio. Più vanno avanti, più probabilità ci sono che ciò avvenga. Se la Fifa fosse un’organizzazione tendente a difendere immagine e credibilità del suo prodotto non farei un discorso così brutale» (Giorgio Tosatti). «La Corea è la squadra più veloce dei mondiali: sembrano in quindici» (Gianni Mura).
• L’Italia ha passato il primo turno grazie all’insperato successo dell’Ecuador, già eliminato, contro la Croazia. «Visto lo svantaggio italiano, a metà del secondo tempo il nostro premier Berlusconi ha riconvocato il vertice Fao e ha fatto approvare una risoluzione che prevedeva ingenti aiuti economici a Croazia ed Ecuador, il cui Pil è passato in 10 minuti dall’1.5 al 18.6, cosa che ha insospettito gli osservatori internazionali. Il ministro Tremonti ha spiegato comunque che per questi aiuti non ci sarà una manovra correttiva, anche se durante l’inverno 2002-2003 gli italiani potranno accendere il riscaldamento solo la notte di Natale e le auto dispari saranno spinte a mano» (Gene Gnocchi).
• Il culo del Trap. «Nei bar e nelle case italiane, pochi minuti dopo il fischio di chiusura, le due fazioni già prendevano corpo: i culisti facevano notare che i due gol che hanno salvato gli azzurri, quello di Del Piero e quello di Mendez, sono entrambi un generoso dono degli dei. Quello di Del Piero perché era impensabile che giocasse, quello di Mendez perché era impensabile che segnasse. [...] Di contro, gli anticulisti potevano opporre argomenti molto solidi: i gol regolari annullati alla Patria da guardalinee comunisti, gli infortuni di Nesta e Di Biagio, il mancato infortunio di Totti, che ha giocato una delle partite più orribili della sua carriera [...] Quando Trapattoni ha chiesto a Del Piero di levarsi la tuta e scendere in campo, è stato solo per puro caso che è riuscito a rintracciarlo. Era l’unico panchinaro che non fosse andato venti metri più in là a seguire in tv Croazia-Ecuador, e solo per questo Trapattoni, che voleva mettere Gattuso al posto di Vieri, ha deciso di schierarlo. E questo episodio, a ben vedere, fa pendere la bilancia del nostro dibattito in favore dell’ipotesi: culo del Trap» (Michele Serra).
• Oroscopi. «La tentazione sarebbe di lasciarsi portare adesso dall’onda alta di marea tipica del tifoso italiano maniaco-depressivo. Di credere, dopo la certezza della nostra disfatta, che soltanto perché abbiamo fatto a lungo schifo come sotto Bearzot o Sacchi, sbagliato dozzine di passaggi elementari, lasciato l’ormai consueto gol da polli agli avversari, mangiato gol grandi come la collina giapponese spianata per fare posto a questo stadio, ora siamo destinati ad arrivare per forza e trionfalmente in finale. La nostra logica demente vuole che questi obbrobri siano l’oroscopo della felicità [...] Ma ci sono alcuni problemi tecnici che devono invitarci alla prudenza. A Oita, la qualificazione è stata voluta da un pietoso Dio cattolico e apostolico, che ha raccolto le gocce di acqua santa lasciate cadere per due volte sul prato dall’ampolla di Trapattoni, ma ha visto nella sua equità anche i frenetici segni della croce fatti dai giocatori messicani ai quali doveva sembrare un miracolo della Virgen de Guadalupe il fatto che uno come Totti, da 13 miliardi l’anno più Ilary, avesse sbagliato un gol che avrebbe fatto anche un Brambilla della Pro Patria Busto Arsizio. Per non fare inganni, come vuole il San Giovanni che non voleva punire i messicani per le colpe dei croati, il buon Dio aveva diviso la qualificazione tra Cusano Milanino e la Cattedrale di Guadalupe, promossi tutti e due, nel nome del cielo. Non ci sono mai atei nelle trincee, nelle aule d’esame e nei campi da pallone» (Vittorio Zucconi).
• Fortunatamente il Dio di Trapattoni non ha nulla a che fare con una Divinità impassibile e remota, sdegnosa di curvarsi sulle vicende del mondo. «E’ ”il Dio dei filosofi e dei sapienti”, per dirla con Pascal; ed è anche il Dio di certe lugubri confessioni protestanti. Ma non è affatto il Dio del cattolicesimo. Come ricorda, nel suo celebre inizio, la Gaudium et Spes, il documento conclusivo del Concilio: ”Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi sono pure quelle dei discepoli di Cristo; e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”. C’è qualcosa di più ”genuinamente umano” di una partita di un campionato mondiale seguito, tra entusiasmi e disperazioni, da alcuni miliardi di uomini? Come pensare che il Creatore non abbia proprio nulla a che fare con le passioni profonde suscitate nelle Sue creature da quella metafora incruenta della guerra, dell’orgoglio nazionale, dell’abilità, della forza, della sanità del corpo, che è il match di uno sport che accomuna bianchi e neri, poveri e ricchi?» (Vittorio Messori).
• Di chi è il merito? «Di Biagio R. Tale Biagio R., di anni 42, di Casoria, aveva annunciato che avrebbe collocato dell’aglio sul televisore della sua cella, ed era stato da me redarguito: ”Vergognati di queste superstizioni, aglio, corna e acquasanta: bisogna giocare a pallone e vincere giocando meglio”. L’ho convinto. [...] Al 36’ uscivo esasperato dalla mia cella ed entravo in quella accanto, nella quale Biagio R. stava inveendo spettacolosamente. ”L’aglio!” gli ho detto. A questo punto Biagio R. prelevava in effetti un capo d’aglio da una mensola, e lo posava sul televisore. Un minuto dopo su cross di Montella, Del Piero insaccava» (Adriano Sofri).
• Il dodicesimo uomo. «Voglio diventare un fantasma così sarò il dodicesimo uomo al fianco della Corea». Dopo aver scritto queste parole, un giovane tifoso coreano si è suicidato dandosi fuoco sulla spiaggia di Busan.
• Cuore. Un monitoraggio condotto presso la scuola di specializzazione in cardiologia dell’Università degli Studi di Milano mostra che frequenza cardiaca, pressione arteriosa e portata cardiaca durante le partite viste in tv aumentano in maniera sostanziale. Il primo rilevamento è stato effettuato durante la gara col Messico, su un soggetto sano 25enne. Il professor Magrini: «Inizialmente il giovane aveva 80 battiti al minuto e una pressione sistolica in media di 120. Già durante l’inno i battiti sono aumentati, mentre il picco di frequenza cardiaca si è avuto al gol annullato, con 137 battiti, dopo aver toccato 135 al gol di Borgetti. Lungo tutto il secondo tempo si è avuta una media di 130. Al gol di Del Piero i battiti sono scesi a 124: una vera liberazione».
• Incubi e infarti. Corea «è molto più di una parolaccia. E’ la collina del disonore, è la vergogna. E’ la Caporetto dello sport, è il Vietnam italiano. Basta dire ”Corea” e già è un incubo» (Emanuela Audisio). Il 19 luglio 1966, a Middlesbrough, l’Italia fu incredibilmente battuta per 1-0 dalla Corea del Nord, gol di Pak Doo Ik al 42’ del primo tempo, e venne eliminata dal mondiale al primo turno. «La Corea del Nord è composta di omarini piccoli e tosti, capaci di correre dal primo istante alla fine. Sono da oltre un anno in allenamento collegiale. I russi li sistemano facilmente al primo approccio. andato a vederli Ferruccio Valcareggi e riferisce a Fabbri con un laconico ricordo delle farse americane al tempo del cinema muto: ”Ridolini” [...] Nei primi dieci minuti, gli omini corricchiano in affanno dietro ai ”giganti” azzurri. Capitano a Perani qualcosa come tre palle-gol una più clamorosa dell’altra: l’infelice le sbaglia tutte. Poi, qualche collegamento si perde. Bulgarelli ci rimette il ginocchio e si rimane in dieci. Il dentista Pak Doo Ik si trova a scattare sul centro destra e mulinando frenetiche gambette da sorcio tocca un bel destro in diagonale che uccella Albertosi nel più mortificante dei modi. Sta per finire il primo tempo. Lo stadio è tutto una risata maligna. [...] Avviene dunque l’impensabile da menti appena esaltate... come le nostre. Le folate degli azzurri si spengono mestissimamente. Vincono davvero gli ometti che a Valcareggi avevano ricordato un comico americano del muto. Le risate si sprecano. Io vengo chiamato al telefono e mi sento addosso gli occhi esilarati di tutti i colleghi che temevano di sprecare il viaggio venendo a Middlesbro’. Poco a poco mi sento ingroppire. La vergogna mi soffoca. Ho gli stranguglioni, farfuglio allo stenografo: ”Aspetta che mi passi un pochino. Se invece mi viene l’infarto, salute a voi!”» (Gianni Brera).
• Ha 66 anni ora, il signor Pak. «Ha i capelli bianchi, porta gli occhiali, orologio d’oro, una spillina della Fifa sulla cravatta, è supervisore dell’attività fisica nelle scuole. Arriva con una Mercedes rossa, non perfetta, ma pur sempre Mercedes. Certo che lo sa che al ritorno in Italia i tifosi tirarono pomodori agli azzurri, al grido di Corea, Corea. ”Bene, hanno fatto bene”. Scusi? ”Cosa pretedendevano i giocatori dopo la figuraccia, gli applausi? Voi eravate l’Italia, noi nessuno. Eravamo così tagliati fuori che non sapevamo neanche cosa fosse un fallo”. Sia buono, Pak. ”Sono sincero, voi giocavate in dieci perché Bulgarelli si era fatto male, ma restavate dei maestri: con quel gran difensore di Facchetti, con la rapidità di Mazzola, con l’organizzazione di Rivera. Avreste potuto segnare, ci siete andati vicini. Solo che l’Italia non c’era con la testa, mai vista una squadra così isterica e nervosa. vero che noi avevamo fatto due anni di ritiro, andando a ripassare il calcio in Russia, ma a parte l’entusiasmo rispetto a voi eravamo piccoli. Ricordo l’emozione con cui chiamai casa per avvisare un annunciatore della radio che avevamo vinto. Era in lacrime”» (Emanuela Audisio).
• Per dare maggiore credibilità alla squadra, la Corea del Sud ha chiamato un allenatore olandese. Guus Hiddink, ex del Psv Eindhoven che nel 1988 vinse la coppa dei Campioni (ai rigori contro il Benfica), della nazionale olandese e del Real Madrid. «Per lui i giocatori sono tante tessere di un mosaico prima che uomini e atleti» (Luigi Guelpa). «La storia d’amore tra lo zingaro felice e la Corea cominciò alle 17 e 30 del 14 dicembre 2000, quando il volo KLM 865 atterrò all’aeroporto internazionale di Seul. C’era una torma di giornalisti ad aspettare il futuro ct della nazionale [...] Gli chiesero: ”Cosa sa della Corea?”. Rispose: ”Ho letto qualche ritaglio durante il viaggio”. [...] Gli fecero un contratto con scadenza alla fine dei Mondiali e un bonus in caso di superamento del turno. La cifra varia, secondo le fonti, da 85.394 a un milione di euro» (Gabriele Romagnoli).
• Hiddink guardò il primo allenamento e disse: «Sembrano galline nell’aia, vanno da tutte le parti senza un perché». «Ho chiesto a un giornalista del ”Korea Herald” com’è negli allenamenti e mi ha risposto: ”Mah, più che altro senti urlare Fuck you Kim! e Fuck you Lee!”. Che sembrano poi dei nomi locali. L’obiettivo era far capire che l’orientale cultura del rispetto va bene fino al fischio d’inizio; dopo, all’avversario in superiorità tecnica, si fa lo sgambetto, non l’inchino» (Gabriele Romagnoli).
• Il Maradona d’Asia. «Il numero 21 della Corea si chiama Park Ji Sung. un signor nessuno del calcio mondiale. Ha ventuno anni, trottola fra il centrocampo e l’attacco, sempre sulla destra, e un buon ingaggio in Giappone nel Kyoto Purple Sang. Ma al settantesimo minuto della ”finale” con il Portogallo, chi perde torna a casa, Park Ji Sung ha una specie di folgorante e geniale illuminazione. Se il colpo gli riesce, e magicamente gli riuscirà, diventa il Maradona d’Asia. [...] Arriva dalla parte opposta di dove staziona il nostro Park Ji Sung una lunga palla [...]. Sembra una di quelle scommesse azzardate se non fosse che chi ha visto giovedì l’ultimo allenamento dei coreani ha assistito alla stessa azione provata e ripetuta almeno una ventina di volte. Con l’allenatore Guus Hiddink che comandava le operazioni e spiegava. Nove su dieci Park Ji Sung riceveva, stoppava. E sparava alto. Qui la storia è un po’ diversa. [...] Il signor nessuno, numero 21, Park Ji Jung si piazza dietro al grande Conceicao e trasforma la zanzara che è in lui in un clone di Maradona. Vede la palla che compie la parabola, la addomestica al volo con un tocchetto che scavalca l’avversario e sempre al volo insacca. Ma chi sei Park Ji Jung?» (Fabio Cavalera).
• All’Italia sono stati finora annullati quattro gol validi, due contro la Croazia, due contro il Messico. «D’accordo: maledetto guardalinee, arbitri dilettanti, gol ingiustamente annullati e tutto il resto. Ma è proprio necessario che la telecronaca della partita dell’Italia debba diventare un simbolo della cultura complottista, l’emblema popolare di un vittimismo atavico che nasconde e cancella errori propri e limiti endogeni e attribuisce a una diabolica cospirazione esterna ogni nostro guaio?» (Pierluigi Battista).
• Antonio Tabucchi, della nazionale di calcio, non vuol saperne. «In una invettiva pubblicata sull’’Unità” , l’autore di Sostiene Pereira elenca tutte le ragioni per cui lascia volentieri ”questa italianità”: ”Se essere italiani significa ingoiare la notizia che la pallottola che ha ucciso Carlo Giuliani è stato un calcinaccio... Se essere italiani significa indossare la bandiera a stelle e strisce... Se essere italiani significa guadagnare miliardi per dare dei calci a un pallone... Se essere italiani significa accettare che un signore che possiede il 90 per cento dell’informazione italiana, compresa la Rai...”. E via dicendo: se essere italiani significa tutto questo, ”lascio questa italianità a Voi”. Compresa la sorte della nazionale di calcio. Anche l’Italia del Trap, come l’Italia degli scrittori selezionata per il Salone del Libro di Parigi, diventa un ”caso politico”? O meglio: se mai la nazionale dovesse vincere i Mondiali, sarebbe una vittoria berlusconiana? Forse il dubbio comincia a insinuarsi tra gli intellettuali di sinistra. Ma se per Parigi, Andrea Camilleri, con Vincenzo Consolo, si schierò accanto a Tabucchi, ora, in occasione del torneo nippo-coreano, il padre del commissario Montalbano non esita a dissociarsi. E non certo perché Camilleri sia un tifoso incondizionato [...] Ma perché, dice, ”quella di Tabucchi è una dichiarazione molto seria, ma non c’entra niente con il fatto sportivo. E poi mi domando: se in passato fossi stato un antisocialista, sentendo bussare alla porta, non avrei potuto gridare Avanti?» (Paolo Di Stefano).