Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 29 maggio 2004
Blu - "McQueen sparava un milione di parole al minuto, una mitragliatrice
• Blu. "McQueen sparava un milione di parole al minuto, una mitragliatrice. Era all’avangiardia. Poche o nessuna nozione di grammatica; persino i suoi amici non sempre erano in grado di capire che cosa stesse dicendo" (Elliot Silverstein, regista). La seconda moglie Ali MacGraw andava dicendo che McQueen non era in grado di scrivere correttamente nemmeno la parola ”blu”.
• Giungla. Ricevuta l’offerta di tre milioni di dollari per interpretare Willard in Apocalypse Now (Francis Ford Coppola, 1979), McQueen rifiutò perché non gli andava di passare quattro mesi nella giungla delle Filippine, al che Coppola gli propose la parte di Kurtz, che richiedeva solo tre settimane di riprese. Pretendendo McQueen la stessa cifra, Coppola rinunciò a lui: "Cominciai a chiedermi se un giorno saremmo arrivati a pagare tre milioni di dollari per otto ore di lavoro, più gli straordinari, con l’obbligo di girare in casa dell’attore. Ma non posso rimproverarlo per averci provato" (Coppola).
• Espressione. "McQueen non era il miglior attore del mondo, ma sapeva esattamente che cosa fosse meglio per lui... due o tre volte al giorno arrivava con la sceneggiatura e diceva: ”Credo di poterlo rendere meglio senza battuta, solo con l’espressione”" (Robert Wise, regista).
• Lo hice. "Lo hice", ”ce l’ho fatta”, le ultime parole pronunciate da Steve McQueen prima di morire, di cancro, il 7 novembre 1980, al Plaza Santa Maria, una clinica messicana. Durante l’agonia aveva ripetuto con ossessione "Tre-uno-otto", il suo numero di matricola al Junior Boys Republic, riformatorio dove era stato detenuto per quattordici mesi a quindici anni su istanza della madre e del patrigno, previa attestazione della sua "irrecuperabilità".
• Sofferenza. "Steve interpretava alla perfezione la sofferenza" (James Clavell, sceneggiatore de La grande fuga, 1963).
• Bello. "Sono un po’ incasinato, ma bello" (Steve McQueen).
• Sobborghi. Steve McQueen nacque il 24 marzo 1930 a Beech Grove, sobborgo di Indianapolis, dalla breve relazione tra Jiulia Ann Crawford (alcolizzata, scappata di casa a diciannove anni, faceva la cameriera e si prostituiva per arrotondare), e Bill McQueen (nell’ordine: pilota d’aereo in marina, acrobata in un circo itinerante del nord America, gestore di una bisca clandestina sotto un bordello di Indianapolis, disoccupato). Bill riconobbe il figlio, ma sparì per sempre sei mesi dopo la sua nascita.
• Ceneri. Ottantamila dollari, il prezzo pagato da ”Paris Match” per fotografare la salma di Steve McQueen in camera mortuaria. Le sue ceneri furono sparse nel Pacifico.
• Cognome. ”McQueen”, cognome di origine gaelica, ”figlio dell’uomo buono”.
• Recitazione. Steve McQueen aveva ventun’anni e si manteneva a New York vendendo enciclopedie, facendo lo scaricatore di porto, il barista, il fioraio, il fattorino in un bordello, il gigolò, quando iniziò a uscire con un’attrice disoccupata, che gli disse: "tu non hai mai smesso di recitare da quando sei venuto al mondo", e lo convinse a iscriversi a un corso di recitazione.
• Definizione. Nel 1955 Steve McQueen entrò nell’Actor Studio, sotto la direzione di Lee Strasberg. "Io avevo un dono, ma Strasberg aveva la chiave per liberarlo. Nessuno può darti il talento. O ce l’hai o non ce l’hai. Ciò che mi diede Lee fu la definizione" (Steve McQueen).
• Bermuda. McQueer, il cognome di Steve storpiato sulle porte dei bagni dello Studio, alludendo a queer, in slang newyorchese ”omosessuale”, per l’abitudine dell’attore di girare in bermuda, tipico degli omosessuali dell’ambiente.
• Moneta. McQueen rifiutò la parte di coprotagonista in Butch Cassidy (George Roy Hill, 1969) insieme a Paul Newman, perché pretendeva che il suo nome fosse scritto per primo sulla locandina, o almeno che si decidesse lanciando in aria una moneta, condizione respinta da Newman (la parte McQueen fu data a Robert Redford). Per L’Inferno di cristallo (John Guillermin, 1974) McQueen ottenne che il suo nome fosse scritto più in basso di quello di Paul Newman, ma a sinistra.
• Clausole. Clausola dettata da McQueen nel contratto firmato per Papillon (Franklin J. Schaffner, 1973): "Il nome dell’attore comparirà in prima posizione davanti a tutto il resto del cast... a Dustin Hoffman spetterà la seconda posizione fra gli altri membri del cast... sullo schermo, tale credito apparirà allo stesso livello di quello accordato all’Attore, ma quello di Hoffman sarà a destra del quadro mentre quello dell’Attore a sinistra...".
• Rate. Ricordato dagli amici per la sua tirchieria, McQueen comprò a rate di otto dollari al mese l’anello di fidanzamento alla sua prima moglie, Neile Adams, che però due anni dopo dovette pagarsi le ultime rate.
• Set. Sul set de L’ultimo buscadero (Sam Peckinpah, 1972), nella parte di Junior Bonner, Steve McQueen, finita la scena in cui maneggiava una mazzetta di dollari veri per acquistare un biglietto d’aereo, se ne intascò trecento adducendo che rientravano nelle spese impreviste del film. Sul set di Getaway (Sam Peckinpah, 1972), alla fine della ripresa in cui giaceva sul letto con trentacinquemila dollari in contanti, fu sorpreso dal capo costumista Bobby Visciglia con duecentocinquanta dollari addosso: "Li aveva nascosti in bocca, sotto l’ascella, dietro le gambe... Presi a scuoterlo mentre Ali [MacGraw] si sbellicava dalle risate alla vista di quel divo taccagno che cercava di rubare".