Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 18 febbraio 2002
Il processo contro l’ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, iniziato martedì al Tribunale penale internazionale dell’Aja, «rappresenta un caso fondamentale per definire nuovi rapporti tra legge nazionale, legge internazionale e sovranità nazionale
• Il processo contro l’ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, iniziato martedì al Tribunale penale internazionale dell’Aja, «rappresenta un caso fondamentale per definire nuovi rapporti tra legge nazionale, legge internazionale e sovranità nazionale. Esso è evidentemente figlio dei due processi tenutisi a Norimberga e a Tokyo dopo la fine del secondo conflitto mondiale, come sono figlie le polemiche intorno all’autenticità, ammissibilità e limiti di una legalità internazionale» (Alessandro Politi).
• Il Tpi è costituito da quattordici giudici (scelti dall’Assemblea Onu su una lista del Consiglio di Sicurezza), con tre collegi giudicanti in primo grado composti ciascuno da tre giudici e una Camera d’appello della quale fanno parte cinque magistrati. Le norme sono largamente basate sul diritto anglosassone che esclude il processo in contumacia e prevede l’incriminazione (indictment) quale premessa per un procedimento. L’audizione dei testimoni si svolge con un sistema di interrogatori e contro-interrogatori, sia per la pubblica accusa che per la difesa. I giudici possono intervenire in qualsiasi momento, sono ammessi testimoni scritti, l’imputato può essere ascoltato in qualità di testimone. Competenze: violazioni delle leggi e consuetudini di guerra, della Convenzione di Ginevra, crimini contro l’umanità, genocidio. Pena massima: l’ergastolo.
• Per la prima volta una corte delle Nazioni Unite processa un ex capo di Stato per crimini commessi nell’esercizio delle sue funzioni. «I puristi del diritto obietteranno che non può essere equanime una corte così dipendente dal sostegno occidentale, soprattutto americano. E dubiteranno dell’imparzialità di un pubblico ministero la cui ”polizia giudiziaria” è composta di fatto dai servizi segreti Nato, anche in questo caso soprattutto americani» (Guido Rampoldi).
• Il 27 maggio 1999 la Nato effettuò il più alto numeri di raid sulla Jugoslavia dall’inizio della guerra (741): quel giorno l’allora procuratore Louise Arbour decise di incriminare Milosevic. Miodrag Lekic, all’epoca ambasciatore in Italia della Federazione jugoslava: «Era un periodo nel quale i governi occidentali faticavano a spiegare le ragioni della guerra umanitaria, visti i cosiddetti effetti collaterali».
• dunque inutile e ipocrita questo processo? «Il processo dell’Aja può svolgere un’opera di igiene mentale smentendo nel dibattimento gli schemi negazionisti o riduzionisti con i quali gran parte dell’Occidente lesse le guerre dell’ex Jugoslavia. Queste apparvero ai più l’esplosione di rancori millenari tra identità etniche costituzionalmente incompatibili. [...] Come invece indica il rinvio a giudizio di Milosevic, quando si smonta una pulizia etnica non appaiono popoli invasati da furori storici, ma il lavorio di una struttura segreta che coordinava le bande paramilitari organizzate allo scopo, e rispondeva direttamente all’autorità suprema» (Guido Rampoldi).
• A Milosevic è attribuita la responsabilità ultima di 66 massacri perpetrati tra il 1991 e il 1999 dalle milizie serbe. Nomi, età e sesso delle vittime sono meticolosamente elencati negli atti d’accusa. [5] All’inizio della lista delle vittime in Kosovo c’è una donna, Asslani Lute, trenta anni, uccisa a Racak il 15 gennaio ’99, alla fine un uomo di età sconosciuta, Vishi Milaim Misim, ucciso a Dubrava il 25 maggio ’99. Geoffrey Nice, vice del procuratore capo Carla Del Ponte, ha scelto tre storie emblematiche: una donna bruciata viva a Visegrad in Bosnia con la figlia appena partorita e altre 45 persone; un uomo di 58 anni rifugiatosi nell’ospedale di Vukovar in Croazia dove invece viene torturato brutalmente, una giovane kosovara violentata ripetutamente da alcuni soldati serbi.
• L’elenco dei morti di Srebrenica. «Sapete come è stato fatto? Il rappresentante del Comitato internazionale della Croce Rossa ha chiesto a tutte le famiglie della regione se avevano dei parenti morti a Srebrenica. è venuto fuori un elenco di sette-ottomila nomi, ma a parte il fatto che la maggior parte dei cadaveri non è mai stata identificata, nessuno si è dato la pena di andare a controllare. Se l’avessero fatto, avrebbero scoperto che nel cimitero di Srebrenica ci sono delle tombe con i nomi di alcune delle presunte vittime di Milosevic morte due o tre anni prima che scoppiasse la guerra. E i nomi di altre ”vittime” figuravano sulle liste elettorali l’anno dopo la fine dei combattimenti. Dunque i casi sono due: o sono andati a votare anche i morti, oppure non erano morti affatto. Che senso ha un processo organizzato in questo modo?» (Jacques Vèrges, ”avvocato dell cause impossibili”).
• L’arringa del procuratore Carla Del Ponte contro Milosevic «è il tentativo di nascondere che i Balcani sono stati per tutto il Novecento un sanguinoso terreno di conquista, un intricatissimo crocevia geopolitico e una fonte perenne di instabilità internazionale [...] Con una semplificazione feroce - nello stesso tempo arrogante e infantile - il procuratore dell’Aja ha concentrato una vicenda complessissima in alcuni capi di accusa: genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità. Imputato è un singolo individuo, [...] Milosevic, quest’uomo malvagio, deve essere punito esemplarmente e la sua punizione, si sostiene, avrà un elevatissimo significato morale, oltre che giuridico. Il processo e la condanna saranno decisivi per ristabilire la verità e la giustizia, retribuire simbolicamente le vittime della pulizia etnica, riportare la democrazia nei paesi della ex-Jugoslavia: una transustanziazione taumaturgica che ricorda il cannibalismo rituale dei Tupinanba. Di più - lo ha dichiarato Carla Del Ponte in persona - la condanna di Milosevic avrà l’effetto di esaltare la funzione storica del Tribunale dell’Aja perché, condannando per la prima volta nella storia dell’umanità un ex capo di stato, i giudici fisseranno un principio di valore supremo per i secoli a venire: ”Non c’è impunità per i potenti”. E questa sarà la garanzia più efficace della pace fra i popoli e della tutela dei diritti umani» (Danilo Zolo).
• Ci sono cose che rimangono inspiegabili. Lekic: «Se il colpevole è solo Milosevic, come spiegare la guerra tra croati e musulmani nel 1993-1994, o tra i musulmani stessi? E poi, come spiegare la destabilizzazione della Macedonia da parte dell’Uck mentre Milosevic già si trovava in prigione!
• Nei nove anni dalla sua istituzione, il tribunale dell’Aja ha pronunciato un solo verdetto di genocidio, contro il generale serbo Radislav Krstic: ritenuto responsabile del massacro di Srebrenica, è stato condannato a 46 anni di carcere.
• Milosevic sostiene che il Tribunale internazionale dell’Aja è illegittimo e contrario allo Statuto delle Nazioni Unite. All’articolo 171, infatti, questo stabilisce che spetta all’Assemblea (non al Consiglio di Sicurezza) istituire una qualsiasi forma di giustizia sovrannazionale. L’ex presidente jugoslavo parla anche di ”estradizione abusiva”, di violazione delle leggi serbe, jugoslave, di ogni convenzione sui diritti dell’uomo. Terzo punto dell’autodifesa la ”prevenzione dell’accusa”: Carla Del Ponte presentando il processo si è detta certa che l’imputato sarà condannato. Zdenko Ztomanovic, consulente legale di Milosevic: «In questo processo le regole si rifanno di volta in volta, si supera ogni regola di civiltà giuridica: e questo non può passare, non solo nell’interesse di Milosevic, ma dell’idea stessa di giustizia. I testimoni citati dall’accusa non sono mai stati messi a disposizione della difesa per i controinterrogatori, né conosciamo le loro dichiarazioni. Che rito è mai questo? Almeno 123 di loro non compariranno mai in aula, e si darà soltanto lettura di dichiarazioni rese chissà come e quando». Milosevic: «Dati i mezzi limitati di cui dispongo, è come se un nuotatore venisse obbligato a disputare la gara dei 100 metri con le braccia e le gambe legate, e poi si tentasse di sostenere che la competizione è corretta».
• Non riconoscendo il Tpi, Milosevic non ha nominato un avvocato e si difende da solo. Carla Del Ponte: «Dice così, ma ci sono sei avvocati che vanno a trovarlo in carcere e gli fanno da consulenti». Toma Fila, che ha assistito l’ex presidente jugoslavo sino al trasferimeno in Olanda, dice che quei tipi cui fa riferimento il procuratore sono in realtà dei portavoce e che Milosevic non è in grado di difendersi da solo: «Teoricamente è possibile, praticamente no. Anche il più bravo avvocato quando decide di difendersi da solo rende un cattivo servizio a se stesso. Milosevic si è messo in una posizione molto strana. Ignora il Tribunale, ignora la documentazione che gli è stata fornita, ma nello stesso tempo vuole fare le sue dichiarazioni preliminari, propone testimoni, chiede di controinterrogare quelli del Procuratore. Rischia di strangolarsi con le sue mani sul piano tecnico-legale». Vergès: «Se un vostro amico fosse sequestrato dalla mafia, andreste a difenderlo davanti a un tribunale illegale composto da ”uomini d’onore”?». .
• Altro che Milosevic, il ”mostro” è il Tpi. «Una corte illegale creata arbitrariamente dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e finanziata, oltretutto, con fondi di dubbia provenienza, vuoi da paesi come la Slovenia e l’Arabia Saudita, vuoi da speculatori internazionali come George Soros. Lo ha detto il portavoce dell’Onu, Jamie Shea, a Bruxelles nel 1999: i finanziatori principali sono i paesi della Nato. Più chiaro di così... Come se il Tpi fosse la succursale di una multinazionale. Il Tpi è stato creato nel 1993, e pretende di giudicare fatti avvenuti nel 1991-1992, allorché la retroattività del diritto penale è condannata dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Per di più, questo tribunale ha elaborato da solo il suo codice di procedura, il che è contrario a tutte le norme giuridiche. In democrazia è il parlamento che vota le leggi e sono i giudici che le applicano, ma qui la legge la fa il tribunale [...] D’altra parte, sappiamo bene che Milosevic non è stato estradato: il Tpi parla pudicamente di ”trasferimento”, ma è un termine che giuridicamente non esiste. O si è estradati, o si è sequestrati. E Milosevic è stato sequestrato».
• In realtà, sottoscrivendo gli accordi di Dayton per la cessazione delle ostilità in Bosnia (14 dicembre 1995) Milosevic riconobbe il Tpi. Il Tribunale per i crimini nell’ex Jugoslavia è stato infatti istituito dal Consiglio di sicurezza dell’Onu nel 1993 e l’articolo IX dell’Accordo firmato a Parigi dall’ex presidente jugoslavo recita che «le parti coopereranno pienamente con tutti gli organismi coinvolti nell’applicazione dell’Accordo o che sono in altro modo autorizzati dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite».
• Il Tribunale dell’Aja è uno strumento politico nelle mani dei vincitori, cioè degli Stati Uniti. «La massima potenza mondiale, è noto, ha voluto questo Tribunale, lo ha illegalmente finanziato, assistito militarmente, fatto partecipe delle proprie attività di intelligence e di spionaggio informatico. In cambio ha ottenuto la completa archiviazione delle denunce per i crimini commessi dalla Nato durante la guerra del Kosovo, senza che sia stata svolta la minima indagine sull’uccisione di migliaia di persone innocenti, sulle devastazioni ambientali, sull’uso di bombe a grappolo e di proiettili all’uranio impoverito e al plutonio» (Danilo Zolo).
• Ogni giusto processo, e più che mai un processo per crimini contro l’umanità, dovrebbe poter contare su almeno due certezze: «Che la sentenza non sia fortemente influenzata da fattori extra-giudiziari, e che la Corte possa raccogliere il più gran numero di elementi a carico o a difesa dell’imputato. Soddisfa questi requisiti, il procedimento dell’Aja? Non ne siamo sicuri [...] Alla fine i testimoni-chiave mancanti risulteranno di certo più numerosi di quelli accorsi all’Aja» (Franco Venturini).
• Si dice: è l’Occidente che giudica Milosevic, e l’Occidente manca dei requisiti etici. «Le bugie dell’Alleanza atlantica non assolvono il regime di Milosevic dal crimine di aver deportato oltreconfine quasi tutta la popolazione albanese, bruciato migliaia di case, ammazzato centinaia di civili. Questa è la sostanza di quanto avvenne in Kosovo. I tentativi di Milosevic per imbarazzare i governi occidentali, passati o presenti, sembrano aperti a due esiti opposti. Da una parte, potrebbero produrre una riflessione salutare sulla mediocrità morale e politica di cui diede prova l’Occidente finché coltivò l’acquiescenza verso lo sterminio. Ma all’opposto, potrebbero spaventare europei e americani, confermando quali rischi alla loro immagine comportino oggi i processi alla storia. Nel secondo caso si rafforzerebbero le ostilità e i dubbi che fin d’ora incontra il processo dell’Aja. Questa è la ragionevole scommessa di Milosevic» (Guido Rampoldi).
• Gli Stati Uniti si oppongono alla creazione di una corte di giustizia internazionale. «Americani ed europei non sembrano auspicare che la ”Norimberga balcanica” rievochi tante pagine chiuse negli archivi della diplomazia, di giornali e di commissioni parlamentari d’inchiesta. Pagine di errori strategici, d’impotenza, ma anche di complicità: il prematuro riconoscimento dell’indipendenza croata, la tardiva difesa di Sarajevo, l’evitabile eccidio di Srebrenica, la deportazione dei serbi dalla Krajina, gli accordi segreti, i traffici e gli affari con il regime di Belgrado, l’appoggio militare ai guerriglieri kosovari, i retroscena della conferenza di Rambouillet che diede il via ai bombardamenti della Jugoslavia, la messinscena del massacro di Racak in Kosovo» (Massimo Nava).