Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 20 novembre 1999
Codici e segreti
• Steganografia. Dal greco steganós (coperto) e gràphein (scrivere): comunicazione segreta basata sull’occultamento del messaggio.
• Come racconta Erodoto, Istièo, per far arrivare ad Aristagora di Mileto un messaggio in cui lo incitava a ribellarsi al re persiano, fece rasare il capo a un corriere, scrisse le istruzioni sulla cute e aspettò che gli ricrescessero i capelli. Giunto a destinazione, il messaggero si rapò a zero e mostrò la testa al destinatario (raccontato da Erodoto).
• I cinesi antichi dipingevano i messaggi segreti su striscioline di seta finissima, che venivano appallottolate, coperte di cera e inghiottite dal messaggero.
• Nel I secolo dopo Cristo, Plinio il Vecchio insegnava che dal lattice di titimabo si ricava un inchiostro ”invisibile”: trasparente da asciutto, vira al marrocino appena esposto a un calore moderato. Poiché questo fenomeno è legato alla presenza di carbonio, di cui le molecole organiche sono ricche, molte sostanze biologiche si comportano allo stesso modo. E’ noto il caso di moderni agenti segreti che avendo esaurito l’inchiostro simpatico non esitarono a scrivere con la loro urina.
• Microdot, riduzione di uno scritto alle dimensioni di un punto, molto impiegato durante la Seconda guerra mondiale. Tramite un procedimento fotografico, gli agenti tedeschi in America latina trasformavano un’intera pagina scritta in una macchia di diametro inferiore al millimetro che poteva essere nascosta nel puntino di una ”i” in una banale comunicazione. Il primo microdot fu scoperto dall’Fbi nel 1941 grazie a una soffiata.
• La crittografia (dal greco kryptós, nascosto), non nasconde il messaggio in sè ma il suo significato. Esistono due tipi di crittografia: la trasposizione e la sostituzione. La trasposizione consiste nel mutare di posto le lettere del messaggio, e genera dunque un anagramma. Problema: nel caso di un messaggio breve, questo metodo non è sicuro, perché una manciata di lettere può essere combinata in pochi modi diversi (una parola di tre lettere ammette al massimo sei anagrammi). Quando il messaggio diventa più lungo, il numero di angrammi esplode, rendendo impossibile la sua ricostruzione per prove e errori. Ad esempio, una frase di 35 lettere può essere allineata in più di seimila miliardi di miliardi di miliardi di modi diversi. Se un uomo potesse controllare una combinazione al secondo, e l’intera popolazione terrestre si dedicasse giorno e notte solo a questo compito, per controllare tutte le combinazioni occorrerebbe un tempo pari a innumerevoli volte l’età dell’universo. Dunque la trasposizione, per essere efficace, deve ubbidire a un criterio fissato in anticipo dai corrispondenti e ignoto al nemico.
• Una delle più antiche descrizioni di cifratura per sostituzione si trova nel Kamasutra, scritto nel IV secolo d.C. Il Kamasutra raccomanda che le donne studino 64 arti, dall’abbigliamento alla preparazione di cibi e profumi, dal massaggio alla magia, dalla falegnameria agli scacchi. La quarantacinquesima voce dell’elenco è la mlecchita-vikalpa, l’arte della scrittura in codice, preziosa per gestire un’eventuale liaison. Una delle techiche suggerite consiste nell’accoppiare in modo casuale le lettere dell’alfabero, e nel sostituire ciascuna lettera del messaggio con quella ad essa accoppiata.
• Abitudine di Cesare di utilizzare vari metodi di scrittura in codice. Tra questi, il semplice scambio di ogni lettera del messaggio con quella tre posti più avanti nell’alfabeto. Questo tipo di sostituzione è anche noto come ”cifratura di Cesare”.
• Non si sa chi fu il primo a capire che un crittogramma può essere decifrato grazie alla diversa frequenza delle lettere. La più antica descrizione del procedimento, ad ogni modo, si deve allo studioso del nono secolo al-Kindi, detto ”Il filosofo degli arabi”: ”Un modo di svelare un messaggio crittato, se conosciamo la lingua dell’originale, consiste nel trovare un diverso testo chiaro della stessa lingua, abbastanza lungo da poter calcolare la frequenza di ciascuna lettera. Chiamiamo ”prima” quella che compare più spesso, ”seconda” quella chhe segue per frequenza, e così via, fino a esaurire tutte le lettere del campione di testo chiaro. Esaminiamo poi il testo in cifra che vogliamo esaminare, ordinando, in base alla frequenza, anche i suoi simboli. Troviamo il simbolo più comune, e rimpiazziamolo con la ”prima” lettera dell’esempio chiaro; il simbolo che lo segue per frequenza sia rimpiazzato dalkla ”seconda” lettera, ecc.” . Problema: in genere i brani brevi si discostano in modo sensibile dalle frequenze medie, e sotto le cento lettere la crittoanalisi può essere molto difficile.
• Nel 1969, George Perec scrisse ”La disparition”, un romanzo di duecento pagine in cui non comparivano parole contenenti la lettera ”e”. Fatto ancora più notevole, Gilbert Adair riuscì a tardurre il libro in inglese rispettando il desiderio di Perec di omettere le ”e”.
• Disco cifrante. Leon Battista Alberti, nato nel 1404, pittore, musicista, poeta, filosofo, autore di uno dei più antichi studi scientifici sulla prospettiva, di un’orazione funebre in morte del suo cane e di una monografia sulla mosca, fu anche l’inventore della prima macchina per cifrare, chiamata "disco cifrante". Formata da due dischi di rame sovrapposti di diametro leggermente diverso, capaci di ruotare l’uno rispetto all’altro, ciascuno con un alfabeto lungo la circonferenza, serviva a crittare un messaggio con il sistema di Cesare.
• Nel Settecento, ogni grande potenza europea aveva un centro di decifrazione die messaggi in codice e di raccolta di informazioni riservate chiamata ”camera nera”.
• Nella seconda metà dell’Ottocento la gente comune fu presa da una grande passione per le scritture segrete. Nell’Inghilterra Vittoriana i giovani innamorati, non potendo esprimere liberamente i loro sentimenti, si scambiavano romantici messaggi cifrati sugli spazi a pagamento dei giornali, che furono subito ribattezzati ”agony columns”, colonne dei sospiri.
• Per risparmiare sul prezzo delle lettere (uno scellino ogni cento miglia), gli inglesi di epoca vittoriana praticavano dei forellini minuscoli sotto alcune lettere delle prime pagine dei giornali (recapitati gratis). Le lettere contrassegnate formavano frasi che il destinatario, al corrente dello stratagemma, ricostruiva con facilità.
• Nel 1918 l’inventore tedesco Arthur Scherbius creò Enigma, una versione elettromagnetica del disco dell’Alberti che sarebbe passata alla storia come uno dei più temibili sistemi crittografici mai realizzati. La macchina, del peso di dodici chili, in un primo momento fu rifiutata da uomini d’affari, diplomatici e militari perché costava troppo (circa sessanta milioni di lire attuali). Tra il 1930 e il 1940 le forze armate del Reich ne avrebbero acquistate più di trentamila esemplari, ma Scherbius non visse abbastanza per assistere all’ascesa e alla caduta del suo dispositivo per crittare: nel 1929, guidando un calesse, perse il controllo dei cavalli e finì contro un muro. Fece una brutta fine anche Alan Turing, il grande matematico inglese che violò il codice Enigma: nel 1954, dopo essere stato pubblicamente umiliato per la sua omosessualità, si chiuse in camera da letto, immerse una mela in una soluzione al cianuro, e la morse.
• Durante la Prima guerra mondiale i crittoanalisti dovettero fronteggiare una enorme quantità di informazioni cifrate. Si stima che i messaggi radio tedeschi captati nel corso del conflitto abbiano contenuto cento milioni di parole.
• Quando l’America entrò nella seconda guerra mondiale, i navajo erano così ansiosi di combattere per la loro terra che alcuni mentirono sulla loro età, altri ingurgitarono acqua e banane fino a raggiungere il peso minimo di 55 chili richiesto per poter prestare servizio militare. I marines utilizzarono 420 navajo per trasmettere messaggi segreti nel loro dialetto, incomprensibile perfino alle altre tribù indiane. Per i vocaboli inglesi militari o tecnici, intraducibili in navajo, fu necessario costruire un apposito lessico ispirato per lo più alla natura: l’aereo spia diventò gufo, le bombe ”uova”, il veicolo anfibio ”rospo”, l’incrociatore ”balena” e così via. Gli ufficiali superiori erano ”capi guerrieri”, i mortai ”armi tonanti accovacciate”.
• Secondo gli eruditi del Seicento, i geroglifici dovevano essere ”semagrammi”, ovvero elementi di una scrittura primitiva che tendeva a dpingere i pensieri e corrispondeva non a suoni linguistici ma a concetti. Partendo da questo presupposto, il gesuita tedesco Kircher, nel 1652, pubblicò un dizionario di interpretazione allegoriche dal titolo ”Oedipus aegyptiacus”, e su quello si basò per una serie di traduzioni tanto affascianti quanto errate. Ad esempio, la manciata di geroglifici che oramai sappiamo rappresentare semplicemente il nome del faraone Apries, Kircher li aveva tradotti così: «I benefici del divino Osiride vanno procurati per mezzo di cerimonie sacre e della catena dei geni, affinché i benefici del Nilo siano otenuti».