Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 15 dicembre 2001
ìParole a fette. Nomi e soprannomi dei salumi italianiî
• Porcus singolaris. Secondo alcuni storici il nome ”maiale” deriva dalla dea Maia a cui era spesso sacrificato.’Cinghiale”, invece, dal latino ”porcus singularis”, ”animale che vive solitario”.
• Statuette. I primi maiali domestici furono allevati in Mesopotamia, Egitto, Iran e Iraq prima del 6.500 a. C. Una statuetta sumerica, datata intorno al 2.500 a. C., rappresenta un maiale grasso, privo di setole, le orecchie lunghe e pendenti.
• Insicia. Anticamente la carne di animale conservata sotto sale era chiamata ”botulus” o ”insicia” (da qui, la parola ”insaccato”).
• Salamen. Nel Quattrocento il termine ”salamen” indicava il pesce salato, spesso di cattiva qualità (il Nascia, cuoco alla corte dei Farnese a Parma, chiama il luccio ”Salame di Luzzo”). Fu in questo periodo che la parola ”salame” fu usata per descrivere un individuo ottuso, dalla testa dura, proprio come il pesce secco o ”salamen”.
• Once e libbre. Il termine salame nel senso di insaccato compare per la prima volta nel XVII secolo, quando l’agronomo bolognese Vincenzo Tanara ne rivela la ricetta: carne magra e grassa pestata con il 6 per cento di sale e 12 once di pepe ogni cento libbre di carne.
• Brodo di terza. Ricetta del ”brodo di terza”: 50 per cento di brodo di bovino, 40 per cento di brodo di gallina, 10 per cento di brodo di salame.
• Mortadella. Secondo alcuni studiosi la parola mortadella deriverebbe dal latino ”murtatum”, ”carne finemente tritata nel mortaio” (nel 1376 la Corporazione bolognese dei Salaroli aveva per stemma un mortaio con relativo pestello). Tuttoggi la mortadella è composta da una parte di carne magra finemente triturata e da una parte grassa tagliata a cubetti.
• Lardo. La parola lardo, dal latino ”laridum”, forse collegata ai Lari, ai quali si sacrificava una piccola parte di grasso sottocutaneo del maiale.
• Speck. In tedesco significa ”lardo” o ”ciccia”, in italiano è la coscia di maiale aperta, disossata, stesa, salata e affumicata.
• Cervellata. Fino al secolo XIX, nella zona di Milano, si insaccava il lardo con spezie, formaggio e zafferano. L’impasto, simile nell’aspetto a un cervello e perciò battezzato ”cervellato” o ”cervellata”, era molto usato per condire il riso, specie quello alla milanese.
• Bresaola. La parola bresaola da ”sal” (sale) e ”bre” o ”bront”, termini preromani che significano entrambi cervo. Etimologicamente, dunque, la bresaola è ”carne di cervo salata”.
• Finocchiona. Salume toscano del territorio fiorentino e senese, condito con semi di finocchio selvatico. Nell’antichità, sembra che il finocchio fosse usato in quantità enormi quando il salume, di cattiva qualità, non aveva un buon sapore.
• Strologhi. Nella pianura padana, vicino al Po, si chiama ”strolghino” un salame a breve stagionatura, preparato col primo tratto intestinale del maiale. Considerando il clima umido delle zone in cui è prodotto, gli antichi credevano che sarebbe venuto bene solo grazie ai riti magici di un astrologo o ”strologo” (da qui, il nome del salame).
• Persutto. Anticamente il prosciutto, ottenuto prosciugando la gamba del maiale col sale e l’aria calda del fuoco a legna, si chiamava ”prosciugato”, ”presciutto” o ”persutto” (dal latino ”pre-exsuctus”). I primi prosciutti li fecero gli Etruschi intorno al 500 a. C.
• Violino. Il prosciutto di pecora, capra o capriolo della Valtellina e del Piemonte è chiamato Violino per via della foma ma anche per l’abitudine di tagliarlo poggiandolo al petto come fosse un violino.
• D’Annunzio. Il culatello, fatto con la parte carnosa posteriore della coscia o culatta del maiale. Una volta Gabriele D’Annunzio fece notare che siccome deriva da culatta il salume non dovrebbe chiamarsi culatello ma ”culattello”.
• Clemenceau. Lo statista Clemenceau a proposito dell’’andouillette”, salsiccia francese fatta con maiale, pepe, vino, cipolle e spezie: ”L’andouillette è come la politica. Entrambe, per essere gustose, devono sapere un poco di merda”.
• Spose feconde. Il termine sugna dal latino ”axungia”, che vuol dire ”unzione”: col grasso di maiale si ungevano infatti gli stipiti della porta dove sarebbe passata la novella sposa, per augurarle la stessa fecondità della scrofa.
• Vulva. La parola ”porcellana” dal latino ”porca”, ”femmina del porco”. La vulva della porca, assai pregiata nella cucina romana, una volta bollita assumeva un aspetto bianco, traslucido, simile appunto alla porcellana.