Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 16 giugno 2001
I Riti
• Nel Medioevo il tempo era scandito dalla Chiesa, che introdusse allora, tra l’altro, la settimana: per misurarlo e annunciarlo la campana, incorporata nell’edificio religioso. La Chiesa si preoccupava soprattutto di regolare il ”tempo per amare”, vietando agli sposi le relazioni sessuali durante alcuni periodi e giorni dell’anno. Alcuni divieti erano legati al calendario mestruale della donna (si riteneva che i bambini nati durante le mestruazioni sarebbero diventati lebbrosi). Sospeso soprattutto nei giorni religiosi sacri (Quaresima, giorni e vigilie di feste), il tempo sessuale era perciò discontinuo.
• Intorno al 1200 si afferma un sistema di contabilità dell’aldilà, per calcolare il tempo da passare in purgatorio, in funzione delle preghiere, elemosine e messe compiute da parenti e amici per il defunto. Il caso dell’usuraio di Liegi, riscattato dalla moglie al 100 per cento in quattordici anni (citato nel trattato di un cistercense tedesco del 1220).
• Nel XIII secolo, all’Università di Parigi si organizzava ogni anno una discussione sul tema: «Gesù ha mai riso una volta durante la sua vita terrestre?».
• «Il Signore si è fatto carico di tutte le passioni corporali inseparabili dalla natura umana, come la fatica. Si è anche rivestito dei sentimenti che testimoniano la virtù di una persona, per esempio ha manifestato una passione per gli afflitti. Tuttavia, come attestano i racconti evangelici, non ha mai ceduto al riso. Al contrario, ha definito infelici coloro che si lasciano dominare dal riso» (San Basilio, nelle Grandi regole).
• La condanna del riso nei monasteri derivava dal suo legame col corpo: l’uomo dispone di orifizi per filtrare il male proveniente dall’esterno, gli occhi, le orecchie e la bocca. Le Regole monastiche parlano di "lucchetto della bocca" e "barriera dei denti": la peggiore lordura della bocca è il riso e bisogna fermarlo prima che esploda
• Osculum. Momento simbolico durante l’investitura feudale, l’osculum vassallatico, bacio sulla bocca, ore ad os, tra signore e vassallo, per lo scambio degli aliti e della saliva (quando era coinvolta una donna era sufficiente un bacio sulla destra della bocca). Come lo scambio di sangue nelle alleanze solenni, in origine serviva a trasmettere la forza vitale e un magico passaggio di poteri. Poi, come il bacio rituale del fidanzamento, segnò l’ingresso in una comunità familiare non naturale, come, appunto, il matrimonio
• ”Parentele implicanti lo scherzo”: in società africane del Medioevo alcuni rapporti di parentela, per esempio tra genero e nuora, si devono manifestare attraverso scherzi.
• Quando Yahvé comparve a Sara, novantenne, e ad Abramo, centenario, per annunciare che avrebbero avuto un figlio, i due si misero a ridere. Per questo, quando il bambino nacque, l’anno seguente, lo chiamarono Isacco, ”riso”.
• Gab, lo scherzo feudale tipico dei guerrieri nel tempo dedicato agli svaghi: si faceva a gara a chi la sparava più grossa (il minimo era tagliare con un sol colpo di spada cavaliere e cavallo). Una canzone di gesta racconta di quella spia che, sentendo i gabs di Carlo Magno e dei suoi dodici pari, li scambiò per racconti veri e scappò via terrorizzata.
• Nei documenti dell’XI secolo il donante è chiamato hilaris dator. Siccome le donazioni erano diminuite e fatte sempre più malvolentieri, si impose questa formula rituale, affinché il donatore non si limitasse ad elargire, ma si dimostrasse pure contento di farlo
• San Francesco d’Assisi ai suoi fratelli: «Siate sempre, nelle tribolazioni, di fronte a quelli che vi tormentano, hilari vultu» (’col volto gioioso”). Prendendo alla lettera l’insegnamento del santo i giovani frati del convento francescano di Oxford si lasciavano andare in grandi crisi di pazze risate, finché non intervenne la gerarchia francescana per arginare il fenomeno.
• San Martino. L’impassibilità di San Martino secondo Sulpicio Severo: "Illuminato dall’ospite che dimorava in lui, Cristo, egli portava sul suo viso una grande allegrezza: come non lo si vide mai triste, così non si vide mai nemmeno che ridesse".
• Eutrapelía. Per i Greci l’uomo eutrapelico è colui che fa uso del riso trovando il ”mezzo tra il troppo e il troppo poco”. Con i cristiani l’eutrapelía diventa sinonimo di scurrilitas, ”buffoneria maleducata”, di stultiloquium, ”parola insensata”. San Paolo, nella Lettera agli Efesini, cita l’eutrapelía tra i vizi da cui deve guardarsi il cristiano. Nel Pedagogo Clemente Alessandrino definisce eutrapelía gli scherzi grossolani che avvengono durante i pasti
• Definizione del monaco nel Medioevo: «colui che piange».
• Umiltà. Dalla Regola dei quattro padri: «Se qualcuno viene scoperto a ridere o proferire scherzi, ordiniamo che, per due settimane, tale uomo, in nome del Signore, sia represso in ogni modo con la frusta dell’umiltà».
• La regola orientale: «Se uno dei frati viene sorpreso a ridere e a giocare volentieri con dei bambini verrà avvisato tre volte; se non cessa, sarà corretto con la punizione più severa».
• La regola di San Colombano: «Colui che avrà riso di nascosto durante l’uffizio, sarà punito con sei colpi. Se scoppia a ridere, digiunerà, a meno che non l’abbia fatto in modo perdonabile».
• Tra le teorie formulate dagli studiosi del riso, quella della distensione o del risparmio: il riso risparmia a colui che ride comportamenti che sarebbero più difficili sia nella loro manifestazione sia in ciò che implicherebbero