Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 marzo 2002
Benigni si è ”materializzato” sul palco dell’Ariston alle 22
• Benigni si è ”materializzato” sul palco dell’Ariston alle 22.32. Giacca e calzoni blu, camicia bianca, sorrideva e saltellava «come un giullare di corte». Poi ha allargato le braccia. «Sono qui per un atto d’amore perché i comici sono zuppi d’amore. Non gli si può chiedere di essere anche santi. I comici vanno protetti, perché sono un regalo del cielo. Infrangono le regole, sono maestri dei passaggi proibiti». Quindi, rivolto a Baudo: «Questo è un festival pornografico. Gli argomenti principe sono diventati il tuo pisello e i tuoi capelli. Una volta solo io ero abilitato a mettere le mani in quei posti. Io sono arrivato anche prima della signora Ricciarelli». Dopodiché gli è balzato addosso «come una furia» e lo ha smaneggiato «per alcuni interminabili secondi» mentre urlava «ho sentito una cosa spaparanzata, un carciofaccio, sembrava un uovo: ecco dove Ferrara l’ha nascosto». Fine della gag: «Ora lo so: i capelli sono veri, è il pisello che è finto». Quindi è tornato su Ferrara: «Non c’è. Sennò l’avrei visto. Quando ha chiesto cinquanta biglietti a Saccà, erano tutti per lui. Non ho avuto mai paura: perché sapevo che, venendo da Roma a Sanremo, l’uovo l’avrebbe mangiato prima di arrivare. Comunque gli voglio bene». Di nuovo sui piselli: «Come ce l’avrà quel politico che racconta barzellette e fa le corna? Ma sììì, Silvio Berlusconi? Non c’ha nulla, secondo me, lui ha tutta una situazione: il falso in bilancio, le rogatorie, tutto... Ferrara invece non se l’è mai visto: eppure dovrei averlo, continua a chiedersi». Sulla Rai: «Gasparri alle Telecomunicazioni, Baldassarre alla Rai. E Melchiorre? Il terzo re magio lo vogliamo trovare o no? Alla Rai vogliono fare cose di qualità: quindi Baudo sei spacciato. Biagi lo vogliono mettere nella spazzatura: l’anno prossimo gli daranno Sanremo». Quando entrano in scena Arcuri e Belvedere «dà di matto, comincia a mugolare ”Mamma mia, mamma mia”, quindi implora: ”Fatemi andare un secondo sotto la gonna dell’Arcuri, esco subito”, lei tenta di scappare, lui le alza il vestito. Poi punta sulla Belvedere. Che grida: ”Ho la gonna chiusa”. Si rassegna: ”Faccio mio il grido di Borrelli: resistere, resistere”».
• Benigni si è esibito in una riedizione del suo Giudizio Universale: «Il Padreterno comincia a giudicare i politici: ”Da questa parte quelli che hanno risolto il conflitto d’interessi, di là quelli che non l’hanno risolto... Berlusconi dove sta andando?... Di qua quelli che hanno promesso di aumentare le pensioni, di là gli altri... Berlusconi dove sta andando?». Infine gli auguri. «Al presidente Rai Baldassarre, che ha avuto belle parole per me. Al presidente Ciampi e signora, che devono stare lì a far funzionare giustizia e bellezza. E a Berlusconi, con l’augurio che ognuno di noi quando va a letto si senta orgoglioso di essere italiano, buon lavoro presidente!».
• Sul palco dell’Ariston il comico toscano ha anche cantato una canzone del premio Oscar Nicola Piovani, ”Come t’ho amato”. Secondo Curzio Maltese si tratta senz’altro della più bella tra quelle sentite al Festival 2002, del quale è da considerarsi dunque la vera vincitrice: «Benigni ha vinto il suo Festival e perfino quello della musica».
• L’ex ministro Alfredo Biondi, «elegantissimo in smoking in prima fila all’Ariston, ha riso e ha applaudito e si è alzato in piedi per omaggiare l’irresistibile performance del nostro premio Oscar».
• Niente verdura, nemmeno un uovo. «Non è successo niente. Ripetiamolo, scandendo le parole: non-è-successo-niente. Il direttore extralarge quando è arrivata l’ora X ha dato ”vigliaccamente” forfait» (Aldo De Luca). «Nemmeno un filo di quella contestazione minacciata dalle brigate ”Tebaldi”. [...] Ci fosse Giuliano Ferrara, sarebbe forse costretto a rendere l’onore delle armi. Ma non c’è, il direttore del ”Foglio” ha alimentato fino all’ultimo minuto l’attesa della contestazione. Ha detto: ”Sono a un tiro di schioppo da Sanremo”. Il gioco ha tenuto sul chi vive plotoni di giornalisti e di funzionari, anche se nessuno s’èsognato di ordinare perquisizioni del pubblico all’ingresso del teatro» (Fabrizio Ravelli).
• Le uova contro Benigni sono state sei. «Passano soltanto tre secondi tre e parte il primo uovo contro la televisione, poi il secondo, il terzo. Fino a sei uova, nemmeno un ortaggio. Dopo una giornata di frenetici depistaggi (per tutta la mattina e il pomeriggio lui ha fatto credere di essere a Nizza, a Parigi, nei pressi di Sanremo, nel centro di Sanremo e sempre al telefono con Agostino Saccà) Ferrara si prepara al grande show nella sua casa nella Maremma. Anselma Dell’Olio aveva fatto incetta di uova (cinquanta). Pochissimi gli amici chiamati a presenziare alla cerimonia della derisione. Il telefono di casa spento. Spento anche il telefonino. Il tempo passato cucinando un caciucco alla livornese. A dichiarare in tv di star marciando a Sanremo. A guardare l’appassionante match tra Inter e Juventus. E infine, alle 22 e 30 in punto, il lancio rituale delle uova sull’icona del ”comico governativo”» (Pierluigi Battista).
• La pressione psicologica è riuscita in pieno. «Il tempo di pulire lo schermo e poi il televisore viene riacceso. Ferrara sembra deliziato dallo spettacolo. ”Baudo è letteralmente terrorizzato, Benigni lo vedo in difficoltà, è pallido, suda più di me, fa il buono, non morde. Ha paura. è fatta, è fatta. La pressione psicologica è riuscita in pieno”. Quando Benigni parla e riparla d’amore commenta: ”Furbacchione, parla d’amore per far vedere che contro di lui c’è stata una campagna d’odio”. Ride quando la telecamera riprende Saccà che si piega un po’ platealmente per le risate: ”Vedo male Donzelli e Zanda, che dovranno fare un girotondo per difenderlo fino alla morte”. E poi: ”Non fa ridere, non fa ridere. Ma perché tutti dicono che fa ridere? Quasi quasi mi fa tenerezza. Mi pare che stia al gioco. Mi è quasi simpatico. No, simpatico no. è il classico furbacchione di regime”» (Battista).
• Il regime, il regime. «Prima dello show benignesco Ferrara si chiedeva che cosa potesse significare l’ossessivo toccamento di parti basse che contraddistingue questa edizione di Sanremo. Quando vede che anche Benigni sfiora, strizza, tocca e ritocca, commenta: ”Fanno tutti la stessa cosa, è il regime. Benigni fa il timido, attacca poco, anzi non attacca per niente Berlusconi. Si è intimidito, come avevo previsto. Gli avrei tirato le uova anche se non avesse parlato di Berlusconi perché avrebbe dimostrato di essere un vigliacchetto. Parla poco di Berlusconi, sembra quasi che ogni volta se ne voglia scusare”» (Battista).
• Benigni è un poeta comico o un comico poeta, «come ha capito tutto il mondo. Poetico qualsiasi cosa dica, qualsiasi argomento tratti, dal pisello di Pippo Baudo in su. Uno che ha la grazia di trasformare perfino la m... in sublime, come nel suo straordinario ”Inno del corpo sciolto”. Ed è forse questo che gli attira l’odio di chi, in genere, riesce naturalmente nell’operazione opposta» (Curzio Maltese).
• Al direttore dispiace che si sappia dove si è esattamente svolta la cerimonia del lancio delle uova: «Avrei dovuto dire di seguire tutta la serata di Sanremo ad Arcore, in compagnia del Cav. e del cuoco Michele. Ci avrebbero creduto tutti e magari avrebbero fatto una interrogazione parlamentare per la grave emergenza democratica».
• Il ”geniale” collegamento di Gianni Ippoliti con Ferrara, città dei tortelloni di zucca.
• Da vent’anni il premio Oscar prende per i fondelli la sinistra. Luca Barbareschi: «Quando parla di politica dovrebbe citare di più la sinistra, e non solo Fassino, che è il migliore. Quello di Berlusconi rimane un problema edipico. Il richiamo finale alle tre presidenze la dice lunga: vuole essere ecumenico piuttosto che trattare male. è un genio del marketing. è l’uomo meno politico del mondo. Gioca benissimo con due note, a partire da Madonna maiala, e fa apparizioni straordinarie una volta all’anno: è bravo e ha fiuto, in un paese in stallo narrativo. Benigni non fa scandalo ma fa incassi. Tanto di cappello, intendiamoci. L’hanno capito Mamet e Spielberg, che a proposito del suo film hanno parlato di ”Shoah-business”. La sua forza è la simpatia, e l’intelligenza. Ha preso per i fondelli la sinistra da vent’anni, baciando e abbracciando i D’Alema di turno, ma come tutti i veri artisti è egoista di fondo, settario. Una cattiveria di segno positivo, per me».
• Benigni non ha risposto alle provocazioni. «Lo show, che avrà deluso qualcuno dopo le enormi aspettative create dai media, ha avuto il sicuro merito di riportare le cose alle giuste proporzioni. La comicità è la comicità, la politica dovrebbe essere un’altra cosa. Un bel strano Paese quello dove l’apparizione di comico a un festival solleva un gigantesco caso politico. La leggerezza di Roberto ha fatto risvegliare tutti dallo stato di sovreccitazione febbrile. Quanto ai suoi nemici, com’era previsto che non sarebbero venuti, così ora è prevedibile che rivendicheranno il successo dell’intimidazione. Diranno che il comico ha avuto paura delle uova, che voleva tenere un comizio e non l’ha più fatto. Tanto, qualcuno che crede all’immensa chiacchiera nazionale si trova sempre» (Curzio Maltese).
• Il comico toscano tratta i telespettatori come fossero tutti preda dell’Alzheimer. Luca Barbareschi: «Da 20 anni, da quando inventò il ”wojtylaccio”, fa sempre le stesse cose, che sia ospite di Letterman o di Baudo. Gli basta fare un’incursione sul video ben strombazzata anche una sola volta l’anno, giusto per dare il tempo ai telespettatori di dimenticare quella precedente, come fossero tutti in preda all’Alzheimer».
• Un vecchio comico comunista che sembra diventato dc. Quella di Benigni è stata «l’esibizione di un grande personaggio, certo, che quando dice il suo ”Dan’a’mente” commuove i cuori induriti. Ma, pure l’esibizione di un vecchio comico comunista che sembra diventato dc. O almeno convertito, assorto nel pensiero di Dio e della Madonna. Parla del pisello di Baudo e ne tocca gli attributi, esagera, qualche spettatore lo trova volgare (’perché gli altri devono essere definiti tali se lo fanno e lui no?”), qualcun altro lo trova candido. Qualcuno è deluso, qualcuno compiaciuto. Si può pensare che abbia rinnegato la sua parte politica, o semplicemente che si sia evoluto, o forse convertito. Realizza un bel momento televisivo, oggettivamente raro (si dice molto ma molto ben pagato). Grande, comunque, proprio perché riesce a scuotere le indifferenze, a dividere le coscienze e gli occhi assuefatti alla volgarità» (Alessandra Comazzi).
• La Dc per mezzo secolo si è offerta senza problemi ai lazzi della satira. «Rimane un mistero che la scienza politica non riesce a spiegare: perché il nuovo potere ha così tanta paura della satira? Dopo tanti drammi per qualche battuta di Luttazzi o Gnocchi, era inevitabile la tragedia sul monologo di Benigni. Perché questi nervi scoperti, perché tanta rabbia e furori di vendetta? La Dc che, nel bene o nel male, era una cosa seria, per mezzo secolo si è offerta senza problemi ai lazzi della satira (Curzio Maltese).
• Emiparesi. Marcello Veneziani: «La cosa patologica in questa vicenda è l’attenzione eccessiva, politica e culturale, riservata sia al Festival di Sanremo che alla satira. Vedere Benigni come una sorta di pronunciamento mi pare davvero un brutto segno per la temperatura del nostro paese. Dall’altro lato, non credo fosse giusto auspicare né ortaggi né censura. Bisogna lasciare libero sfogo, anche se è un po’ deprimente questa satira con l’emiparesi perché ride soltanto con il fianco sinistro».
• Una sinistra frustrata, ridotta a pascersi di indignazione. «è tutto uno scherzo, è tutta una farsa. Giuliano Ferrara ha minacciato di mobilitare le sue brigate ”Tebaldi” contro Roberto Benigni, di rispondere con il lancio di uova e ortaggi alle attese provocazioni contro Berlusconi e compagnia. E subito una sinistra frustrata, ridotta a pascersi di indignazione, si è prestata al suo gioco. In accordo con una parte della destra, preoccupata di legittimarsi come pluralista dopo la conquista della Rai. Non si è riflettuto abbastanza che, col solo fatto di proclamare le sue intenzioni, Ferrara veniva a smentirle, almeno nella loro forma più aggressiva (anche perché un più che modesto servizio d’ordine sarebbe bastato a contenere le intemperanze). [...] Del resto, non si basano sullo scherzo, sulla presa in giro, certi episodi che hanno animato di recente, a livello istituzionale e sociale, la vita italiana? Non è soltanto Bossi che, con la consueta rozzezza, ringhia all’Europa definendola Forcolandia, salvo poi a sfumare e distinguere per non imbarazzare troppo Berlusconi. Prendiamo Maroni, il ministro del Welfare, che arriva a spaccare l’Italia sulla modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: promettendo inflessibilità, piegandosi al tiramolla, tirandosi alla fine indietro con la scusa di non essere stato capito. E il Petrolchimico di Gela? In applicazione della legge, rischiava di essere paralizzato, di suscitare una sommossa di popolo. Ma è bastato un decreto-piroetta per stabilire che i residui di petrolio usati come combustibile non sono così pericolosi come si credeva. Che la città più inquinata d’Italia gode eccellente salute. Il cancro (evocato dalle prime stime) può attendere. E mettiamoci, a benedicente sigillo, il Padre Pio di Messina che s’è messo a piangere: con buone ragioni, se fosse stato vero, bastava che si guardasse in giro. Mentre era vittima, anche lui, del trucco volgare di un tossico che aveva imbrattato di sangue la sua statua. C’è da stupirsi se, in un tale contesto, anche Ferrara abbia giocato a fare l’’artista”, il cane da guardia di una destra che, in più occasioni, si è impegnato a stimolare e sferzare? Che, più alla buona, abbia voluto lanciare il suo tonitruante ”lasciatemi divertire”?» (Lorenzo Mondo)
• ”Brigate Tebaldi” contro ”Brigate Mollica”. «La beffa di Ferrara è stata variamente definita come ”marinettata”, ”gesto post dannunziano”, ”cialtronismo eroico” (chiari i riferimenti agli anni Trenta). Se l’avessero ordita altri, sarebbe invece stata una trovata ”situazionista” (fa più fino). Le Brigate Tebaldi (virtuali) contro le Brigate Mollica (tangibili). Due a due, palla al centro e impariamo a sorridere, a dare la giusta dimensione alle cose. Il messaggio forte del Festival di Pippo, che ha riportato la canzone al centro della scena eccetera, è che la canzone italiana non solo interessa poco ma probabilmente non esiste più (esistono alcune belle canzoni, alcuni bravi interpreti). E forse sta qui la genialità e il fascino di Sanremo: una Grande Festa del Niente cui tutti siamo chiamati, cui tutti amiamo offrire qualcosa. Chi parole, chi uova, chi chiacchiere. Questa è la sola, splendida evasione che le canzoni festivaliere sanno regalarci!» (Aldo Grasso).
• Macché Benigni, Ferrara, Baudo, Belvedere, Arcuri, Matia Bazar. Il gentiluomo napoletano dotato di canotta, bicipiti e codona di cavallo che saltellava intorno a Nino D’Angelo suonando il tamburello, da molti, con scorrettezza politica ma con autentica ammirazione, definito ”il tamarro”, ”è la presenza più energetica (nonché tamarra, ma in senso grandioso) del Festival di Sanremo 2002".