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 2002  maggio 06 Lunedì calendario

La Fiat resterà presto senz’auto?
«Lex Column del ”Financial Times” lunedì scorso ha annunciato e quasi consigliato il disimpegno esercitando l’opzione per la vendita a General Motors»

• La Fiat resterà presto senz’auto?
«Lex Column del ”Financial Times” lunedì scorso ha annunciato e quasi consigliato il disimpegno esercitando l’opzione per la vendita a General Motors»
• A che prezzo? «Gli americani due anni fa pagarono 2,4 miliardi di dollari per il 20 per cento di Fiat Auto con un meccanismo che consente al Lingotto di cedere a GM il resto al ”giusto prezzo”. Negli ultimi due anni la casa torinese ha praticamente prosciugato il capitale. Dovrà essere ricostitutito, cioè riportato a 1,8 milioni di euro, che verranno reperiti all’interno, senza l’intervento di soci, ricorso al mercato, nuovo indebitamento. In questo momento il ”giusto prezzo” sarebbe dunque un po’ basso. Sarebbe una scelta gravosa, il titolo Fiat si trova molto deprezzato e sottovalutato. Una scorciatoia non facile, né felice, un po’ come uscire sui minimi» .
• Come funziona questo ”put” che si legge sui giornali? «Dal 2003 al 2009 la Fiat può esercitare il ”put”, cioè la vendita alla General Motors, sul suo 80 per cento della società. , contrariamente a quanto avviene quasi sempre in casi analoghi, un diritto unilaterale: non esiste cioè un simmetrico ”call”, acquisto, da parte del socio» .
• Gli analisti sono stati critici su questo punto. «Dicono: a cosa serve un put se non è accompagnato da un call dove si fissa a priori il prezzo cui la Fiat venderà il suo pacchetto? Se, nel 2003 o quando deciderà di esercitare il put, l’auto starà attraversando una delle sue cicliche crisi, non rischia Torino di dover svendere la sua partecipazione? Tanto più che il put sarà esercitabile a prezzi di mercato».
• Allora? «Il meccanismo è congegnato in modo tale da salvaguardare la Fiat. Non tanto perché il prezzo sarà stabilito da quattro banche d’affari, ma perché Torino è libera di accettarlo o meno. Ammettiamo che sbagli, che scelga una tempistica del put disgraziatamente infelice, e che di conseguenza le banche individuino un prezzo non conveniente. Ebbene, la Fiat può rifiutarlo, può liberamente fare dietrofront e dire che a quei valori non ha più intenzione di vendere. Nei sei anni concessi, i vertici del Lingotto possono esercitare il put due volte: è difficile, se mi passa la metafora tennistica, sbagliare la seconda palla di servizio dopo aver sbagliato la prima».
• E lo ”spin-off”? « un’altra opportunità lasciata alla Fiat dal contratto: cioè la vendita separata di alcuni pezzi della società qualora il mercato ne desse una valutazione conveniente, oppure la sua quotazione in borsa. Rispetto a queste due opzioni, Torino verso la GM non ha nessun obbligo, salvo quello, ma qui più che finanza è galateo, di comunicarle le sue decisioni».
• Fiat può vendere il suo 5,15 per cento di GM? «Anche subito, se Wall Street apprezzasse il titolo della casa di Detroit al punto da rendere interessante la plusvalenza».
• Gli Agnelli possono vendere la Fiat a qualcun altro? «Come no, e possono vendere pure il 20 per cento della GM. In uno studio notarile è depositata una scrittura che obbliga Detroit a seguire qualsiasi decisione prenda Torino. Su questo gli americani hanno combattutto sino alla fine: volevano quello che in gergo tecnico si chiama un ”right of first refusal”, la possibilità di limitare la libertà della Fiat, obbligandola a offrire l’acquisto alla GM invece che a un terzo. Hanno ottenuto solo un ”right of first offer”, un semplice diritto di prelazione al prezzo deciso dalla Fiat esercitabile entro 25 giorni pena l’esclusione dai giochi. L’avvocato potrebbe chiamare anche stamattina il capo di GM e dirgli: ”Daimler-Chrysler mi offre per Fiat auto 20 miliardi di dollari, perciò vendo” e quello potrebbe solo rispondergli ”A quella cifra compro io”» .
• Perché gli americani hanno sottoscritto un simile contratto capestro? «Gli Agnelli si sono mossi come i socialisti ai tempi del pentapartito. Di fronte ai molti pretendenti, e oltre a Gm e Daimler c’era anche Ford, hanno mirabilmente fatto pendere l’ago della bilancia verso chi era disposto a garantire loro le migliori condizioni possibili».
• A quanto ammontano i debiti della Fiat? «Sei miliardi di euro a dicembre dell’anno scorso. L’obiettivo era di dimezzarli per fine 2003. Come? Vendendo assets non strategici per 2 miliardi quest’anno, più un altro miliardo il prossimo. Hanno già ceduto Magneti Marelli e Immobiliare San Babila della Toro, in tutto 400 milioni di euro. Entro giugno dovrebbe toccare alla Teksid, altri 400-500 milioni di euro. Poi ci sono 250 milioni per l’operazione CNH. E altri soldi potrebbero arrivare dalla quotazione in borsa della Ferrari. Anche se sono sempre più numerose le offerte di quanti la Ferrari se la vorrebbero comprare».
• Ho letto che i debiti arriverebbero a 35 miliardi di euro. «Chi fa i conti un po’ all’ingrosso dimentica che la maggior parte dei debiti sono soldi usati per supportare le vendite in tutto il mondo. Tutte le case automobilistiche fanno così. A fronte di quei debiti, insomma, ci sono i crediti verso la gente che paga le rate. E’ un’attività tipica del mestiere, ed è pure redditizia, tanto che a Torino pensano di ampliarla» .
• Una bella botta l’ha data l’Argentina. «Un duro colpo, simile a quello che arrivò tra il 1997 e il 1998 dalla crisi brasiliana. E anche la Polonia è andata male. Sono rischi che fanno parte del gioco, i mercati emergenti sono volatili, ma sono anche quelli dove in un prossimo futuro la crescita sarà elevatissima. Servono strutture industriali snelle, capaci di spostare forniture e produzione da una parte all’altra del network globale. Tant’è vero che Cantarella ha annunciato la chiusura di 18 stabilimenti, 16 dei quali all’estero, e 6.000 posti di lavoro in meno, tutti all’estero» .
• Adesso puntano alla Cina. «E fanno bene, visto che chi può corre a farsi l’automobile. Un paio di settimane fa ”Newsweek” ci ha addirittura fatto la copertina: ”China’s Car Craze”. La Palio viene prodotta negli stabilimenti di Nanchino, in joint venture con Yuejin Motor Group. Il prezzo, da 10.000 a 12.500 dollari, per molti è ancora troppo alto, visto che un operaio ne prende 100 al mese. Ma i giovani manager delle grandi città se la possono permettere. Hanno fatto uno spot in cui il team Ferrari assiste una famiglia cinese a bordo di una Palio come se fosse ai box in un gran premio» .
• Quante auto si vendono ogni anno in Cina? «Nel 2001 ne hanno immatricolate 750.000, su un totale di 5 milioni che viaggiano sulle strade del paese, quest’anno arriveranno a un milione e mezzo. Fiat conta di vendere 20.000 Palio quest’anno e 50.000 nel 2003».
• General Motors è uscita dalla crisi. « l’unica delle case statunitensi ad essere in stato di grazia, tant’è che è tornata sopra la soglia del 30 per cento sul mercato interno, e il recupero in borsa del titolo ha addirittura guidato la ”ripresina di primavera” di Wall Street. Hanno riaperto le linee sospese in alcune fabbriche, rilanciato gli ordini di produzione per il prossimo trimestre. Per questo molti analisti finanziari dicono che è arrivato il momento di comprare la Fiat. Ma al momento sono impegnati con tutte le loro energie sul mercato interno. Con una politica dei prezzi restrittiva e vincente, hanno costretto Ford e Chrysler a fare altrettanto, portandole al limite della profittabilità. Hanno riconquistato la vetta nel segmento principe in America, quello dei pick up, e riportato nella top ten due Chevrolet».
• Come fanno a far soldi con prezzi sempre più bassi? «Che domanda: riducono i costi. Bob Lutz, l’estroverso vicepresidente responsabile dell’intera gamma di prodotti del gruppo, da alcuni mesi ha preso a tuonare contro gli sprechi di materiale, perfino dettagli minimi come la guarnizione di gomma di un finestrino. Ha preteso la semplificazione dei modelli di fanali disponibili, equipaggiamenti di sicurezza come Abs e airbags laterali non sono più di serie ma vanno acquistati come optional» .
• Meno qualità, insomma. «Ai primi di aprile hanno dovuto richiamare 1,9 milioni di berline: un interruttore dell’iniezione tendeva a surriscaldare la guaina in plastica sprigionando vapori tossici a bordo della vettura».
• A che cosa serve la sinergia General Motors-Fiat? «Ci sono due piattaforme comuni, per le auto piccole e per quelle di gamma alta. La prima si trova a Torino, è la più grande del mondo, verrà usata per le auto ”medie” di Fiat e Gm, poi ognuno arricchirà il prodotto con componenti diverse. La piattaforma per le vetture più grandi è in via di realizzazione in Svezia, dove GM possiede la Saab. In questo modo si prevede un dimezzamento dei costi».
• In euro quanto fa? «Un miliardo l’anno: fare cinque milioni e mezzo di motori e cambi invece di due milioni e settecentomila consente di spalmare su un’altra dimensione i costi di ricerca e di progettazione; sommare gli acquisti di Fiat e Gm per l’Europa e per il Sud America dà un altro potere contrattuale verso i fornitori» .
• Il mercato europeo va male. «Molto male. Ha perso l’8 per cento a gennaio, il 12 a febbraio, più del 18 a marzo. La ciclicità dell’auto oggi è più marcata che in passato. Incide un clima recessivo più avvertito dal pubblico di quel che mostrano gli indicatori. Le attese sono ancora negative, e l’auto diviene sempre più uno strumento di trasporto, che peraltro percorre molta più strada di prima. Ciò porta a cambiarla solo davanti a una proposta attraente. Tuttavia chi fa vetture attraenti oggi non è detto che riesca anche domani. Si guardi a Nissan: era un disastro e in breve le politiche di Carlos Ghosn l’hanno rialzata. Può accadere anche alla Fiat. Indovinando un modello ci si può rialzare in fretta».
• La Ferrari invece va benone. «Sì, e non solo in Formula 1... Le auto di serie sono tornate oggetto del desiderio e producono utili per la bellezza di 47 milioni di euro grazie a bilanci in ordine, investimenti oculati e vendite in ben 43 paesi diversi».
• Quanto spendono gli italiani per comprare auto nuove? «Nel 2001 hanno speso 39,1 miliardi di euro, 75.708 miliardi delle vecchie lire. un mercato ormai di sostituzione, dove la gran parte dei clienti non compra la sua prima macchina ma ne cambia una esistente e allora, come recitano da sempre gli americani, ”Product is king”, il prodotto è re e deve smuovere il processo mentale che porta all’acquisto».
• La Fiat non riesce più ad incarnare ed evolvere i valori forti della marca: la Stilo sembra una Golf di serie B . «Qualcuno dice che il problema è lo stesso delle nostre squadre di calcio: troppi stranieri» .
• In che senso? «Guardi, neanche l’Inter ne ha così tanti: alla Fiat i responsabili del design sono un americano, un tedesco, un greco e lo spagnolo che li coordina. Il greco, Andreas Zapatinas, è quello più sotto pressione: è forte con le spider, il bozzetto prescelto per la Fiat Barchetta del 1995 era suo. L’americano Mike Robinson è il capo del centro stile del marchio Fiat, prima aveva lavorato al centro stile Lancia di Orbassano e firmato la Lybra e l’ammiraglia Thesis. un esuberante architetto di Seattle convertitosi al design indutriale a Los Angeles. Un estroso, pensi che in privato si vanta di essere l’unico dirigente del gruppo a non portare la cravatta. Deve rifare la Punto per il 2005, e rimettere mano alla nuova ammiraglia Fiat, attesa per il 2003. Alla Lancia c’è il tedesco Wolfgang Egger: oltre a studiare le forme della nuova Lybra, che non arriverà sul mercato prima del 2005, dovrà decidere cosa fare della Nea, uno studio di auto del futuro. Tutti e tre sono diretti da Humberto Rodriguez, un ingegnere spagnolo. Ma il vero problema, secondo molti, è un altro. Posso fare un altro paragone calcistico?».
• Prego. «Qualcuno dice che la Fiat è come il Milan, che da quando Berlusconi si è dato alla politica non vince più. Paolo Cantarella, l’amministratore delegato, era famoso per le frequenti incursioni nei centri stile per sostenere il taglio di una fiancata o la bombatura di un passaruota. Oggi al Lingotto non lo vedono più perché ha troppi impegni. E fanno la Stilo».