11 settembre 2016
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DI MAIO Luigi
• Avellino 6 luglio 1986. Politico. Del M5s. Deputato dal 2013. Vicepresidente della Camera (il più giovane nella storia della Repubblica). «È un Casaleggio senza capelli» (Beppe Grillo).
• Madre insegnante di latino e greco, padre proprietario di una piccola azienda di costruzioni e dirigente dell’Msi e poi di An, è il primo di tre figli: «L’ultimo, 9 anni più piccolo di me, fa il videomaker. Mia sorella, che ha solo un anno meno di me, si è appena laureata in Architettura». È cresciuto a Pomigliano d’Arco. «Da primogenito con un padre molto rigido – se tornavamo dopo l’orario che ci indicava non si usciva più – ho sentito più degli altri il peso delle aspettative: dovevo eccellere. Ma visto che non ero un gran studioso, dovevo cercare un’alternativa. Solo che non avevo particolari doti carismatiche e, soprattutto, non sapevo giocare a pallone. La mia passione, da sempre, sono piuttosto i motori e la Formula 1 – d’altra parte Pomigliano, con la Fiat, era la città dove le auto si collaudavano in strada. Al liceo classico però le cose sono cambiate: un’altra mia passione sono i computer e, quando sono capitato nella sezione sperimentale con indirizzo informatico, dove c’erano professori di matematica anche di una certa età che si erano dovuti convertire, è venuto naturale “aiutarli”: chiamavano per avere consigli e il weekend ero spesso a casa loro a riparare il computer. È nata quindi una relazione speciale, mi consideravano un loro pari. Quando si è trattato di eleggere il rappresentate di istituto, gli altri studenti mi hanno scelto. Serviva uno che mediasse» (a Sara Faillaci).
• Iscritto a Giurisprudenza a Napoli, non si è mai laureato. Alle Comunali 2010 prese 59 preferenze, non venne eletto e incontrò Grillo per la prima volta. Alle Parlamentarie del 2013 ottenne 189 voti, da lì l’entrata a Montecitorio e l’elezione a vicepresidente della Camera.
• «La scintilla per la politica per Di Maio non l’ha fatta scoccare Grillo o Gianroberto Casaleggio, ma Antonio Cassese, suo professore di Storia e filosofia ai tempi del liceo. “Mi disse che fare politica non significava essere rosso, bianco o nero, ma occuparsi delle cose concrete come il riscaldamento della nostra scuola”. Primi anni duemila: Di Maio diventa rappresentante degli studenti del liceo Imbriani per tre anni consecutivi e poi si ripete anche all’università Federico II dove è presidente del consiglio degli studenti. Abbandona la passione per il nuoto. Si immerge in letture che diventano i suoi punti di riferimento. La storia d’Italia di Indro Montanelli (scritta con Roberto Gervaso e Mario Cervi), Il libretto rosso di Pertini: un doppio pilastro a cui Di Maio aggiunge, in seguito, La cura di Michele Ainis. Proprio al periodo universitario (2007), risale la folgorazione per il Movimento. Una strada senza troppi frutti agli inizi. Anche suo padre Antonio, fedele al centrodestra – ex dirigente d’area An – non se la sente di votare il figlio. Tra banchetti, serate da cameriere in pizzeria per raccogliere fondi e kermesse vissute da spettatore – come la Woodstock 5 Stelle del 2010 a Cesena – fa il suo cammino. Si arriva ai giorni successivi all’elezione. Il Movimento deve scegliere un rappresentante istituzionale. Al ballottaggio vanno Di Maio e Massimo Artini, futuro dissidente, espulso dai Cinque Stelle lo scorso novembre: il deputato campano strappa il 70% dei consensi tra i suoi colleghi. Da lì è un crescendo. Partecipa ai tavoli con Matteo Renzi (che lo bolla come “tosto” nell’incontro-scontro con Grillo), diventa uno dei membri del direttorio. La base lo sostiene. Pochi mesi dopo lo sbarco in Parlamento, al Giffoni Experience, dichiara: “Mi sento un po’ come Superman che sta capendo che poteri ha”» (Emanuele Buzzi).
• «I commessi di Montecitorio all’inizio sbagliavano sempre. Perché Luigi Di Maio anche nel look è la negazione del prototipo del grillismo. Tanto i suoi compagni di partito – pardon, Movimento – si presentano alla Camera con look improbabili, tra il gruppettaro caciarone e il trendy paesano, tanto lui è sempre inappuntabile in completi grigio antracite, camicia bianca e cravatta d’ordinanza. Grisaglie un po’ tristi, per la verità, che rimandano più al burocrate di provincia che all’avvocato Agnelli. Ma tant’è. La zazzera tagliata di fresco, poi, completa l’affresco da primo della classe, di quelli che di solito piacciono alle mamme (e meno alle figlie). Nessuno può azzardarsi a sostenere che è anche per una questione di look che Di Maio sia diventato vice presidente della Camera. Ma l’abito, se non fa il monaco, a volte conta parecchio. Lui, da par suo, ha iniziato in sordina ed è venuto fuori – alla grande – alla distanza. Il proscenio grillino, nei primi mesi di legislatura, era infatti monopolizzato da altri: Vito Crimi e le sue gaffe, Roberta Lombardi e i suoi psicodrammi, ma soprattutto Alessandro Di Battista, il Brad Pitt del grillismo da Transatlantico. Belloccio e sbruffone, ha tenuto botta per settimane. Di Maio, nel frattempo, lavorava nell’ombra, imparando a danzare tra codici e regolamenti, facendosi molto apprezzare, riunione dopo riunione, dai suoi colleghi della presidenza. Con Roberto Giachetti (Pd), il sovrano incontrastato e “stazzonato” dei regolamenti d’aula, il legame è solidissimo. “È molto preparato, un po’ saccente, ma ad avercene alla Camera di gente come lui”, sussurrava un pezzo grosso di Forza Italia dopo qualche mese di legislatura» (Gianluca Rosselli).
• «Di Maio è sempre stato vissuto, a torto o a ragione, come il Cinque stelle presentabile che non rischia di dire castronerie su sirene e microchip, Cinque stelle educato che non si accapiglia con i colleghi del Pd, Cinque stelle che apparentemente non la spara grossa (ma poi si allinea al blog), Cinque stelle che, infine, quando Di Battista scivola per eccesso di volontà di “comprensione” sull’estremismo islamico, come all’indomani delle prime decapitazioni targate Isis, butta lì la frase involuta da diplomatico di Palazzo in stile Prima Repubblica: “Su Isis l’unico documento ufficiale del Movimento è la risoluzione che abbiamo presentato”, diceva Di Maio il delfino diverso dal prototipo» (Marianna Rizzini).
• «In ghingheri, perfettino, sorriso indecifrabile, modi che sarebbero piaciuti molto al Berlusconi di venti anni fa, l’incarico di vicepresidente della Camera, la non celata ambizione di poter correre, un giorno, da candidato premier (Fabrizio Roncone).
• Fidanzato dall’estate 2014 con Silvia Virgulti, dieci anni più grande di lui, nata a Casalmaggiore (Cremona), laureata in Glottologia all’istituto di Romanistica di Vienna, esperta di comunicazione televisiva e consulente del M5s. «Capitava spesso che le chiedessi qualche consiglio. A un certo punto è stato naturale baciarci, e da lì è stato un crescendo. Conviviamo in una casetta a Trastevere. Ho trovato finalmente una persona che condivide la mia passione e non se ne sente danneggiata: le mie due precedenti ragazze “importanti” erano gelose, la politica per loro era un’amante» (a Sara Faillaci).
• «Il sesso è fondamentale. Se non c’è sesso non c’è relazione. Il massimo è avere il sesso con l’amore».