L’Illustrazione Italiana, 23 luglio 1916
Il primo libro di guerra di Luigi Barzini (Il Giappone in armi)
Quando la casa Treves deliberava di pubblicare la raccolta degli scritti di Luigi Barzini, tanto desiderata dagli innumerevoli ammiratori del grande giornalista, si era lontani dal prevedere che una guerra europea, e poi la guerra nostra avrebbero offerto nuovo e così vasto campo alla sua attività. Scoppiata la guerra, si lasciarono da parte i volumi già in preparazione, per dare il passo a quelli che fissano in pagine palpitanti e superbe i lineamenti e gli orrori della tragedia presente. Ora tra l’uno e l’altro volume intorno alla guerra attuale, e mentre sta per uscirne uno nuovo intitolato: Sui monti, nel cielo e nel mare, gli editori, seguendo il primitivo disegno della raccolta, hanno pubblicato Il Giappone in Armi(L.4 –; in tela uso inglese, L.4.75). che è il primo libro di guerra del Barzini, e che uscendo ora nel fitto della mischia europea, ha assai più che un valore retrospettivo e letterario, prestandosi a singolari raffronti con la guerra che ci avvolge.
Sono le corrispondenze così vive e vibranti che stabilirono la grande popolarità di Luigi Barzini, e diedero alla fama del giovine giornalista italiano la prima sanzione mondiale. Egli le mandava dall’Estremo Oriente durante il periodo preparatorio della guerra russo-giapponese e durante le prime vittorie arrise in terra ed in mare ai piccoli indomiti figli del Sol Levante. Conservano tutta la freschezza di quando furono scritte nella capitale nipponica o al seguito degli eserciti giapponesi, meravigliosamente preparati dal punto di vista materiale, patriottico, spirituale e civile, e rivelano il segreto di un mondo sconosciuto, l’anima di un paese e di un popolo che, raccolta la sfida, tra la meraviglia del mondo, seppe rinnovare il gesto di David contro il gigante Golia. Ed hanno, questi capitoli di storia giapponese profumati di poesia e ardenti di eroismo, soffusi di leggenda e chiari di indomita volontà, un accento che ridiviene contemporaneo e quasi nostro; poiché le giornate della preparazione giapponese somigliano intimamente a quelle della preparazione italiana; poiché negli eroismi coi quali il formicolante esercito del Mikado si scaglia alla conquista dei monti presidiati dal nemico, è come il presentimento della gesta italiana che si rinnova; e le pagine di dolore, di ansia, di pietà, dove si narrano le partenze, gli esodi, le attese, l’apprestarsi dei soccorsi, e si vede tutto un popolo protendersi nello sforzo della vittoria, costituiscono, più che una riesumazione, un’attualità palpitante.
Queste pagine del Barzini si ergono sopra un molle e soave sfondo di paesaggio orientale, rivelano interni di vita sconosciuta, cantano piccoli canti di sacrificio nelle fragili case dove par ventare il soffio eterno del valore umano offerto in olocausto alla bontà della causa; e qui lo scrittore è come sempre, insuperabile, colorito, interessante. Dove l’ala del racconto si drizza più superba, il maestoso inno sinfonico della battaglia ritorna ai nostri orecchi anche se intronati da un fragore più vicino, ammonitore e consolatore, perché come allora risuscita la visione della Vittoria trascorrente sui campi. Tra l’uno e l’altro volume della guerra contemporanea, trova dunque posto egregiamente anche questo che può parere, e non è, lontano; poiché la guerra russo-giapponese fu la prima delle grandi guerre moderne, il primo canto di un poema umano di assestamento delle nazionalità reclamanti il diritto alla vita, incominciato ma non ancora compiuto.