L’Illustrazione Italiana, 16 luglio 1916
Conversazioni scientifiche. Le vitamine
I giornali che tracciano le vicende più minute della vita guerresca, perché rimangano nel tempo, molecole donde si trarranno i macigni della storia di un periodo epico d’eroi, accanto alle miserie dell’acqua, del freddo, del fuoco e dell’acciaio, dei ratti e dei pidocchi, hanno parlato negli ultimi tempi anche delle tristizie del cibo là ove le necessità de’rifornimenti e delle difese obbligano a vivere per settimane con cibi conservati. La vita è freschezza, e la vecchiaia è malattia, anche nel cibo. I metodi escogitati dall’uomo per conservare gli alimenti, per sottrarre le carni alla putrefazione, raggiungono lo scopo soltanto da un lato e non possono dare ai materiali conservati quelle doti che soltanto la freschezza di una vita più vicina poteva donare.
In trincea i consumatori di carni conservate o di galletta essiccata conoscono il pericolo nascosto: le gengive che in breve giro di settimane si usurano e si logorano e si ulcerano, i colori del volto che appassiscono, l’anemia che invade le vene non ostante paia
cibo sufficiente. Le necessità della guerra non giungono mai a tale da protrarre per mesi la vita disagiata almeno nel cibo, e i fenomeni si arrestano non appena una frazione discreta di fresco alimento si associa al consumo dei cibi conservati. Ma nelle spedizioni lontane, nelle esplorazioni polari, quando spesso per mesi e per anni la miseria della terra e dei ghiacci costringe al consumo di cibi conservati, i fenomeni morbosi si fanno intensi e duraturi, così da formare una vera temibile malattia, lo scorbuto.
Il fenomeno non è più circondato di misteri e la piccola luce che è penetrata nel buio serve almeno a riprovarci che la nostra conoscenza è piccola oasi verdeggiante di speranza che troppo spesso ci fa dimenticare il cupo deserto di ignoranza che sta attorno sino a ieri – un ieri di pochissimi anni – negli alimenti si solevano distinguere i gruppi energetici ai quali l’uomo attinge il calore e gli elementi chimici indispensabili per la vita delle cellule: e si parlava di valore calorimetrico degli idrati di carbonio, dei grassi, delle sostanze proteiche, così come si faceva parola dell’azoto indispensabile per il ricambio, o dei sali necessari alla vita e che direttamente come tali o indirettamente nei cibi comuni vengono assunti dall’esterno. Si faceva ancora parola di talune sostanze eccitanti o gustative che pure non avendo una funzione di alimento nei termini più esatti, potevano tornar utili pel buon assorbimento e per la migliore utilizzazione dei cibi, o che comunque servivano a rendere migliore e più equilibrata la nutrizione.
Oggi un nuovo gruppo di sostanze appena intraviste, ma per questo non meno importanti, si aggiunge ai diversi già definiti e classati. Il nome è un po’ misterioso – le vitamine —, ma le caratteristiche sono più misteriose del nome.
Il curioso è che queste sostanze si conoscono assai meglio per gli effetti che la loro mancanza determina di quanto non si definiscano per le note positive.
Si era visto ad esempio che quella strana malattia dei paesi orientali nota col nome di beri-beri (una polineurite a sintomatologia definita e ben tipica) colpisce esclusivamente individui che consumano riso decorticato: e così nettamente è il morbo legato ad un simile consumo che si può a volontà riprodurre nei colombi purché vengano assoggettati al consumo alimentare esclusivo di riso decorticato. Che se a malattia incominciata si muta la natura del cibo o soltanto si introduce in esso una modesta quantità di crusca, subito i fenomeni morbosi regrediscono. Bisognava per questo pensare che nella cuticola del riso si trovassero sostanze indispensabili (almeno nel caso di nutrizione esclusivamente fatta con riso) per il buon metabolismo cellulare.
Nel caso di individui alimentati soltanto con cibi conservati mediante il calore, si verifica qualche cosa di analogo: e se non si introduce nell’alimentazione sia pure una piccola quantità di alimento fresco contenente frazioni di vitamine, insorgono gravi disturbi del ricambio che possono veramente assumere l’aspetto di definite manifestazioni morbose.
La sterilizzazione col calore pur troppo altera e distrugge le vitamine, talché le conserve cosi preparate pur mantenendo inalterati i valori energetici e calorifici presentano questa notevole inferiorità in confronto ai cibi freschi, di essere privi di vitamine.
È curioso che l’esperienza popolare pure ignorando e pur non sospettando l’esistenza delle vitamine aveva intuito l’essenza del fenomeno, e da tempo si faceva parola di stato cadaverico dei materiali conservati e di alterazioni insorgenti per questo stato cadaverico, come si parlava di modificazioni indefinibili del latte e della carne conservata.
Oggi le vitamine rischiarano almeno un lato del problema e ne dicono di aggruppamenti molecolari che non interessano pel valore energetico ma per un’azione strana regolatrice del ricambio.
E già si ricercano le vitamine in tutti gli alimenti, se ne aggredisce la struttura chimica, si tenta definirne la composizione, si valutano simiglianze e differenze tra le varie vitamine... insomma tutto un nuovo capitolo si apre alla fisiologia. Accanto alla quale la patologia a sua volta classifica le lesioni e i morbi da mancato apporto di vitamine, e già scorbuto, beri-beri e perfino la pellagra prendon posto nel quadro delle avitaminosi, delle lesioni cioè che il difetto di vitamine produce.