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 1916  luglio 02 Domenica calendario

Corriere

La cacciata degli austriaci dal suolo della Patria.
I russi padroni di tutta la Bucovina. L’eroismo francese e gl’inutili sforzi tedeschi a Verdun. I primi successi dell’offensiva inglese. La dura lezione dell’Intesa alla Grecia. Il filoellenismo e Santorre Santarosa. Fra gli Stati Uniti e il Messico. Gl’intrighi tedeschi ed il Giappone. Il ministero «nazionale» davanti alla Camera. -«Sic vos, non vobis»
 
Bandiere al vento, canti patriottici, dimostrazioni entusiastiche, alti espansivi evviva, caratterizzano le giornate di questa settimana. Da lunedì un senso di sollievo, un fremito di gioia corre per tutta Italia. Il nemico ha ceduto, finalmente, alla salda, resistente, metodica e brillante pressione dell’esercito nostro; l’Altipiano dei Sette Comuni, le alte valli Vicentine, Asiago, Arsiero, tutta la zona che, nella seconda metà di maggio, il nemico aveva sorpresa ed invasa, è stata sgombrata dalle sue orde barbariche, scacciate dall’indòmito valore dei nostri soldati.
Quelle ultime di maggio erano state settimane di muta angoscia, di cupa tristezza. I bollettini non dicevano specificatamente fin dove l’audacia nemica fosse arrivata a spingersi con uno sforzo lungamente meditato e formidabile; ma tutti avevano la sensazione che quello sforzo non avrebbe potuto durare; che quell’offensiva era una grave molestia ma non poteva essere un pericolo; che una momentanea debolezza, o, forse, un calcolo strategico, che ai più sfuggiva, potevano avere lasciato arrivare il nemico fin dove mai si sarebbe pensato potesse, ma che in fine il sopravvento sarebbe delle armi nostre, ed il nemico sconterebbe amaramente la propria audacia o la propria cecità.
Corrispondenti stranieri ed italiani reduci dal Quartiere Generale, nelle due ultime settimane di maggio, avevano portate in giro queste parole del generalissimo Cadorna: «Vadano, e dicano apertamente che tutto quello che è accaduto, tutto quello che accade, tutto quello che accadrà, l’ho voluto io, lo voglio io, lo vorrò io!...».
Se queste parole – come è probabile – sono vere – nessuna più energica espressione di sicura coscienza e di granitica fiducia – coscienza e fiducia condivise dall’esercito e dal paese, prima e dopo, ora e sempre!...
Si disse anche che qualcuno, investito di gravi responsabilità politiche, aveva obbiettato al generalissimo; «ma se scenderanno ancora più in giù, come si potrà annunziare al paese?...
«Ebbene, – pare rispondesse il generalissimo, – se la politica non potrà avere tale coraggio, si potrà omettere per qualche giorno il bollettino quotidiano…».
Invece, i bollettini quotidiani hanno continuato sempre, ed è stato un bene: essi hanno detto, giorno per giorno, con meditata sincerità, il movimento dell’ondata nemica e della contraondata nazionale; non hanno esagerati i successi, non hanno dissimulati i ripiegamenti necessari, e finalmente l’ora è suonata in cui hanno potuto annunziare che la sapiente tattica, la mirabile disciplina, la forza militare prevalente e la grande energia morale mai scosse, hanno potuto mutare la controffensiva sistematica in pieno successo, e ritogliere all’invasore i non molti chilometri quadrati di strette valli e di alti monti, dove, come spinto da una disperazione tormentosa, si era furiosamente e ciecamente avventurato.
Non si fosse sentito costretto a ripiegare, a ritirarsi, anzi, a fuggire affrettatamente, il nemico – il barbaro nemico, incendiatore, torturatore, violatore di ogni tradizionale, umana legge di guerra – sarebbe stato preso dalla manovra aggirante che, dallo Stelvio e dall’Adamello, da una parte, dalla valle Pusteria, dall’altra, la sapienza dello stato maggiore italiano stavagli preparando – ed esso se ne è accorto – e la fine del suo vano, disperato tentativo sarebbe stata non meno esemplare!...
Ora esso batte in precipitosa ritirata disorganizzato, decimato, lasciando dovunque, con le tracce della sua immutata barbarie, i frantumi miserevoli del suo disfacimento; onde accade dal pian delle Fugazze all’altipiano di Asiago, dalla Vallarsa alla Valsugana, ciò che è accaduto e va accadendo da oramai un mese sul Prypet, sullo Styr, sul Sereth, dai confini della Bucovina alla Poliessie, dove la rotta degli eserciti austriaci di fronte all’incalzante offensiva russa non ha più freno – e Kimpolung, Suckzava, Czernovitz, Luzk, Kolomea, la perdita, insomma, di tutta la Bucovina, l’invasione della Galizia, l’intaccamento della linea dei Carpazi, segnano altrettanti successi clamorosi per le armi russe, le quali non lasciano nemmeno agli austriaci il breve respiro per farsi un concetto della grave disfatta, di fronte alla quale gli eserciti germanici di Hindenburg – il famoso maresciallo dalle statue gloriosamente inchiodate – e di Mackensen rimangono perplessi e paralizzati.
È il principio della fine?... Magari fosse!... Si ostinano, è vero, i tedeschi nella lotta attorno a Verdun. Ma a che cosa serve tanto spaventevole spreco di mezzi di attacco, e tanto forsennato getto di vite umane?... Quasi cinque mesi di lotta disperata, feroce, folle, che cosa hanno fruttato alle armi germaniche?... E se, nella peggiore ipotesi, Verdun, a lungo andare, completamente inutilizzata come difesa francese, finisse per cadere nelle loro mani, di quanto ritarderebbe la fatalità di una soluzione i cui segni appaiono evidenti da ogni parte?...
L’identità e l’unità della lotta da Bunkerque a Salonicco oramai è dimostrata dagli avvenimenti di ogni giorno. Il bollettino inglese oggi pubblicato conferma che, contemporaneamente alla sempre meravigliosa resistenza francese, alla magnifica controffensiva italiana, alla imponente offensiva russa, si delinea l’offensiva inglese nell’estremo lembo del Belgio.
Né qui è tutto.
In Arabia il Gran Sceriffo si emancipa, con un movimento rivoluzionario e con grande spiegamento di forze, dalla dominazione ottomana; in Grecia tutta la politica neutralista tendente a favorire gl’imperi centrali, cade – con le dimissioni dell’ottuagenario Sculudis e con l’assunzione al governo di Zaimis – prevalendo oramai sulla politica internazionale ed interna della Grecia la volontà dell’Intesa.
La Grecia si era dimenticata delle sue origini politiche costituzionali non ancora secolari. Essa, invanita dai ricordi grandiosi di una civiltà tramontata da secoli, e cullata dalle illusioni di un filellenismo sentimentale, che ha avuti ed ha ancora i suoi romantici propagatori anche fra noi, si era creduta uno stato assolutamente indipendente, e, quasi quasi, una grande potenza. Erano state dimenticate in Atene le origini della costituzione del regno greco, nel 1827 e nel 1863, dall’assunzione del bavarese Ottone I all’assunzione del danese Giorgio I. Avevano dimenticato, i greci, che prima e poi, erano state la Francia, l’Inghilterra e la Russia, con la loro azione, e con una sequela di trattati, a disciplinare e garantire la indipendenza greca ed il funzionamento delle libertà costituzionali nella terra di Solone e di Aristide, di Pisistrato e di Alcibiade.
L’indipendenza e la libertà greca furono costituite, disciplinate, protette non perché, un bel giorno, la Grecia, entrando nel giuoco
di una politica avversa alle tre potenze protettrici, e consona persino agl’interessi – che si sarebbero detti eternamente inconciliabili coi suoi – della Turchia, diventasse terreno propizio alle complottazioni diplomatiche ed alle imprese militari di una coalizione, che mira a spadroneggiare nell’Egeo, nel Mediterraneo e nell’Oriente.
Le tre potenze garanti si sono ricordate dei vecchi trattati, mai caduti in prescrizione; hanno riassunto il loro ufficio di protettrici, ricordandosi che sotto la scorta delle loro navi il giovinetto re della casa di Holstein fu portato festosamente ad Atene, nella ferma fiducia che la Grecia diverrebbe, dal 1864 in poi, elemento di quella civiltà liberale tradizionalmente opposta sempre all’assolutismo turco, o ad ogni altro, che minacciasse la pace e l’equilibrio in Europa.
Il diritto delle potenze protettrici era inoppugnabile, e re Costantino, Sculudis, la Grecia tutta hanno dovuto riconoscerlo. L’Italia ha fatto degnamente la parte sua confortando della propria adesione l’azione degli alleati.
– È stata una coercizione!... – qualcuno grida.
– Potrebbe anche darsi; ma mettiamola un poco a confronto con l’azione soldatesca, improvvisa, aggressiva, violenta dei tedeschi sul piccolo Lussemburgo, e sul neutrale Belgio, poi si vedrà immediatamente come le potenze dell’Intesa non abbiano fatto altro, in Grecia, che esercitare – con semplici intimazioni preventive e legittime – un diritto, inteso a premunire esse e la Grecia stessa contro maggiori pericoli. Ora le alte sfere greche sono state ricondotte, senza eccessiva violenza, alla visione della realtà; il popolo greco potrà meglio rivelare il sentimento suo – se un sentimento politico esso ha ancora – nella prossima prova elettorale. Non è colpa di nessuno se in cinquantadue anni di regime libero, costituzionale, la Grecia non è assurta ancora a quella coscienza di nazione civile, consapevole della propria missione, che gli ellenisti di tutta Europa augurarono alle sue rivoluzioni ed alla sua evoluzione.
Leggevo proprio l’altro giorno alcune malinconiche lettere del nostro glorioso Santorre Santarosa all’esule Giuseppe Pecchio, per dissuadere questi dal recarsi anch’egli in Grecia, e per dirgli le disillusioni provate nel toccare, nel ’21, quel suolo ellenico, al quale anche 1’Italia diede, da Santarosa a Tonino Fratti, tanto generoso sagrificio di figli e tanta romantica dolcezza di carmi !... Santarosa scriveva: «Qui non vogliono che quattrini; non domandano altro…». Ed anche ora, l’Intesa, assicuratasi degli umori greci, dà all’Ellade un prestito di cento milioni. Come si ripete la storia!...

*

Non è nemmeno nuova la pagina che ora stanno scrivendo Messico e Stati Uniti. Dopo tante note, la Repubblica delle striscie e delle stelle si trova forse trascinata ad un’azione che, se si compirà, non le costerà grandi fatiche. Bello è vedere il Messico, farla esso da sfidatore! Si deciderà finalmente – mentre a tutt’altro l’Europa è intenta – la secolare questione dell’assorbimento del Messico da parte degli Stati Uniti?... Settanta anni sono un conflitto del genere di quello che ora si delinea, costò al Messico il Texas, il novo Messico e la nova California. Se alla guerra americano-messicana si verrà, non vedremo l’assorbimento di tutto il rimanente?... Sono gli elementi tedeschi che spingono il presidente messicano Carranza ad una politica aggressiva?... I tedeschi-americani dicono di no e preparano – dicesi – una colonna di parecchie migliaia di volontari che invada, occorrendo, il Messico. Ciò non proverebbe nulla circa le intenzioni tedesche.
Oramai tutto il mondo lo sa. I tedeschi, nell’attuale situazione, non che europea, mondiale, sono, sopratutto, dei pescatori nel torbido. Accrescere le complicazioni è, oramai, il metodo deviatore prevalente della loro politica.
Il Giappone è stato, coi suoi enormi rifornimenti, un grandioso aiutatore della riscossa russa contro gli austro-tedeschi. Una guerra americana-messicana, non urterebbe contro gl’interessi nipponici nel Pacifico?... Il Giappone potrebbe forse rimanere indifferente ad un allargamento della dominazione nordamericana nel Messico? Il famoso generale Nogi non ha forse lasciato scritto che l’ultima grande guerra sarà fra Stati Uniti e Giappone per il Messico?... I tedeschi sono ben capaci, con la loro mania di rifacimento del mondo, di credere che questa sia l’ora di scagliare gli uni contro gli altri i due opposti dominatori del Pacifico. Molto probabilmente Wilson non vuole arrivare a tanto. A lui basterà salvare la propria rielezione a presidente dalla seria concorrenza della candidatura democratica di Hugues – appoggiato ora anche da Roosevelt. Il Messico potrebbe non essere altro che un grande spauracchio a vari usi. Si muovono ora anche le Repubbliche dell’America latina – dal piccolo Salvador all’Argentina. Propongono la mediazione. Insomma il mondo nuovo è tutto in fermento a somiglianza, quasi, del vecchio.
Tanto è sempre più vero ciò che io non mi stanco di ripetere: la lotta per l’incivilimento ha impicciolito notevolmente il mondo. – È discutibile se lo abbia veramente civilizzato in proporzione!...
*

Mentre scrivo, la Camera a Roma si riapre ed il nuovo ministero Boselli – il ministero «nazionale» – vi raccoglie inevitabilmente i primi applausi sorgenti dalla felice situazione militare che esso ritrova. Il nuovo ministero può dunque dire di essere nato a buona luna. Gridiamogli pure evviva con lo stesso fervore col quale gridiamo «viva l’esercito!... viva l’Italia!» – ma non dimentichiamo Salandra, tramontato appena ieri, e rievochiamo il virgiliano, e pur sempre attuale
Sic vos, non vobis!...
È un monito che si riaffaccia costantemente nella vita, e vale per tutti!...
28 giugno