L’Illustrazione Italiana, 18 giugno 1916
Necrologi
Gino Bertolini L’uomo che giovedì 8 corrente, a 43 anni, fu violento contro sé stesso tirandosi due colpi di rivoltella, era di tale mitezza che non avrebbe strappato un’ala a una mosca. La grande bontà dava l’impronta ad ogni atteggiamento del suo spirito, l’indirizzo a’suoi studi. Venendo da antica e ricca famiglia veneta (era fratello dell’ex ministro Piero Bertolini) Gino Bertolini sognava una sempre maggiore elevazione delle classi inferiori mercé l’educazione e la cooperazione fraterna delle classi superiori. Così s’avvicinava volentieri agli umili, ne ascoltava le voci, s’interessava ai casi loro, ne studiava l’anima individuale e collettiva. Appena laureato esercitò l’avvocatura, dedicandosi specialmente a cause penali, e fu consigliere comunale di Venezia. Ma il suo spirito lo spingeva verso più larghi orizzonti, agli studi di sociologia, anzi di psicologia sociale e di critica etnica, per usare le espressioni ch’egli amava; e a tale scopo si diede ai viaggi. Dopo aver dimorato qualche tempo in Germania, visitò i paesi Scandinavi, e frutto di quel viaggio fu L’Animo del Nord, il primo libro suo pubblicato dalla casa Treves, in edizione illustrata; libro più di sociologo che d’impressionista, ma d’uno studioso che delle proprie osservazioni e ricerche sa fare opera d’arte. Qualche anno dopo, al tempo dell’annessione della Bosnia-Erzegovina, fu nei paesi balcanici, percorrendoli in lungo e in largo in automobile, e narrò il suo viaggio nel volume Tra Mussulmani e Slavi. Intanto egli aveva concepito il disegno della sua grande opera su l’Italia, che doveva essere una rappresentazione e documentazione compiuta della vita italiana, in ogni forma della sua attività spirituale e sociale. Per lo studio della vita italiana d’oggi egli aveva preso come punto di traguardo la sua città di Venezia, come quella che ha la più antica e ininterrotta tradizione di reggimento italiano. Di quest’opera sono usciti due volumi: Le Categorie Sociali, L’Ambiente, illustrati con signorile ricchezza d’incisioni e di tavole a colori e in rame fuori testo. Questi due grossi volumi, di struttura originale e ardita nelle proporzioni e nel procedimento, sono un vasto riflesso di vita moderna, e rimangono ad attestare il grandioso disegno di un’opera che a un illustre critico richiamò il ricordo dei «Diari!» di Marin Sanudo. A quest’opera poderosa egli si diede tutto, imponendosi per diversi anni, senza riposo, una fiera disciplina di lavoro notturno. Fu troppo severo con se stesso e troppo fiducioso nelle proprie forze. In quegli anni di fede e di letizia, col fervore del buon artiere, egli faceva ogni giorno, senz’accorgersene, un enorme dispendio di energie; e l’insidia occulta del male era entrata in lui. Lo scoppio della guerra europea, che travolgeva brutalmente le sue più care ideologie e le simpatie spirituali ch’egli aveva sempre nutrito per la cultura tedesca, portò in lui un grande perturbamento morale che si ripercosse sul sistema nervoso già indebolito dall’eccesso di lavoro. Quando lo vedemmo un mese fa non sorrideva più; soffriva di quel terribile male che non ha sede, che oscura la luce del sole, e dà alla vita il sapore della cenere. Ah quanto era mutato l’infaticabile lavoratore, che per riposo soleva intramezzare le ore di dettatura alla stenografa con qualche ora di pianoforte! Era andato ad Andorno per ritemprarsi, per riprendere amore alla vita, che in qualche breve tregua del male pareva ancora sorridergli ma fu più forte il richiamo della morte.
Emilio Faguet
Emilio Faguet, critico drammatico e letterario di fama, professore di letteratura poetica alla Sorbona; collaboratore artistico-letterario del Soldi, poi, succedendo a Jules Lemaitre, dei Débats, direttore della Revue Bleue e collaboratore della Revue des Deux Mondes, salutato da un famoso referendum il primo critico drammatico di Francia, è morto la settimana scorsa non ancora settantenne.
I suoi saggi sulla storia della Letteratura francese dal 1600 in poi, formano un’opera fondamentale e gli valsero nel 1900 un seggio accademico. Dedicò apprezzati volumi ai Politiques et Moratistes du XX° Siècle ed alle Questions politiques del nostro tempo; scrisse su Platone e su Nietzsche; pubblicò bellissimi studii su Corneille, La Fontaine, Voltaire, Flaubert. Eruditissimo scrittore pieno di verve, dallo stile spigliato, egli riusciva a volta a volta cronista brillante e spiritoso, critico sottile, ingegnoso, argutissimo, come Io dimostra, per esempio, la sua definizione di Voltaire: «quel grande spirito è un caos di idee chiare». Egli pubblicò anche una serie di articoli, che fecero rumore, contro la burocrazia della quale molto argutamente definì i vizi caratteristici: l’orrore della responsabilità, il culto dell’incompetenza!... Le lettere Io avevano fatto ricco, ma era rimasto così modesto, semplice, che tutte le mattine usciva di casa per tempo a provvedersi egli stesso il caffè-latte per la colazione. Era nato a La Roche sur Yon nel 1847.