9 maggio 2016
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CALENDA Carlo
• Roma 9 aprile 1973. Manager. Politico. Del Pd (dal 2015), già di Scelta civica (2013-2015). Ministro dello Sviluppo economico nel governo Gentiloni (dal 12 dicembre 2016) e nel precedente governo Renzi (2016), esecutivo nel quale aveva già ricoperto la carica di viceministro del medesimo dicastero (2014-2016), assunta per la prima volta nel precedente governo Letta (2013-2014). Rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione europea dal 21 marzo al 10 maggio 2016.
• Figlio dell’economista Fabio Calenda e della regista Cristina Comencini, all’età di dieci anni interpretò la parte dello scolaro Enrico Bottini nello sceneggiato tv Cuore, diretto dal nonno Luigi Comencini.
• «Liceo al Mamiani, quello di una certa borghesia democratica romana. Tessera della Fgci, la federazione dei giovani comunisti. A soli sedici anni diventa papà e lascia la militanza politica. Dalla sinistra comincia a spostarsi al centro, un tempo occupato dai piccoli partiti laici. Laurea in Giurisprudenza a Roma in Diritto internazionale. Allora pensava effettivamente di fare la carriera diplomatica, seguire le orme del nonno Carlo, ambasciatore, tra l’altro, in India e in Libia, consigliere infine al Quirinale di Carlo Pertini. Ma non fa il concorso e se ne va a Londra. Lavora in una società che fa trading di diritti televisivi. Poi approda alla Ferrari. Cinque anni con Luca Cordero di Montezemolo, incontro decisivo per la sua formazione professionale. A Maranello si occupa del marketing e del progetto per la quotazione in Borsa del Cavallino. Quando il magnate australiano Rupert Murdoch arriva in Italia e dà vita a Sky, Calenda e Andrea Zappia (oggi amministratore delegato di Sky Italia) lasciano la Ferrari e passano alla televisione satellitare a pagamento. Meno di due anni dopo Montezemolo chiama Calenda in Confindustria dove diventa direttore degli affari internazionali. È tra i coordinatori delle missioni all’estero delle piccole e medie imprese, importanti per dare nuovi mercati di sbocco ai produttori italiani. Finita la presidenza Montezemolo, anche Calenda lascia la Confindustria. Va, come direttore generale, all’Interporto campano di Gianni Punzo. Poi arriva (o ritorna) la politica. È il coordinatore politico di Italia futura, fondazione con cui Montezemolo pensa di entrare in politica. Montezemolo fa un passo indietro, mentre Calenda si candida, dopo aver partecipato alla fondazione, con Scelta civica di Mario Monti. Non viene eletto. E farà un’autocritica severa quanto sincera in una lettera pubblicata sul Messaggero: “Poche iniziative nella storia politica italiana hanno avuto una parabola così bruscamente discendente come quella di Scelta civica. Personalmente sento di avere molte responsabilità in proposito a partire dalla retorica sulla superiorità della società civile che per anni ho coltivato già a partire dal mio impegno in Italia futura. Oggi penso che questa sia stata una delle cause principali del nostro fallimento”. È Enrico Letta che lo chiama al governo, vice ministro allo Sviluppo economico con la delega al Commercio estero. Renzi lo conferma e comincia a conoscerlo. Gli piace perché è un negoziatore che non molla mai. Gli affida una delicata mediazione in Mozambico, insieme alla Comunità di Sant’Egidio, tra gli esponenti del Renamo e il governo di Armando Guebuza» (Roberto Mania) [A&F 3/5/2016].
• Polemiche e lettera ufficiale di protesta firmata da oltre 200 diplomatici per la sua nomina ad ambasciatore a Bruxelles nel marzo 2016. «Rompendo una consolidata tradizione italiana, che con pochissime eccezioni ha sempre affidato alla diplomazia di carriera le nostre missioni all’estero, Renzi ha voluto a Bruxelles un inviato politico, preparazione e competenza ineccepibili, in sostituzione di Stefano Sannino, considerato poco combattivo e troppo “compatibile” con i riti e le logiche dei tavoli europei. Ma la scelta ha provocato una reazione senza precedenti fra i ranghi della nostra diplomazia, soprattutto fra i più giovani, che non hanno esitato a mettere nero su bianco la loro insoddisfazione e i loro tormenti» (Paolo Valentino) [Cds 30/1/2016].
• «“È più rissoso di me”, l’ha presentato Renzi, orgoglioso. A Bruxelles è arrivata l’eco del carattere aggressivo e dell’inesperienza: preparato sul commercio, acerbo sui dossier-chiave, infrazioni ambientali, immigrazione, economia. Non conosce nessuno e nessuno lo conosce bene: un valore per Palazzo Chigi. E soprattutto, Calenda non si fida di nessuno. Per affrontare il Coreper, le tecnicissime riunioni settimanali degli ambasciatori in Europa che preparano i dossier per i lavori del Consiglio europeo, il neo-ambasciatore sta preparando il suo staff di consulenti. Non sarà facile farlo digerire a una struttura che già ora è la più affollata rappresentanza italiana, centocinquanta nomi tra diplomatici e funzionari distaccati» (Marco Damilano e Denise Pardo) [Esp 12/2/2016].
• Nel maggio 2016, poche settimane dopo l’insediamento a Bruxelles, Renzi lo richiamò frettolosamente a Roma, per assegnargli il ministero dello Sviluppo economico dopo le dimissioni di Federica Guidi (vedi). «L’uomo scelto per sostituire Federica Guidi è partito a razzo. Industria 4.0 (“una rivoluzione in corso con un paradigma che si sta scrivendo”), un piano in cinque punti per le start-up (Corrado Passera docet), un capo di gabinetto fidato: Andrea Napoletano, già suo braccio destro. E richiamo in servizio per Enrico Bondi, obiettivo spending review. Si trova in mano una patata bollente come l’Ilva, pressato tra Emma Marcegaglia la cui azienda di famiglia è partner di ArcelarMittal, e Claudio Costamagna che alla Cassa depositi e prestiti ha incontrato recentemente i turchi della Erdemir (proprietà dell’esercito) insieme al gruppo Arvedi. Mentre i tavoli di crisi aperti sono ben 154 con 110 mila lavoratori interessati. Calenda vorrebbe che il ministero diventasse un centro di elaborazione strategica non un cimitero per aziende in crisi. Energia ed entusiasmo non gli mancano. (…) Calenda è un uomo che guarda sempre avanti. E c’è chi dice voglia puntare in alto, molto in alto, addirittura al palazzo di Quintino Sella, cioè alla poltrona di superministro dell’Economia. Pettegolezzi, voci dal sen fuggite» (Stefano Cingolani) [Pan 24/6/2015].
• «È rimasto impresso, alla platea che l’ascoltava, il debutto di Calenda da ministro, a fine maggio, davanti all’Assemblea confindustriale. Quando, come piantando la mano nel cemento fresco di una immaginaria Walk of fame, si disse “contento non solo di essere qui, ma anche di pronunciare un discorso”, perché “per un certo numero di anni ho scritto discorsi che non ho mai pronunciato”. Li pronunciava in effetti Montezemolo, del quale Calenda è stato assistente personale. Ma dirlo al microfono, più che una rivelazione, è suonato come una liberazione.
C’è dunque, oltre al carattere, il senso di una linea d’ombra, che a 43 anni Calenda pare desideroso di sorpassare» (Susanna Turco) [Esp 18/9/2016].
• Il nonno, l’ambasciatore Carlo Calenda, famiglia nobile napoletana, aveva un avo collaboratore del presidente del Consiglio di inizio Novecento Giuseppe Zanardelli.
• «Magnifica ossessione il lavoro e il prodotto perfetto, cioè il lui stesso quarantenne ambasciatore; tanto zelo pesa però sulla materia, dunque età percepita almeno 50: ogni tanto osa una barba, che lo fa assomigliare al vecchio sherpa berlusconiano Valentino Valentini. Quando ingrassa assomiglia invece un po’ a Diego Della Valle (e al fondatore di Tod’s lo accomuna una parentesi sudista come direttore generale dell’Interporto campano, creatura di Gianni Punzo, sodale anche di Montezemolo nel family-treno Italo)» (Michele Masneri) [L43 28/1/2016].
• Sposato, quattro figli.