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 2016  marzo 03 Giovedì calendario

Che il cervello delle donne non sia fatto per la matematica è una balla pazzesca. Basta vedere il caso dell’iraniana Maryam Mirzakhani

Il cervello delle donne non è fatto per la matematica? Falso. Maryam Mirzakhani, iraniana, 39 anni, laurea a Teheran, cattedra alla Stanford University (Usa), nel 2014 ha vinto la Medaglia Fields, il Nobel della matematica. I neuroscienziati non se ne stupiscono. Il cervello è diviso in due emisferi. Il sinistro è analitico, logico, linguistico. Il destro è olistico, spaziale, estetico. Ma il pensiero creativo – e quello matematico ad alto livello è creatività pura – deve essere insieme olistico e analitico, linguistico e spaziale, logico ed estetico. Quindi ha bisogno di entrambi gli emisferi cerebrali. Per fortuna a unirli c’è un fascio di 200 milioni di fibre nervose, il “corpo calloso”. Bene: pare che nelle donne il corpo calloso abbia il 30% di fibre in più.
Matematica non è fare calcoli. È vedere con gli occhi della mente problemi e soluzioni, concepire enti astratti e metterli in relazione: un magnifico gioco del pensiero fluido, particolarmente adatto a un cervello molto interconnesso come quello femminile. Forse non è un caso che Maryam Mirzakhani abbia dato i suoi maggiori contributi in geometria iperbolica e geometria simplettica, due campi nei quali il cervello spaziale-visivo è fortemente coinvolto.
Obiezione: Maryam Mirzakhani sarà anche bravissima, ma in ottant’anni è stata la prima donna a vincere la Medaglia Fields e la storia della matematica è deserta di nomi femminili. Vero. Ma vale anche per la poesia, la pittura, i ruoli imprenditoriali e tanti altri. E vale solo fino a qualche decennio fa, non più oggi, segno che il deserto è dovuto a fattori sociali e culturali. Ormai alle Olimpiadi della Matematica ragazzi e ragazze si battono ad armi pari e nelle università americane ci sono donne e uomini matematici in uguale misura. L’unica differenza è che le donne, a parità di ruolo, guadagnano il 30% meno degli uomini, un dato che ironicamente coincide con le connessioni in più nel loro corpo calloso. A riprova che le differenze sono ancora una volta socio-culturali. L’Italia ne è un esempio: l’insegnante di matematica è una figura prevalentemente femminile ma spesso caricaturale, e comunque da noi di solito le donne la matematica la insegnano ma non la fanno.
Anche la latitanza femminile nella storia della matematica va ridimensionata. Ci sono donne matematiche fin dal tempo di Ipazia (lapidata da fondamentalisti cristiani nel 415 d.C) ma spesso sono rimaste nell’ombra dei loro uomini.
Nella storia culturale del nostro paese per trovare un nome matematicamente rilevante bisogna risalire al Settecento e a Maria Gaetana Agnesi. Terza di 21 fratelli, milanese, sapeva di numeri e teoremi ma non solo di quelli. La chiamavano “Oracolo Settilingue” perché parlava tedesco, francese, inglese, spagnolo, ebraico, latino e greco. L’analisi di Eulero per lei non aveva segreti, ma quando le chiesero di valutare i lavori analitici di Lagrange garbatamente si sottrasse. Se fu modestia o soggezione di genere è difficile dire.
Una sua contemporanea francese, Nicole-Reine Lepaute, brillante matematica, faceva calcoli di meccanica celeste per l’astronomo Lalande, ma anche lei nell’ombra, come nell’ombra ne fu amante (non solo di lui, per la verità, e lui non solo di lei). Benché debole di vista, per dieci anni la Lepaute lavorò al fianco dell’astronomo. Fu lei la vera autrice dei calcoli per ricavare la distanza del Sole dalle osservazioni del transito di Venere davanti alla nostra stella e degli 8 volumi delle Effemeridi che Lalande finì di pubblicare nel 1783. In quell’anno i due si separarono e la Lepaute si dedicò all’assistenza del marito, che era stato l’orologiaio del re di Francia e ormai era ridotto allo stato vegetativo. Ne morì di esaurimento nel 1788 e il consorte la seguì nella tomba sei mesi dopo.
Il nome di un fiore lega Lalande, la Lepaute e un altro suo amante, Guillaume Le Gentil. All’attraente moglie dell’orologiaio nonché amante di Lalande, Le Gentil rese omaggio battezzando Pautia un fiore che aveva scoperto durante il suo viaggio in Oriente per osservare il transito di Venere. Lalande, geloso, nel suo libro L’astronomie des dames attribuì ad un altro questa iniziativa galante. Quando Luigi, fratello di Napoleone Bonaparte, sposò Hortense de Beauharnais, il servile direttore del Museo di storia naturale di Parigi cambiò in Hortensia il nome del fiore. Lalande protestò. Si sentì rispondere che tante donne si chiamano Hortense: nessuna piaggeria, nessuna offesa alla memoria della Lepaute...
Per contrastare i colleghi maschi le matematiche del passato dovevano essere donne ribelli. Nell’Ottocento spicca Ada Lovelace, figlia del poeta romantico Byron, pioniera dei linguaggi di programmazione informatici, innamorata di quel Babbage che anticipò i computer con la sua “macchina analitica” tutta ingranaggi e bulloni. Ada dedicò l’ultima parte della sua vita al calcolo delle probabilità e lo applicò alle scommesse sulle corse dei cavalli, finendo in miseria. Ma in suo onore nel 1979 il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti chiamò Ada un nuovo linguaggio di programmazione. Memorabile la russa Sofia Kovalevskaja (1850-1891), prima donna in Europa a ottenere una cattedra universitaria: nella sua vita breve affrontò il problema della rotazione di un corpo rigido e si distinse anche come letterata. All’incirca sua contemporanea fu la francese Sophie Germain, famosa per i lavori di teoria dei numeri e di teoria dell’elasticità, mentre con Emmy Noether entriamo nel Novecento e tocchiamo con mano i meccanismi di esclusione maschilisti: per quattro anni all’Università di Gottinga fece lezione sostituendo il grande David Hilbert, fino a quando, dopo opposizioni feroci, nel 1919 le fu concesso di sostenere l’esame di abilitazione. Lo superò facilmente, per poi continuare l’insegnamento senza stipendio fino al 1923.