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 2016  marzo 03 Giovedì calendario

Caro presidente Boeri, mi è arrivata una lettera perentoria dell’Inps che mi impone di dimostrare che sono ancora vivo

Caro Presidente Boeri,
ogni anno vivo i mesi febbraio-marzo con una certa tensione. Faccio gli esami clinici, i check up specialistici psico-sanitari, le prospettive che mi attendono. Curiosamente è arrivata anche una lettera perentoria che, a nome suo, mi impone di dimostrare che sono ancora vivo. Lo faccio, disciplinatamente, oltretutto mi è naturale, essendo nato nel 1934 ho nel dna la sudditanza come stile di vita, quella che si deve ai detentori del potere.
Appartengo a una generazione abituata a soggiacere ai voleri dell’uomo nero della mia infanzia, il «Caposcala», una specie di gerarca junior che mi terrorizzava. Non me ne voglia, ma l’identificazione di lui col potere mi è ancora automatica.
Sono certo che lei questa lettera non l’ha vista, mai l’avrebbe autorizzata, gliela descrivo. Circa duemila battute in un italiano improbabile, è in tre lingue, come è d’uso in Svizzera (italiano, tedesco, francese), con un modulo precompilato, non porta né data né firma, l’indirizzo è esatto ma il riferimento allo Stato no. Infatti, non riporta Svizzera o Schweiz o Suisse, ma chissà perché Switzerland. Attacca con una affermazione perentoria: «Inps ha affidato a citi l’obbligo di verificare l’esistenza in vita di tutti i pensionati residenti all’estero, almeno una volta all’anno».
In calce, ripeto, nessun nome, nessuna firma, nessuna data, ma un logo tutto minuscolo, citi in blu, con un arco rosso sulle tre lettere finali; lo sa che l’arco è un simbolo massonico?
E poi, mi scusi, come può permettere che questi yankee definiscano «Testimone Accettabile» (sic!) le nostre ambasciate e consolati, ove vado a mostrare, a distratti impiegati, che sono vivo?
Leggo su internet che nel 2008 citi (credevo fosse l’anagrafe, invece è una banca), pur avendo la tripla«A» era in bancarotta, di certo fraudolenta. La lettera contiene una serie di minacce, se non si dovesse eseguire pedissequamente la procedura. Una è perentoria, è in grassetto: «La invitiamo a NON inviare alcun tipo di richiesta presso la casella postale denominata PO Box 4873, Worthing, BN99 3BG, UK in quanto non verrà presa in considerazione». Mi scusi, ma solo un idiota potrebbe mettersi in contatto con un PO Box del West Sussex, e poi per cosa? Le confesso che non pensavo di meritarmi, dopo una vita dedicata al lavoro, che dei bancarottieri yankee controllino, seppur dalla città più soleggiata del UK (lo sapeva?), se sono o meno vivo.
Mi consenta la franchezza, la lettera di citi è imbarazzante, è pervasa da un olezzo strano, mi ricorda quello dei crisantemi fané, quando si sta molti giorni senza cambiare loro l’acqua.
Pensi se noi vecchi pensionati all’estero ricevessimo invece una sua lettera autografa del tipo «Caro signor Ruggeri, sono felice che lei si stia godendo la pensione, dopo aver lavorato 43 anni, aver pagato montagne di contributi. Non creda alle minacce verso di voi anziani di loschi politici ed esperti, sono dei gufi, sappia che io voglio ancora per molti e molti lustri, disturbarla ogni anno, per chiederle un adempimento burocratico, del quale mi scuso ma che, ne sono certo, le allungherà la vita. Un affettuoso saluto, Tito Boeri».
Sappia che oggi ho inviato al PO Box 4873, Worthing, UK, cioè a citi tutta la documentazione, con una sola parola di accompagnamento, in minuscolo ma in grassetto: tiè!