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 2016  marzo 03 Giovedì calendario

Tutti in coda per un posto fisso in Comune a Sanremo, per sostituire i furbetti del cartellino

L’Italia si mette in coda per un posto in Comune a Sanremo, dopo il terremoto provocato dall’inchiesta della Guardia di finanza sui «furbetti del cartellino». È bastato il disperato appello del sindaco Alberto Biancheri al premier Matteo Renzi e al ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia, per chiedere una deroga a concorsi e assunzioni di fronte alle voragini aperte negli uffici da licenziamenti (32) e sospensioni (finora 66, da un giorno fino a un massimo di sei mesi) dei dipendenti indagati, per scatenare il popolo dei disoccupati. Non solo: c’è anche chi la butta sulla scelta di vita, perché nell’immaginario collettivo «Sanremo è Sanremo», la città del Festival e dei fiori.
Da Nord a Sud
Da Nord a Sud, passando per il Centro, è arrivata una valanga di mail (corredate da curriculum) e telefonate. Tutte con lo stesso obiettivo: chiedere di essere assunti al posto dei «furbetti» mandati a casa senza biglietto di ritorno. Come se Palazzo Bellevue, il vecchio albergo trasformato in Municipio mezzo secolo fa, fosse diventato all’improvviso un Centro per l’impiego. O un luogo dove poter tornare a coltivare la speranza del «posto sicuro», nell’epoca del precariato, del lavoro che in tanti casi (troppi) diventa un miraggio. C’è un po’ di tutto nelle mail che hanno invaso i computer dell’Urp e degli altri uffici interessati. È la fotografia degli italiani che sognano un riscatto sociale, nel solco del clamore della vicenda che ha scosso le fondamenta del Comune.
Persone oneste
C’è la laureata torinese che a 35 anni si definisce «ex giovane», figlia di dipendenti pubblici, che spera di seguire le orme dei genitori e augura comunque a Biancheri di poter trovare «in ogni caso persone oneste per far ripartire il suo Comune: in Italia ce ne sono ancora molte, nonostante tutto». C’è l’avvocatessa trentenne di Terni che si rende conto di come «sarebbe più giusto» bandire dei concorsi pubblici, ma si candida ugualmente «per l’impiego in qualunque settore» legato alle sue capacità professionali. A proposito, un geometra cuneese di 37 anni che si definisce «disperato», dopo aver fatto anche il magazziniere e altri lavoretti, è disposto ad accettare qualsiasi impiego ad esclusione del bagnino («non so nuotare, nè remare...»), come se l’amministrazione sanremese ne stesse cercando qualcuno. È vero che in parecchi settori sono con l’acqua alla gola, ma c’è bisogno di altro: funzionari, tecnici, semplici impiegati, perfino operai. Non inganni l’immagine di quel dipendente che andava a vogare al Circolo canottieri durante l’orario di lavoro. Licenziato come il vigile che timbrava in mutande, potente icona dello scandalo, e gli altri colpiti dalle accuse più pesanti. Disperata è anche una madre romana di mezza età con a carico due figli, di cui uno disabile, che chiede almeno una risposta «non con le solite frasi fatte». Restando nella capitale, ecco una coppia di agenti della polizia locale che esibisce un curriculum «immacolato», a scanso di equivoci con l’aria che tira da quelle parti, disponibile a cambiare città e mansioni.
Servono concorsi
Varia umanità, come la quarantenne funzionaria di un’Asl veneta attratta dalla «meravigliosa Sanremo», il giardiniere messinese di 47 anni che sogna di curare parchi e aiuole della città dei fiori, l’educatrice d’infanzia foggiana (stessa età) disponibile a fare trasloco da un giorno all’altro, la disoccupata bergamasca cinquantenne che accetterebbe anche un impiego temporaneo pur di tornare ad avere una busta paga, l’esperto di comunicazione bolognese sulla quarantina che arriverebbe «anche a piedi» pur di avere un’occupazione. E tanti altri, con storie simili o diverse, bussano alla porta di Palazzo Bellevue. Anche dalla Liguria. Servono però concorsi, come il sindaco chiede al governo, non chiamate dirette. Perché per tappare le vistose falle che si sono aperte nell’apparato comunale non possono bastare la buona volontà dei dipendenti nemmeno sfiorati dal fango dell’inchiesta, ma pure di tanti con contestazioni marginali rimasti al loro posto, e la mobilità dalle Province in fase di smantellamento. «Siamo stati additati come esempio nazionale di malcostume – è l’amaro commento del sindaco – ma abbiamo dimostrato di saper prendere le contromisure senza guardare in faccia a nessuno. Ora chi ha il potere di farlo ci dimostri che tutto questo non è stato inutile». Nell’attesa, l’esercito dei disoccupati progetta la «marcia su Sanremo».