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 2016  marzo 03 Giovedì calendario

Poco ci manca che il petrolio riempia le piscine

Il petrolio non sta ancora riempiendo le piscine, come aveva sarcasticamente previsto Bob Dudley, ceo di Bp. Ma in effetti poco ci manca. Anche se la produzione sta finalmente iniziando a calare, c’è ancora così tanto greggio – e così poco spazio residuo nei normali serbatoi di stoccaggio – che negli Stati Uniti ora le scorte si conservano anche sui treni, gli stessi che un tempo trasportavano shale oil in giro per il Nord America, dove gli oleodotti non riuscivano ad arrivare.
Altre scorte sono in mare, a bordo di petroliere: non solo per deliberata speculazione, come in passato, ma perché in alcuni porti per riuscire a scaricare oggi è necessario mettersi in coda. Succede in Asia, a Singapore e in alcuni scali cinesi, ma anche in Europa, ad esempio nel terminal petrolifero di Amsterdam-Rotterdam-Anversa (Ara), uno dei più importanti del Vecchio continente, dove i serbatoi di stoccaggio stanno traboccando. Le autorità portuali olandesi segnalano almeno 40-50 petroliere in attesa di attraccare, il doppio rispetto alla norma: un affollamento che non si vedeva dal 2009. Altre navi intanto stanno allungando ad arte i tempi di trasporto dal Medio Oriente alle coste europee, scegliendo di circumnavigare l’Africa, piuttosto che passare dal canale di Suez: durante la navigazione aumentano le possibilità di trovare un acquirente e comunque il carico aumenta di valore (specie nel caso del gasolio, grazie al forte contango, ossia al prezzo più elevato delle scadenze lontane).
Per gli armatori è il bengodi. «La congestione nei grandi hub mondiali ha beneficio diretto sul valore dei noli, che rimangono alti per la riduzione del numero di navi disponibili per soddisfare la domanda», spiega al Sole 24 Ore Marco Fiori, ceo di d’Amico International Shipping, che oggi presenterà il bilancio. Sulle quotazioni del petrolio l’influsso rischia viceversa di essere molto negativo: «Anche quando ci sarà un deficit di offerta – avverte Jeffrie Currie, responsabile della ricerca sulle commodities di Goldman Sachs -il mercato avrà difficoltà a trattare su valori più alti, perché è probabile che le scorte lo terranno a freno, finché non si saranno riportate su livelli normali».
L’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) stima che le scorte petrolifere, tra greggio e prodotti, solo nei Paesi Ocse abbiano già superato 3 miliardi di barili e che continueranno a crescere – sia pure a ritmo ridotto – sia quest’anno che il prossimo. In base alle previsioni della stessa Aie su produzione e consumi, Bloomberg calcola che le scorte in eccesso non riusciranno ad essere smaltite prima del 2021.
Per il momento il problema continua ad aggravarsi. Ieri le statistiche Eia hanno mostrato un nuovo gigantesco aumento settimanale degli stock negli Usa: quelli di greggio, già al record da oltre 80 anni, sono saliti di altri 10,4 milioni di barili. A Cushing, punto di consegna del Wti, c’è stato un incremento di 1,2 mb. Anche le scorte di distillati sono cresciute a sorpresa di 2,9 mb, mentre almeno quelle di benzina sono calate (-1,5 mb).
Il mercato è rimasto quasi indifferente di fronte alle ultime cifre: dopo una breve fase di ribasso il petrolio ha ripreso quota, per chiudere sui massimi da due mesi: 36,93 dollari al barile nel caso del Brent (+0,3%) e 34,66 $ per il Wti (+0,8%).
A distrarre gli investitori continua del resto ad esserci la prospettiva di un accordo tra Paesi Opec e non, forse addirittura per tagliare la produzione di greggio. Il ministro venezuelano Eulogio Del Pino ieri ha detto che «presto ci sarà una riunione con oltre 15 Paesi per discutere come congelare l’output ed eventuali azioni ulteriori», mentre secondo fonti Reuters il gigante russo Rosneft, alle prese col declino naturale dei suoi giacimenti, starebbe premendo per tagliare anziché stabilizzare la produzione di greggio.
Il problema scorte è comunque difficilmente ignorabile. Anche perché negli Usa – e probabilmente, per il gasolio, anche nel Nord Europa – si sta davvero arrivando a testare i limiti del sistema. Le scorte americane di greggio hanno raggiunto 518 milioni di barili, pari al 94% della capacità operativa totale dei serbatori indicata dal Governo Usa (l’ultima stima semestrale riporta dati al 30 settembre 2015). Cushing, con 66,3 mb, è pieno al 91,1% e i serbatoi del Midwest in generale al 93,2%, secondo i calcoli del Sole 24 Ore. Non stupisce che le scorte comincino ad essere stipate anche sui treni, considerato negli Usa ci sono oggi almeno 20mila vagoni cisterna inutilizzati secondo gli analisti, ossia un terzo del totale, eredità dei tempi in cui lo shale oil scorreva a fiumi, senza oleodotti adeguati e senza poter essere esportato.