Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  marzo 03 Giovedì calendario

La Repubblica e La Stampa si fondono. L’accordo tra Elkann e De Benedetti rivoluziona l’editoria italiana

Andrea Biondi e Simone Filippetti per Il Sole 24 Ore
Le famiglie Agnelli e De Benedetti scrivono una pagina che sa di svolta per l’editoria in Italia. A distanza di 40 anni, due famiglie imprenditoriali del Paese che hanno attraversato da protagonisti le vicende dell’industria in Italia, tornano a fare affari insieme.
E lo fanno preparandosi a celebrare un matrimonio di carta – tecnicamente una fusione per incorporazione di Itedi nel Gruppo L’Espresso – che, nei fatti, rappresenta una svolta epocale per l’industria dei media in Italia: l’unione della Stampa (gruppo Itedi, per il 77% di proprietà di Fca e per il 23% della famiglia Perrone) con il gruppo L’Espresso (54% Cir e 46% altri azionisti). Nasce così un colosso che fra La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX e i quotidiani locali di Finegil (Gruppo L’Espresso) a dicembre arrivava a una diffusione giornaliera carta più digitale di 852mila copie, forte di ricavi per circa 750 milioni e con «la più alta redditività del settore e non gravate da debiti», come riportato nella nota.
Il closing dell’operazione è previsto per il primo trimestre del 2017. Ieri però, con l’annuncio del memorandum d’intesa fra Gruppo Editoriale L’Espresso e Itedi, Carlo De Benedetti e figli, da una parte, e Famiglia Agnelli dall’altra, hanno aperto un atteso risiko nell’editoria: settore da quasi 10 anni zavorrato da una prolungata crisi. Si chiude anche un’era, quella della Fiat (ora Fca) che per decenni ha fatto anche l’editore ed è stata proprietaria del giornale dei torinesi in un connubio industria-editoria che ha segnato anche la storia del Paese. Oltre a cedere Itedi (la società che controlla La Stampa, il Secolo XIX e la concessionaria PubliKompass), Fca passerà la sua quota di Rcs (16,7%) ai soci, uscendo così dai quotidiani italiani. Altrettanto farà Exor che di è impegnata a dismettere entro il primo trimestre 2017 il 5% circa di Rcs che riceverà da Fca.
La famiglia Agnelli quindi esce dal gruppo del Corriere della Sera, ma continuerà a fare il mestiere di editore (secondo un fil rouge che l’ha portata anche a essere azionista dell’Economist). La cassaforte Exor avrà infatti una quota, attorno al 5%, nel Gruppo L’Espresso dei De Benedetti, che rimarranno gli azionisti di maggioranza col 43% circa. Si diluiranno gli altri soci dei due gruppi, a partire dalla famiglia Perrone (proprietaria del Secolo XIX) che avrà il 5%, a Jacaranda Caracciolo Falck, figlia del fondatore di Repubblica Carlo Caracciolo (fratello di Marella, moglie dello scomparso Gianni Agnelli). Altri azionisti Fca saranno poi all’11% circa e, infine, il 36% circa del capitale sarà costituito da flottante.
L’incrocio azionario avrà comunque anche un cascame tra le famiglie Agnelli e De Benedetti: John Elkann, il figlio di Margherita Agnelli che ha preso le redini del gruppo di Torino, secondo indiscrezioni, probabilmente siederà nel cda della casa editrice romana.
«L’accordo segna una svolta importante per il Gruppo Espresso che avvia oggi un nuovo percorso di sviluppo, garanzia di un solido futuro in un mercato difficile», ha dichiarato il presidente del Gruppo L’Espresso Carlo De Benedetti. Dal canto suo il presidente di Fca, John Elkann, in una lettera inviata ai dipendenti Itedi ha voluto rassicurare sul fatto che «il rispetto dei valori di integrità e indipendenza che ha guidato fino ad oggi le nostre testate, resterà immutato»
Ci vorrà un anno perché tutta l’operazione – messa a punto da un nutrito pool di avvocati (Bonelli Erede Pappalardo per De Benedetti, Pedersoli per gli Agnelli e Chiomenti per i Perrone) – vada in porto (da stabilire ancora i concambi). Ed è stata una lunga gestazione: i primi contatti tra gli Agnelli e De Benedetti risalgono ad anni fa.
I buoni rapporti fra John Elkann e Rodolfo De Benedetti, presidente di Cir hanno molto pesato in positivo, unitamente al lavoro fatto dall’ad di Cir, Monica Mondardini. «Cir ha accettato di rinunciare alla maggioranza assoluta del capitale per favorire un’operazione che fa crescere il Gruppo L’Espresso e può creare valore nell’interesse di tutti gli azionisti», ha dichiarato Rodolfo De Benedetti.
Di «accordo di grande valore industriale per il Gruppo L’Espresso, che con l’ingresso di due testate autorevoli e radicate come La Stampa e Il Secolo XIX si rafforzerebbe ulteriormente», ha parlato l’ad Mondardini.
Il buon esito dell’operazione – che dovrà essere approvata entro fine giugno con la firma degli accordi definitivi con fissazione del concambio, e il cui closing è previsto per il primo trimestre del 2017 – a questo punto è legato anche al vaglio di Agcom e Antitrust. Per il settore editoria infatti, le norme finalizzate a garantire il pluralismo ed evitare forme di concentrazione (legge 416/1981, successivamente modificata ed integrata soprattutto dalla legge 67/1987), indicano come colonne d’Ercole il limite del 20% della tiratura complessiva dei quotidiani in Italia, ma anche oltre il 50% delle copie tirate dai quotidiani «aventi luogo di pubblicazione nella medesima area interregionale».
Di certo il mercato sembra aver apprezzato la scelta. Il gruppo L’Espresso, che ieri ha presentato anche i conti del 2015 (si veda altro articolo in pagina) ha chiuso a Piazza Affari in progresso del 15,89%, con Fca salita del +2,4% nel giorno dell’annuncio dell’uscita da Rcs (+7,2%). In salita anche Cir (+2,41%).
È altrettanto certo che l’operazione andrà a creare una sinergia (non bisogna dimenticare il sito di Repubblica.it che è il primo per contatti in Italia e le tre radio del Gruppo L’Espresso: Radio Deejay, Radio Capital e Radio m2o) in un mercato editoriale colpito in profondità dalla crisi e dal drastico calo della raccolta pubblicitaria. Un ridimensionamento per il quale l’indice viene spesso puntato sulla crisi, ma anche sui colossi del web. Contro questi Carlo De Benedetti si è più volte pubblicamente scagliato. La Stampa, dal canto suo, ha invece voluto scommettere sulle partnership come dimostra l’adesione alla “Dni” (Digital news initiative) con Google e vari editori europei e anche l’adesione al progetto “Amp” (piattaforma open source per rendere più veloce la lettura di siti e articoli su smartphone). Altra questione, comunque legata: la pubblicità. Le concessionarie sono al momento due. Impossibile che resti così. E ad avere la meglio, anche se è prematuro dirlo, dovrebbe essere la Manzoni del Gruppo L’Espresso.

***


Fabio Pavesi per Il Sole 24 Ore
Il risiko dell’editoria vede protagonisti almeno tre soggetti. I due coinvolti direttamente nelle future nozze, cioè l’Itedi degli Agnelli e l’Espresso, con un convitato di pietra indirettamente in gioco. La Rcs che vede impegnato il suo primo azionista in un’altra partita editoriale con un diretto concorrente. Il richiamo a Rcs non è casuale. L’editore del primo quotidiano italiano assomma su di sé e amplifica tutte le criticità del settore della stampa italiana che vive ormai da anni una crisi strutturale che fatica a trovare soluzioni. Il settore, documenta R&S Mediobanca, ha perso dal 2010 al 2014 un terzo dei suoi ricavi, circa 2 miliardi in 5 anni. Le perdite cumulate hanno eroso il capitale: il patrimonio netto aggregato dei primi 8 gruppi editoriali italiani segna un -42% con una contrazione per ben 1,4 miliardi. Se questo è il quadro generale di un settore al bivio tra decadenza (caduta di copie cartacee e pubblicità) e riscatto con la nuova frontiera del digitale, Rcs mostra più degli altri indicatori economico-finanziari preoccupanti.
Rcs ha infatti visto una caduta dei ricavi molto più accentuata del settore. Nel 2010 Rcs fatturava 2,2 miliardi, scesi a 1,28 miliardi nel 2014 e a poco più di 1 miliardo a fine 2015. Un calo di ben oltre il 50% del suo fatturato. La drastica caduta del fatturato è stata contrastata come per tutto il settore da un taglio dei costi, che però non è bastato. Le perdite infatti si sono cumulate a un ritmo senza tregua: dall’avvio della crisi il gruppo ha cumulato perdite nette per 1,4 miliardi. Un’emorragia che ha molte cause, ma che vede soprattutto nelle pesanti svalutazioni della dispendiosa campagna di shopping in Spagna uno dei contributi chiave. Solo dalle rettifiche sui prezzi pagati per la campagna iberica Rcs ha visto perdite per oltre 700 milioni.
Perdite così ampie hanno intaccato il capitale e allargato la forbice con i debiti finanziari. Rcs aveva nel 2010 debiti finanziari pari al capitale netto. Oggi il debito finanziario netto a 487 milioni, vale ben 3 volte il patrimonio e ben 7 volte il margine lordo. E questo nonostante un aumento di capitale da 400 milioni nell’estate del 2013. Ora il nuovo management confida in un piano industriale che dovrebbe portare il Mol al 13% del fatturato, all’utile netto, a cash flow positivo e a un livello di debito sul Mol che scenderà prima a 4 volte e poi a 2 volte a fine piano. Piano ambizioso che esclude un nuovo aumento di capitale per i soci, aumento su cui premevano le banche esposte.
Quanto invece a La Stampa anche qui la famiglia Agnelli via Fiat ha dovuto aprire il portafoglio. Sono stati versati in conto capitale a Itedi l’editrice de La Stampa ben 105 milioni tra il 2012 e il 2013. Iniezione di capitali necessari a fronte delle perdite per oltre 90 milioni che il giornale ha subito in quel biennio. Anche il giornale torinese soffre sui ricavi: scesi di 30 milioni su 137 negli ultimi 5 anni. Ma nel 2014 ultimo bilancio disponibile si è rivisto un piccolissimo utile e soprattutto ora la società appare più che solida sul fronte patrimoniale con capitale per 19 milioni e debiti finanziari per solo 4 milioni. Almeno su questo fronte a Torino si dorme tranquilli.