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 2016  marzo 03 Giovedì calendario

Un europeo su quattro fa uso di droghe • Ora il governo egiziano dice che Giulio Regeni è stato ucciso dai terroristi • La serial killer di Mestre confessa il secondo delitto e scagiona un’innocente • L’omicidio stradale è legge: carcere fino a 18 anni • Scoperto il gene dei capelli grigi: si potrà disattivare • A Roma ci sono tre topi per abitante

 

Droga Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, durante la presentazione della relazione annuale della Dna al Senato, ha detto che «oggi sono 250 milioni i consumatori di stupefacenti, un europeo su 4 ha rapporti con il mondo della droga». Per un giro d’affari gigantesco, che solo nel nostro Paese, arriva a rasentare il guadagno delle aziende manifatturiere. «Nel mondo lo spaccio di droga muove 560 miliardi di dollari, 35-40 miliardi di euro solo in Italia». Un’enormità se si pensa che «il settore manifatturiero italiano frutta poco di più 45 miliardi di euro» (Longo, Sta).

Regeni Nel pomeriggio di ieri il governo egiziano ha consegnato una prima tranche di carte dell’inchiesta fin qui condotta dalla procura di Giza sulla morte di Giulio Regeni. «Da una prima visione, si tratta di documenti parziali e incompleti» spiega però una fonte italiana. Tanto che lo stesso ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, è tornato ad augurarsi «una collaborazione più seria da parte delle autorità egiziane». Anche perché, oltre a questo abbozzo formale di collaborazione, la giornata di ieri ha fatto registrare l’ennesimo depistaggio. La giornata era cominciata infatti con una voce fatta circolare dal governo del Cairo che accreditava nuovamente l’ipotesi di una vendetta dei terroristi contro Al Sisi. «Il terrorismo in Egitto non è finito e cerca di danneggiare i rapporti tra l’Egitto stesso e altri paesi, come è stato nel caso del cittadino italiano Giulio Regeni», ha dichiarato all’Ansa una fonte egiziana. «Attraverso quest’atto coloro che sono legati a gruppi terroristici hanno addossato al ministero dell’Interno egiziano la responsabilità dell’uccisione di Regeni». Un’ipotesi che al pari del delitto con lo sfondo della criminalità comune e di quello di natura sessuale è però allo stato priva di ogni fondamento, secondo gli italiani che da tre settimane sono al Cairo per fare luce sull’assassinio di Giulio (Foschini, Rep).

Killer Monica Busetto, 53 anni, ausiliaria in ospedale, ritenuta in primo grado colpevole, «al di là di ogni ragionevole dubbio», di aver ucciso in modo orribile l’anziana vicina di casa, e condannata per questo a 24 anni e mezzo, ieri è uscita dal carcere della Giudecca perché non è lei l’assassina. La donna, che alla vigilia di Natale di tre anni fa ha soffocato e poi colpito con un coltello ripetutamente alla gola e al cuore Lida Taffi Pamio, 87 anni, è un’altra. Si chiama Susanna Lazzarini, conosciuta come Milly, 52 anni. Milly da un mese e mezzo è già detenuta, dopo aver ammesso di aver strangolato alla vigilia di Capodanno un’altra anziana, Francesca Vianello, 81 anni, per appena 100 euro avuti in prestito e che non era in grado di restituire. Mercoledì scorso, dopo 12 ore di interrogatorio, ha confessato anche il delitto del 2012. Le due vittime erano entrambe compagne d’infanzia della madre (Bruno, Cds).

Omicidio stradale Le norme sull’omicidio stradale, quelle che prevedono fino a 18 anni di carcere per chi provoca la morte di un passeggero o di un altro automobilista, sono legge delle Stato. Il Senato, infatti, ha approvato ieri la fiducia sul testo, arrivato dalla Camera dov’era stato emendato. A chiedere la fiducia («con orgoglio» ha detto) è stata la ministra Maria Elena Boschi. I voti favorevoli sono stati 149, contrari 3, astenuti 15. Alla fine grande soddisfazione di Matteo Renzi: «Per Lorenzo, per Gabriele, per le vittime della strada. Per le loro famiglie. L’omicidio stradale è legge» ha twittato il premier. «E’ stata dura - commenta Renzi - ma questa legge è realtà» (Buzzanca, Rep).

Trump 1 Donald Trump sta portando alle urne l’America che non votava. Cittadini che non hanno mai creduto nella politica, non si sono mai sentiti rappresentati, sono accorsi in massa alle primarie del Supermartedì, esaltati da uno showman che gli promette «Vi farò grandi di nuovo». Trump è da ieri il favoritissimo fra i repubblicani, i numeri indicano una finale a novembre tra lui e Hillary Clinton, che a sinistra è riuscita a contenere la sfida radicale di Bernie Sanders. Martedì sia Trump che la Clinton hanno conquistato 7 Stati su 11, tutti e due hanno circa un quarto dei delegati necessari per la nomination, e soprattutto hanno reso molto improbabile la vittoria di qualcun altro. Ma la Clinton era favorita dall’estate scorsa e il “rivoluzionario” Sanders l’ha messa in difficoltà solo in alcune aree del paese. Il ciclone Trump è tutt’altra cosa: sconvolge la politica americana, ha sbalordito tutti gli esperti. E’ sopravvissuto anche all’ultima settimana di attacchi forsennati: lo hanno accusato di truffa e frode, evasione fiscale, connivenza col Ku Klux Klan, sfruttamento illegale di immigrati clandestini. Spesso accuse fondate. Ma l’America di Trump ha smesso di ascoltare: non si fida dei politici, dei media, delle élite. Si sgolano gli avversari a definirlo «un magnate che ha sempre disprezzato la gente comune» (Marco Rubio), «un affarista che intrallazza coi politici, blasfemo e volgare» (Ted Cruz), finora gli attacchi non bucano il muro della nuova America che ha scoperto il suo eroe. In alcuni Stati l’affluenza alle primarie repubblicane ha raggiunto il triplo del passato, un boom di votanti che nessuno aveva visto arrivare. Lui sa che questa è la sua arma più forte, lo dice chiaro ai notabili della destra: «Io sto allargando la dimensione del partito repubblicano» (Rampini, Rep).

Trump 2 Tra i suoi elettori prevalgono maschi, bianchi, con scarsi titoli di studio, reddito medio-basso. Soprattutto li accomuna un dato culturale: il senso di esclusione, di risentimento, d’ingiustizia. Ce l’hanno coi neri o con gli immigrati perché li vedono come parassiti del Welfare che tolgono risorse alle loro pensioni e alla loro sanità. Ce l’hanno con l’1% dei privilegiati che li fregano, coi banchieri di Wall Street, coi capitalisti che delocalizzano in Cina, coi politici venduti alle lobby (ibidem).

Capelli grigi Scienziati di mezzo mondo, coordinati dall’University College di Londra, hanno scoperto che l’ingrigimento dei capelli ha anche origine genetica e non escludono di poter presto arrivare alla pillola che lo cura. L’indagine, pubblicata su Nature Communications e firmata dal dott. Kaustubh Adhikari dell’Ucl, ha preso in esame, con la collaborazione di molte università Usa, circa 6630 individui. Il gene che a un certo punto della vita schiarisce la chioma fino a farla diventare bianca è stato battezzato Irf4 (Interfon Regulatory Factor 4). Non agisce da solo, ma con altri fattori ancora da identificare ed è comunque responsabile di quel fenomeno che priva i follicoli piliferi dell’apporto di melanina: è come se alla base di ogni singolo capello ci fosse un microscopico barattolo di colore, che si esaurisce. Il professor Andrés Ruiz-Linares, esperto di bioscienze della Ucl, è convinto che «comprendere i meccanismi dell’Irf4 può essere rilevante per sviluppare soluzioni che ritardino l’ingrigimento dei capelli e per approfondire aspetti della biologia dell’invecchiamento umano». La colpa non è tutta dei geni, che sembrano governare solo per un 30% l’ingrigimento dei capelli. Il 70% è ancora dovuto a fattori ambientali e allo stress. Per la pillola contro i capelli bianchi bisognerà aspettare ancora un poco, ma non moltissimo, assicurano gli scienziati (Sabadin, Sta).

Topi C’è chi stima la popolazione dei ratti capitolini fra i sei e i nove milioni di esemplari: da due a tre per ogni cittadino residente nel territorio comunale (Rizzo, Cds).

(a cura di Roberta Mercuri)