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 2016  marzo 03 Giovedì calendario

Ritratto di Valeriia, la fidanzata di Giulio Regeni

Kiev (Ucraina) Ha la stessa semplicità e lo stesso slancio umanitario per gli ultimi del mondo, per chi stenta, per chi è oppresso da guerre, regimi, carestie. Valeriia Vitynska era la ragazza di Giulio Regeni e sembra davvero l’anima gemella. Anche l’impegno è altrettanto alto: Nazioni Unite, World food programme, Kiev, nella sua Ucraina. Lavora nell’ufficio dell’Onu che assiste gli oltre 260 mila disperati della guerra in corso nelle regioni dell’Est del Paese. Ma in questi drammatici giorni è la morte di Giulio a occuparle la mente.
La incontriamo nell’androne di questo grigio palazzo del centro di Kiev che ospita l’agenzia del Programma alimentare mondiale dell’Onu. Ha accettato di incontrarci a un patto: «Non voglio dire nulla pubblicamente perché è troppo presto e troppo doloroso». Gli occhi umidi dicono tutto. Deve lottare contro la commozione quando si parla del brutale assassinio e della tragedia infinita che sta vivendo. Perché con Giulio aveva un legame forte, speciale, unico.
A 27 anni si ritrova a fare i conti con un fatto di sangue che sembra lontano mille miglia dalla sua natura. Lui è stato torturato, ucciso e gettato come un fantoccio nel fosso di una superstrada periferica del Cairo. Delitto di grande risonanza politica e mediatica, capace di pregiudicare i rapporti fra Italia ed Egitto, coinvolgendo accademici di mezzo mondo. Mentre lei appare riservata, discreta, silenziosa, l’aria da brava ragazza, giacca e pantaloni scuri, i modi garbati, la mano stretta con moderazione e rispetto.
«Quella sera Giulio mi ha scritto un sms: “Sto andando dal dottor Hassanein” (anziano intellettuale esperto di sindacato, ndr)», ha dichiarato agli inquirenti che sono andati a sentirla a Fiumicello nei giorni tristi del funerale di Giulio. Era il penultimo messaggio di Regeni prima della scomparsa. L’ultimo l’avrebbe mandato un minuto dopo, alle 19.42, a Gennaro Gervasio, il docente di Scienze Politiche che vive al Cairo ed era una cara frequentazione del giovane ricercatore: «Sto arrivando».
La sera del 25 gennaio si chiuse così. Poi, più nulla. Valeriia ha rivisto Giulio solo in Italia, in una bara di legno portata a spalla dagli amici. Giulio e Valeriia, lui friulano di Fiumicello, lei ucraina di Lutsk, città della pianura occidentale verso il confine polacco. Lui ricercatore a Cambridge, lei Programme assistant al Wfp dell’Onu a Kiev, grande capitale dell’Europa orientale con oltre cinque milioni di abitanti che stanno conoscendo un periodo di crisi economica, conseguenza diretta del logorante conflitto con la Russia.
Valeriia ha una formazione socio-economica, Università a Birmingham, master in relazioni internazionali a Cardiff. Giulio parlava quattro lingue, lei altrettante. Stavano insieme da un paio d’anni e si sentivano molto spesso. Per dire della riservatezza della ragazza, bastano le parole del suo capo ufficio, Giancarlo Stopponi, un italiano che ha trascorso 29 anni a guidare progetti alimentari in giro per il mondo e che a Kiev segue il gruppo di Valeriia, una sessantina di persone, trenta nella sola capitale, un team nato due anni fa: «Non ne sapevo assolutamente nulla! Sono sorpreso e addolorato da questa notizia. Valeriia mi aveva detto del suo ragazzo italiano ma non pensavo fosse Regeni. Non ne ha mai parlato in ufficio, non a me almeno... In effetti c’era qualcosa che non andava in lei in questi giorni ma ha lavorato. È sempre stata persona responsabile, seria, silenziosa, diligente. Quando la chiamo arriva subito e poi torna nel suo ufficio a fare quel che deve».
A Stopponi la brutta notizia l’abbiamo data noi. «Valeriia è una delle prime ragazze che abbiamo preso, nel novembre del 2014, quando è partito il programma emergenziale di assistenza alle zone di guerra. Donne, uomini e bambini che vivono sotto il fuoco dei cannoni, spesso senza lavoro e in condizioni di grande disagio ambientale». Acqua, olio, riso, pasta, carne in scatola.
La «squadra» di Valeriia si occupa di queste forniture e delle somme raccolte a questo scopo. «Ha iniziato in amministrazione ma visto che era brava l’abbiamo spostata alle risorse finanziarie». Come Giulio anche lei non può contare su un posto fisso. I suoi sono contratti semestrali che si rinnovano sulla base del programma legato all’emergenza. E il prossimo scade in luglio. «Persona fortemente motivata e di grande entusiasmo verso i lavori di ricerca e i progetti di ricerca in ambito internazionale», dice di se stessa in una presentazione. La ricerca era il loro comune interesse. Giulio proiettato a Sud, lei più in Europa e a Est. Prima dell’Ucraina ha lavorato in Cina, ad Hangzhou, e all’Istituto europeo Ludwig von Mises di Bruxelles.
La si vede in foto a Danzica, in Polonia, con una delegazione di Lutsk per un impianto di trattamento delle acque reflue. Nel suo curriculum ci sono progetti di acquedotti, oleodotti, sempre in ambito sociale e con la lente puntata sulla sostenibilità economica degli interventi, fra donazioni e finanziamenti.
Da due anni l’attenzione si è spostata sulla sua terra, fra chi non è riuscito a lasciare le aree di conflitto. Cerca di far arrivare acqua, riso e un po’ di calore a chi non ce l’ha. Con un occhio di riguardo ai più deboli, come Giulio.