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 2016  marzo 03 Giovedì calendario

Pancetta o guanciale nella carbonara? I sei candidati alle primarie Pd per il comune di Roma si sottopongono alle prove di romanità

Domenica prossima, dalle 8 alle 22, le primarie romane del Pd: l’impresa di riuscire a dimenticare Ignazio Marino, trovargli un successore in Campidoglio e ignorare il processo per l’inchiesta Mafia Capitale che va avanti, udienza dopo udienza (e quelle che verranno potrebbero rivelarsi assai dolorose).
Sono stati anni, mesi tremendi per il Partito democratico, qui a Roma: i militanti devono scegliere il candidato giusto sotto una cappa bassa, grigia, opprimente.
Quasi opprimente.
«No, dico: li hai visti i candidati su Facebook? Guarda un po’ cosa sono stati costretti a fare...».
Poi sghignazza divertito, saluta, mette giù.
La trovi sempre, nella sede dell’ex Collegio Nazareno, un’anima pia. Quello che ha una parola perfida che sembra buona. Lo sciacallo travestito da fonte.
Comunque potete andarci anche voi, su Face.
Pagina: Primarie Roma 2016.
«Prove di romanità» per i sei candidati: Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera; Roberto Morassut, deputato; Domenico Rossi, ex generale e sottosegretario alla Difesa; Gianfranco Mascia, portavoce dei Verdi di Roma; Stefano Pedica, ex senatore e Chiara Ferraro, studentessa colpita da autismo severo, presenza simbolica e struggente.
Prove di romanità, in che senso?
Chiedono ai candidati: nella pasta alla carbonara, va la pancetta o il guanciale? (il genio della comunicazione che ha ideato la domanda, alla scuola delle Frattocchie del vecchio Pci, ovviamente, sarebbe stato espulso).
Morassut leggermente incerto: «Guanciale!... Mhmm... Guanciale?».
Giachetti retorico: «Io ho fatto 123 giorni di sciopero della fame... Ma sui fondamentali non transigo: guanciale!».
Le intervistine – format copiato al programma Le Iene – hanno uno strepitoso effetto tragicomico e si chiudono con una raggelante esibizione canora.
Intonare La società dei magnaccioni, prego (Bella Ciao è stata lasciata al compagno Stefano Fassina).
Morassut: «... Noi semo quelliii/ che jarisponnemo in corooo... È mejo er vinooo/ de li Castelliii... che de sta zzozzzza società...».
Sotto l’esibizione di Morassut, 126 «mi piace»; sotto quella di Giachetti, 247.
Però la partita politica è leggermente più aperta di quel che sembra. Secondo alcuni sondaggi che nessuno ha visto – «Ma te devi fidà, daje: se nun te fidi de me…»: a Roma, anche se parli di politica, è così – Giachetti sarebbe avanti solo di cinque punti su Morassut.
Però, e concordano tutti, moltissimo dipenderà dall’affluenza. Il ragionamento è questo: dando per improbabile che si possano replicare i numeri delle ultime primarie (aprile 2013), quando a scegliere tra Ignazio Marino, Paolo Gentiloni e David Sassoli, andarono in 94 mila, se stavolta i militanti fossero davvero un numero esiguo per una città come questa, diciamo intorno ai 30 mila, allora tra Giachetti e Morassut ci sarebbe realmente partita; se invece si dovesse comunque raggiungere o superare la soglia dei 50 mila, dovrebbe farcela agevolmente Giachetti.
Lui è il candidato del premier Matteo Renzi, cui s’è aggiunto anche un romantico appello del ministro Gentiloni e l’appoggio ufficiale dei franceschiniani di Areadem, del presidente della Regione Nicola Zingaretti e dei Giovani Turchi (il loro leader, Matteo Orfini, presidente del partito e commissario straordinario a Roma dopo le contiguità con i criminali Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, fa in modo di non comparire: ma è dura).
Con Morassut – come notano acuti osservatori – c’è invece tutta la minoranza pd “rottamata” ed eccitata dall’idea di far inciampare Renzi almeno nella Capitale (da Massimo D’Alema a Pier Luigi Bersani, da Gianni Cuperlo a Roberto Speranza), c’è qualche ex veltroniano e c’è anche Goffredo Bettini, che in questa città continua a gestire pezzi di potere (inutile interpellarlo, tanto smentirebbe come fa sempre: «Io burattinaio? Io responsabile dell’elezione di Marino? Ma io ho lasciato la politica tanti anni fa...»).
Ecco, appunto: la politica.
A dosi minime, in queste primarie.
Stiracchiate, flaccide, banali.
Da Lucia Annunziata, a In ½ ora, domenica scorsa, una specie di presepe servito solo a Mascia – ex Girotondi, ex Popolo viola, vero professionista dei cortei – per sfoggiare il suo orsacchiotto (giochino ironico per richiamare il cartone animato Masha e Orso ). Annullato il confronto pubblico previsto alla Sala Umberto e trasferito – si terrà stasera – nelle sicure e gelide mura del Nazareno con – probabile – diretta streaming.
Giachetti (54 anni, romano: studi politici con Marco Pannella, renziano quando nessuno immaginava che Renzi sarebbe diventato così potente) e Morassut (52 anni, romano: comincia da segretario della leggendaria sezione pci dell’Alberone, quindi assessore all’Urbanistica nella giunta Veltroni) sono stati buoni e tranquilli fino a due giorni fa.
«Poi Morassut mi ha accusato di essere sostenuto da una conventicola un po’ losca...», dice Giachetti salendo su un vagone della Roma-Lido diretto a Ostia, ma che potrebbe tranquillamente essere diretto a Calcutta.
E allora?
«Suggerisco di non fare la lista dei buoni e dei cattivi. Perché sono io, se vogliamo essere precisi, quello che garantisce discontinuità, e non certamente lui, che era nel partito a Roma anche quando giravano facce che non voglio nominare...».
Queste primarie sono di una modestia imbarazzante.
«Paghiamo il passato. Mafia Capitale e Marino. Una zavorra. La gente è imbufalita. Il rischio astensione, purtroppo, è concreto».
Queste ultime cose le ripete, identiche, anche Morassut. Che, però, non ci sta per passare come candidato dei «rottamati».
«Anch’io ho votato per Renzi: solo che l’ho votato con autonomia intellettuale, senza stare nel suo giglio magico. Sono uno che s’è costruito da solo. E per i romani, questa, è una garanzia».
Telefona la fonte perfida di prima.
Dice: «I candidati hanno fatto pure il karaoke a Radio Rock...». Come il karaoke? «Ti giuro... Tanto pe’ canta’...». Quella di Nino Manfredi? «Ah ah ah! Sì, te lo giuro...».