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 2016  marzo 03 Giovedì calendario

A proposito del film “Suffragette”

Suffragette è uno di quei film che soprattutto le ragazze dovrebbero vedere, per capire che prigione era la vita femminile cent’anni fa: del voto oggi può loro non importar niente, però è meglio sapere quanto alle donne sia costato ottenerlo, come inizio di una vita migliore, quella di cui godono oggi, almeno rispetto a quella del passato.
Per ricordare un evento politico che allora sembrava assurdo o addirittura criminale, la sceneggiatrice Abi Morgan e la regista Sarah Gavron hanno creato una storia individuale che può risultare melodrammatica, un po’ dickensiana, che però riesce con grande semplicità e intensità a dare il senso della vita miserevole dei lavoratori (e soprattutto delle lavoratrici) sfruttati dal progresso industriale, della supremazia maschile protetta dalla legge scritta solo dagli uomini, delle caste sociali, nel momento in cui le donne, in questo caso le donne inglesi, cominciarono a immaginare la possibilità di sottrarsi alle loro vite secondarie e di conquistare diritti fino ad allora inesistenti, cominciando dal voto.
Maud lavora in una grande lavanderia dove la vita di tutte è compromessa dai vapori, dai veleni, dalle 13 ore di lavoro di ininterrotta fatica e pagate molto meno degli uomini, dalla sottomissione, anche sessuale, al minaccioso padrone. A casa, angusta e buia, l’aspettano un bel marito che la ama da uomo primo ‘900, cioè con affetto padronale, l’amatissimo figlio di 5 anni, e tutto il lavoro di casa oltre all’immancabile rammendo di ogni povero capo di vestiario. È il 1912, a Londra, ed Emmeline Pankhurst ormai vedova di un uomo con le sue stesse idee, già da anni entra ed esce di prigione e ha un seguito femminile sempre più vasto. È finito il tempo delle parole, delle suppliche e delle petizioni, perché il governo del primo ministro Lloyd George, pur liberale e pre-labourista, non ne vuole sentir parlare: le donne hanno meno cervello, nervi fragili, e poi potrebbero arrivare addirittura a chiedere di entrare in Parlamento.
È impressionante, nel film, l’immagine tutta maschile del potere, anziano e severo, che non può neppure pensare a donne, cioè esseri inferiori, che pretendano privilegi riservati agli uomini. Per le suffragette è arrivato il momento dei fatti: e Maud si trova per caso in mezzo a signore con obbligatorio cappellino e magari una carrozzina che non contiene infanti ma sassi, con i quali cominciano a fracassar vetrine. Incuriosita andrà ad altre manifestazioni, contro il volere del marito e si troverà circondata come le altre donne da poliziotti a cavallo che le bastonano senza pietà.
Allora, e forse anche adesso, la parola suffragetta era un insulto, i caricaturisti le disegnavano bruttissime, molte donne le detestavano considerandole misteriosamente puttane. Molte venivano piantate dal marito, se ce l’avevano, e sottraevano loro i figli, come la legge esigeva. Le loro azioni diventavano sempre più violente: danni alle opere d’arte nei musei, bombe fabbricate da loro nelle cassette della posta, incendi delle case dei politici; scioperi della fame in prigione, dove subivano la pericolosa alimentazione forzata, riprodotta sui giornali con vignette terrorizzanti e le condanne anche ai lavori forzati (per la Pankhurst).
Suffragette ricorda anche l’episodio più clamoroso della rivolta femminile di quegli anni: quando il 4 giugno del 1913, la militante Emily Davison, in occasione del mondano derby di Epsom, alla presenza di re Giorgio V, si getta sotto un cavallo, è ferita e quattro giorni dopo muore. L’Inghilterra si commuove ma si solleva contro l’associazione delle suffragette, anziché come pensavano loro, allearsi per chiedere di concedere il voto alle donne. La vessata ma coraggiosa Maud è la lacrimante Carey Mulligan, la farmacista fabbrica bombe è Helena Bonham Carter, il crudelissimo ma poi pensoso poliziotto persecutore Brendan Gleeson: la Pankhurst è Meryl Streep, forse volutamente caricaturale, che per fortuna appare pochi minuti. Se a qua lcuno interessa, il primo paese a dare il voto alle donne fu la Nuova Zelanda nel 1893, il primo paese europeo la Finlandia nel 1906, la Gran Bretagna subito dopo la prima guerra mondiale nel 1918: l’Italia giusto settant’anni fa, il 10 marzo 1946.