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 2016  marzo 03 Giovedì calendario

Dopo quasi un secolo la Fiat esce dal Corriere

Con l’ingresso di Exor nel Gruppo Espresso finisce la storia quasi centenaria della presenza diretta di Fiat (oggi Fca) nell’editoria italiana. La casa automobilistica aveva acquisito la proprietà della Stampa nel 1920. Da allora e per tutto il Novecento il quotidiano torinese, con la Juventus una delle due vere passioni di Gianni Agnelli, è sempre rimasto nel bilancio del costruttore di automobili. Così come, negli anni Settanta, sarebbe stato con Rcs. Nonostante le perplessità degli analisti finanziari che si chiedevano che cosa c’entrasse l’editoria con i mezzi di trasporto, la presenza della partecipazione anomala è rimasta come un tratto distintivo del gruppo del Lingotto. 
Anche con l’arrivo del giovane John Elkann alla presidenza di Fca la situazione non è mutata. Il nipote ha ereditato dal nonno la passione per i giornali. La fusione con Chrysler e la nascita di un gruppo automobilistico di dimensione mondiale hanno però reso l’anomalia novecentesca difficile da reggere a lungo. La famiglia Agnelli ha continuato a investire nell’editoria ma lo ha fatto attraverso la sua finanziaria, Exor, rilevando, ad esempio, la quota più significativa dell’Economist. Restavano fino a ieri nel bilancio di Fca le quote di Itedi (proprietaria de La Stampa e del Secolo XIX) e di Rcs. Particolarità di bilancio difficili da spiegare nei road show con i banchieri d’oltreatlantico. Anche se al Lingotto giurano che non sia mai stato questo un ostacolo decisivo nelle trattative per nuove fusioni automobilistiche. È un fatto che una razionalizzazione si imponeva. Per questo, «coerentemente con la decisione di concentrarsi nelle attività automobilistiche», come si legge nel comunicato di Fca, la casa di Torino ha deciso di distribuire ai soci sia la partecipazione in Rcs sia quella in Itedi. In questo modo Exor, che ha circa il 30 per centro di Fca, si ritroverà ad avere poco più del 5 per cento di Rcs e il 5 per cento dell’Espresso. Gli Agnelli hanno contestualmente annunciato ieri che intendono vendere la quota Rcs per concentrarsi «attivamente e con un impegno di lungo termine allo sviluppo della nuova società che nascerà dalla fusione di Itedi con il Gruppo Editoriale L’Espresso». Molto duro il comunicato di Fca che ripercorre le tappe della presenza della casa automobilistica nell’editrice del Corriere: «Giunge a compimento il ruolo svolto prima da Fiat e poi da Fca per senso di responsabilità nel corso degli ultimi quarant’anni che ha permesso di salvare il gruppo editoriale in tre diverse occasioni assicurando le risorse finanziarie necessarie a garantirne l’indipendenza». Come dire: di più non potevamo né volevamo fare.
Così chiuso il capitolo Rcs, Elkann promette un impegno di lungo termine con il Gruppo Espresso. Una scelta che spiega con la necessità di «mettere da parte le certezze acquisite nel tempo per trovare soluzioni nuove e originali capaci di mettere in sicurezza non solo l’attività economica e coloro che lavorano nei giornali ma soprattutto la funzione stessa di fare informazione».
Il primo gruppo editoriale italiano nascerà così dall’incontro di due famiglie torinesi che hanno segnato la storia del capitalismo italiano del Novecento anche rappresentando poli diversi della vicenda economica nazionale. Due famiglie, i De Benedetti e gli Agnelli, che si sono incrociate spesso durante il secolo scorso. Così come c’è parentela (Elkann la sottolinea nella lettera di ieri) tra gli azionisti di Fca e Carlo Caracciolo, editore dell’Espresso e fondatore di Repubblica insieme a Eugenio Scalfari.
Come si spiega la mossa di Exor nelle strategie della famiglia Agnelli? In questi anni Elkann si è sforzato di mantenere le caratteristiche dellaStampa così come l’aveva plasmata il nonno nel Novecento: un giornale glocal, in grado di ospitare contemporaneamente l’opinione di un Segretario di Stato Usa come Henry Kissinger e della casalinga torinese che scrive alla rubrica delle pagine locali “Specchio dei tempi”. Un modo di intendere l’informazione, legata contemporaneamente al territorio e al mondo, che oggi Internet ha finito per enfatizzare. Ma per replicare lo stesso cliché nell’era dell’informazione globalizzata non basta il dna: ci vogliono investimenti e una dimensione transnazionale. Così Elkann sta applicando anche all’editoria la filosofia che lo sta spingendo a cercare la fusione con un grande costruttore di automobili come Gm: meglio partecipare a un grande gruppo di dimensione internazionale, anche diluendo la propria partecipazione, piuttosto che difendere lo stato di cose esistente.