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 2016  marzo 03 Giovedì calendario

Tutti gli uomini di Trump. Dal lobbista all’ultrà evangelico, ecco lo staff del tycoon

È l’uomo che preferisce – almeno così ama raccontare – fare tutto da solo: senza donatori, grazie al suo immenso patrimonio privato (affermazione quasi vera); senza ghostwriter, anche a costo di sbagliare clamorosamente una citazione biblica durante un comizio in South Carolina; e con uno staff di appena dieci persone nel suo quartier generale di New York. Ma ora, davanti alla prospettiva concreta di vincere la nomination repubblicana, Donald Trump si trova costretto a cambiare marcia e assumere più gente sul campo.
Il suo “cerchio magico”, tuttavia, per ora è rimasto quasi inalterato. Figura chiave è Corey Lewandowski, il manager della campagna elettorale: 41 anni, cresciuto professionalmente nel Partito Repubblicano, nel 2008 è passato armi e bagagli al gruppo Americans For Prosperity dei fratelli Koch, i multimiliardari del Kansas che da anni versano fiumi di denaro a tutti i candidati più conservatori.
Il ruolo di direttore politico, invece, Trump lo ha affidato a Michael Glassner, per un breve periodo direttore regionale dell’Aipac (il gruppo di pressione che sostiene gli interessi israeliani in America), e nel 2008 principale consigliere di Sarah Palin. La portavoce è Katrina Pierson, che prima di atterrare sul pianeta Trump aveva svolto lo stesso ruolo per il Tea Party Leadership Fund, la cassaforte del movimento che ha sconvolto gli equilibri della destra americana.
Quanto alle operazioni sul territorio, quelle sono in mano ad alcune vecchie volpi dell’universo politico evangelico: Sam Clovis, che nel 2012 fu uno degli artefici della vittoria di Rick Santorum, campione della destra cristiana, nei caucus dell’Iowa; e Sarah Huckabee Sanders, figlia del pastore battista e star radiofonica Mike Huckabee che ha già lavorato per il padre nel 2008 e per George Bush nel 2004. Tesoriere è Tim Jost, che gestì le finanze di Mitt Romney quattro anni fa.
A forza di accumulare vittorie, però, Trump deve cominciare a guardare oltre le primarie. Del governatore del New Jersey Chris Christie, a sorpresa il primo fra gli avversari sconfitti a salire sul carro del vincitore, si dice punti alla vicepresidenza. E a Washington si vocifera di un dialogo in corso fra Trump e la nemesi di Bill Clinton, Newt Gingrich, per un eventuale posto da capo di gabinetto della Casa Bianca.