Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  marzo 02 Mercoledì calendario

Il tè giusto per ogni pietanza, dall’antipasto al dessert. L’ultima moda di Parigi

Né vini. Né alcolici o analcolici. Né tampoco birra o bollicine. Solo tè. Tè di ogni tipo, di ogni colore, nero-verde-rosso-giallo-blu-bianco, ciascuno nella sua teiera colorata, di vetro, di ghisa, di porcellana, di metallo. Il tè giusto per ogni pietanza, dall’antipasto al dessert, guidati dal sorriso di questo cinesino simpatico e loquace, Chi Wha, che, come un vero sommelier, ti spiega, per esempio, perché la tartare di tonno del Mediterraneo, piatto grasso si capisce, «s’est marié», si sposa alla perfezione con un tè nero (Pur-erh-sheng) della provincia del Li-Cang, invecchiato sei anni, quasi come un Barolo, nel suo vaso di terracotta.

O che l’accoppiamento giusto per un piatto di ostriche o di Saint-Jacques condite con una salsa di soia e cocco è un delizioso Darjeeling, il più nobile dei tè neri indiani, versato dalla sua teiera di terracotta.
Un’esperienza unica, «une cuisine elegante et precise», ha scritto quasi incantato il food editor del quotidiano Le Monde, dopo una cena al ristorante Yam’Tcha, al 121 di rue Saint-Honoré, 1° arrondissement, insomma nel cuore di Parigi, dove la concorrenza dei grandi chef stellati dovrebbe farsi sentire, eccome. Ma non c’è sera che i tavoli del Yam’Tcha non siano tutti occupati e non c’è giorno che il nostro Chi Wha non prepari con cura le sue sei teiere colorate, per accoppiare il tè giusto al piatto giusto.
«Tutto dipende da mia moglie, bretone, è lei lo chef che prepara i piatti del giorno e io debbo seguirla con una carte de thés adeguata.

Non posso sbagliare. Perché il tè non è come il vino che esplode nel palato; il tè accompagna i gusti, li addolcisce, quasi prolunga il piacere Prendiamo l’aperitivo», continua Chi Wha, «il tè dell’aperitivo deve essere come una vera mise-en-bouche, per questo io propongo un oolong (letteralmente, Drago Nero, ndr), un tè nero leggermente fermentato del Sudest della Cina».
Ha ragione il food editor di Le Monde: l’esperienza di un pranzo o di una cena nel ristorante di Chi Wah è davvero indimenticabile. E potrebbe far scuola, aggiunge la signora Wah che da nubile fa Adeline Grattard e ha imparato dal marito a frotter, a mettere insieme gusti e sapori della cucina cinese e della cucina francese. Col tè al centro della tavola. In effetti i francesi consumano solo 275 grammi di tè all’anno, meno della metà degli inglesi e dei marocchini. Dunque, come direbbero al marketing di un’azienda, c’è spazio. E lo testimonia anche il successo di un libro appena uscito da Flammarion, grande casa editrice francese: Thé, rituels et bienfaits (Tè, rituali e benefici) di Christine Dattner, grande esperta di cucine orientali. Che si può incontrare a un tavolo del Restaurant Yam’Tcha al 121 di rue Saint-Honoré.