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 2016  marzo 02 Mercoledì calendario

Sulle lezioni private

Hausaufgaben, nein danke! Compiti a casa, no grazie, superata la metà dell’anno scolastico, il vecchio tema divide famiglie e professori, per non parlare dei diretti interessati, bambini e ragazzi. Quando andavo a scuola, tutti davano per scontato che un bravo insegnante tenesse impegnati i suoi allievi con compiti da svolgere dopo l’orario scolastico.

I miei dovevano essere particolarmente bravi, o dei sadici intenzionati a rovinare la vita delle famiglie. È trascorso oltre mezzo secolo, quindi sono convinto di essere obiettivo, anche se il risentimento non è scemato.
La mia professoressa di materie letterarie in quinta ginnasio per le vacanze di Natale ci assegnò 15 versioni dal latino in italiano, altrettante dall’italiano in latino, e 15 dal greco. Tre al giorno dunque senza tenere conto dei compiti assegnateci dai suoi colleghi. I conti sono presto fatti: 45 versioni a testa, eravamo 30 in classe, la signora professoressa avrebbe dovuto correggere 1.350 versioni. Lei non svolse mai il suo compito a casa, ma controllò che avessimo obbedito ai suoi ordini. La professoressa di francese ci obbligò sempre a Natale ad imparare a memoria la stucchevole poesia di Lamartine Le Lac, sedici quartine grondanti aggettivi che mai avrei potuto usare nella vita quotidiana. Io fui l’unico a impararne la metà, e lei mi diede cinque, invece di premiarmi, in confronto ai miei sfaticati compagni. I professori che sommergono gli studenti di compiti sono i migliori, o sfaticati che scaricano sulle famiglie il loro lavoro?
In Germania, i compiti a casa hanno una tradizione che risale al quindicesimo secolo, informa la Frankfurter Allgemeine. Secoli fa si era convinti che avere del tempo libero avrebbe potuto guastare lo sviluppo dei giovani. Per pigrizia, o per abitudine, molti lo pensano ancora nel ventunesimo secolo. Il giornalista Armin Himmelrath, che deve avere avuto professori simili ai miei, ha scritto un saggio «Hausaufgaben, nein danke» (hep Verlag), con il sottotitolo: «Perché dovrebbero essere aboliti al più presto possibile».
Grazie a 32 anni di esperienza, sua da allievo, e poi di padre, sostiene che i professori di rado controllano i compiti a casa, questo toglie stimoli ai ragazzi, e crea tensioni nelle famiglie dove i genitori non sono in grado o non hanno né il tempo o la voglia di aiutare i figli. I compiti andrebbero sostituiti da una scuola a tempo pieno che, inoltre, eviterebbe di accentuare la differenza tra famiglie agiate e meno fortunate.
Come da noi, per svolgere quel che non viene fatto a scuola, si ricorre a lezioni private. Il conto globale sembra che ammonti a 800 milioni di euro all’anno. Il paradosso è che a pagare i professori sono proprio i genitori di ragazzi che non ne avrebbero bisogno, come dimostrano in una loro ricerca gli specialisti Nicole Hollenbach-Biele e Klaus Klemm. Il 40% degli allievi che hanno ricevuto lezioni private in tedesco, avevano un voto da «sehr gut», ottimo, a «befriedigend», sufficiente. In matematica, il 34% degli allievi aveva già largamente la sufficienza, come il 33% di quanti hanno pagato lezioni private per lingue straniere. In generale, i due terzi dei ragazzi che studiano anche a casa non ne avrebbero bisogno.
Le lezioni private, collegate ai compiti a casa, sono una sorta di pressione sociale, di ricatto sui genitori desiderosi di avere figli che primeggino a scuola e, dopo, nella vita. Nei paesi asiatici, le lezioni private sono di fatto obbligatorie: le prendono il 70% dei ragazzi fino ai 15 anni, e il 66% dei coreani. In Europa, tanto per sfatare uno dei molti luoghi comuni, sono i ragazzi greci al primo posto con il 55, seguiti con il 53 dai portoghesi, i britannici sono al 41, e quelli che dovrebbero essere i più diligenti, i tedeschi, si fermano al 28. Non ho trovato i dati che riguardano gli studenti italiani, ma sospetto che siano più vicini ai greci che ai prussiani.
Anch’io ho i miei pregiudizi, oppure un sospetto dovuto ai miei (infelici) ricordi scolastici. Berlino è circondata da un migliaio di laghi, e ogni volta che ne vedo uno ripenso a Lamartine. Il poeta scrisse quei versi grondanti amore letterario per la moglie d’un amico, appena scomparsa. Chissà, un triangolo ottocentesco, ma la professoressa si guardò bene dal rivelarmelo. Si limitò a rovinarmi un Natale, e la media.