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 2016  marzo 02 Mercoledì calendario

La storia dei 56 ragazzini di Corsico che non possono più mangiare in mensa perché hanno mamme e papà insolventi

Con un gomito sporco di pennarello appoggiato sul tavolo e lo sguardo basso, Andrea addenta un panino al formaggio avvolto nella stagnola senza fiatare. In mensa il profumo di cotoletta è forte quasi come le grida dei bambini che arrivano uno dopo l’altro per il pranzo: compare nei piatti di tutti i suoi compagni di classe insieme alla pasta al pomodoro, ai broccoli, al pane e a una mela. Andrea (il nome è di fantasia) il vassoio nemmeno l’ha preso e non lo farà non si sa per quanto. Ha otto anni, frequenta la terza elementare al comprensivo Galilei di Corsico, alle porte di Milano. E per volontà dell’amministrazione comunale non può ufficialmente mangiare come tutti gli altri: «Trasmettiamo l’elenco degli alunni dell’istituto da voi diretto che dal primo marzo non sono autorizzati a usufruire del servizio mensa erogato da questa amministrazione», c’è scritto su una lettera inviata dal Comune ai dirigenti scolastici del territorio. Una mossa per colpire le famiglie che non pagano le rette del servizio di refezione scolastica – in cui finiscono per andarci di mezzo solo i più piccoli – sulla quale il sindaco di centrodestra Filippo Errante non intende retrocedere di un solo passo, nemmeno dopo un vertice convocato ieri pomeriggio dal provveditore di Milano e dalle scuole per trovare, in extremis, un compromesso.
È scattato ieri il divieto assoluto di servire ai pasti a 56 alunni che studiano a Corsico e hanno mamme e papà insolventi. Bambini dai tre ai tredici anni, moltissimi stranieri e con famiglie in condizione di disagio non solo economico, che frequentano le scuole Galilei, Copernico, Buonarroti, dove si fa lezione dalle materne alle medie. Qualcuno quando è suonata la campanella ha tirato fuori un panino e una bottiglietta d’acqua, infilati nello zaino dalla mamma la mattina presto, e si è seduto insieme ai compagni. «Ma c’è bisogno di sottoporli a questa umiliazione? Di renderli riconoscibili a tutti?», si chiede Antonietta Prisco, rappresentante in consiglio d’istituto della Galilei, nonché mamma che vigila sulla qualità dei pasti serviti. Qualcuno invece non si è presentato del tutto. «Probabilmente le famiglie non hanno voluto mortificare i figli e li hanno lasciati a casa», spiega Manfredo Tortoreto, uno dei presidi che, insieme ai colleghi delle altre scuole e al provveditore Marco Bussetti, in questi mesi ha fatto di tutto far tornare l’amministrazione sui prori passi. Perché quella di Corsico è una storia che si trascina tempo: il primo ultimatum del Comune, con un rosso da oltre un milione di euro per le rette non pagate, è partito a gennaio, quando molte famiglie hanno finito per accettare di saldare il proprio debito con piccole rate. Ma chi ha smesso di pagare dopo il primo bollettino concordato, oppure non ha voluto o potuto versare un euro, da ora si ritrova con il figlio escluso dal servizio. «A gennaio non abbiamo avuto entrate – prova a spiegare il papà di una bambina di origini egiziane, che lavora in un’impresa di pulizie – ho tre figli, mia moglie non lavora. Facciamo seriamente fatica e fino a qualche tempo fa non ne sapevo nulla della possibilità di presentare l’Isee per avere una retta più bassa, per questo il nostro debito è cresciuto». Il realtà, l’esordio delle nuove regole ha avuto un esito inatteso: i presidi hanno avuto appena il tempo di mandare un messaggio alle famiglie. Pochissimi si sono presentati con il pranzo al sacco. E la Camst, l’azienda che serve i pasti ai bambini, non se l’è sentita di lasciare i piccoli senza mangiare: «Abbiamo servito lo stesso il pasto a tutti, nessuno è rimasto senza mangiare», spiega il direttore tecnico del servizio di ristorazione. Oggi si vedrà.