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 2016  marzo 02 Mercoledì calendario

Verdini mette nel mirino Alfano, con il benestare di Renzi

È iniziata la «battaglia dei centri» e a questa sfida Renzi non è estraneo, anzi pare esserne il regista. Perché la manovra gli garantirebbe di sganciarsi da Alfano senza pagar pegno e di avere al proprio fianco una formazione a lui (in)direttamente riconducibile, «distinta ma solo un po’ distante» dal segretario del Pd, per dirla con Verdini. Che poi è l’artefice dell’operazione anticipata ieri dalla Stampa, l’ipotesi cioè che Scelta civica e Ala costruiscano un «contenitore politico», in evidente contrapposizione al ministro dell’Interno, a cui non intendono riconoscere la leadership dell’area.
Per quanto l’alleanza Zanetti-Verdini non sembri suscitare oggi grande interesse nel Paese, potrebbe avere invece forte impatto nel Palazzo, al punto da cambiare la geografia della maggioranza di governo, marginalizzando il titolare del Viminale, che verrebbe sostituito nel suo ruolo da Verdini. Tutto ciò senza toccare la squadra di palazzo Chigi e soprattutto senza costringere il premier a passare per il Quirinale. Basterebbe che i gruppi parlamentari di Scelta civica e Ala si fondessero e il gioco avrebbe inizio: così l’ex braccio destro di Berlusconi si troverebbe non solo in maggioranza, ma addirittura nel governo, visto che il successore di Monti alla guida di Sc è vice ministro dell’Economia.
Verdini spinge perché il matrimonio venga celebrato, ma Zanetti – che con questa unione rischia di perdere il suo gruppo – già si scansa: «E non per questioni di antropologia politica, sia chiaro». Chiarissimo. D’altronde il leader di Ala si sente ormai definitivamente sdoganato, se è vero che domenica ha letto «con gusto pari alla sorpresa» l’editoriale con cui Scalfari su Repubblica chiedeva alla sinistra pd perché «non potesse accettare in maggioranza Verdini, che è perfino più ragionevole di Alfano».
A Bersani poco importa se Renzi sia «riuscito a cambiare le papille gustative di un bel pezzo dell’area democratica e dell’informazione». A preoccupare il capo della «ditta» è il progetto politico del premier, che assiste alla competition apertasi al centro con l’interesse di chi guarda già al dopo elezioni. Perché, in caso di vittoria, il «soccorso bianco» tornerebbe utile a Renzi, che non ne fa mistero nei suoi colloqui: se i centristi riuscissero a superare la soglia del 3% nelle urne, sarebbe pronto a imbarcare quel gruppo in maggioranza, per impedire alla sinistra del Pd di avere la «golden share» sul futuro governo e di condizionarne l’operato.
Non è dato sapere se sia vera intenzione o un modo per tenere a bada fino al referendum l’area che orbita attualmente in maggioranza. Di certo con la (presunta) promessa Renzi ha scatenato la «battaglia dei centri». E per capire da che parte nella sfida starà il premier, basterà intanto seguire l’iter della legge sulle adozioni, autentica cartina di tornasole nei rapporti tra il leader del Pd e il suo alleato ufficiale: Alfano.
Già l’iniziale gestione del provvedimento sulle unioni civili da parte di Renzi aveva messo in seria difficoltà il titolare dell’Interno: l’alibi che si trattasse di una legge di iniziativa parlamentare non reggeva. Se al Senato – grazie ai Cinquestelle – fosse passata la stepchild adoption con il voto di Pd e Ala, per Ncd sarebbe stato un colpo mortale: non solo si sarebbe spaccato numericamente ma sarebbe stato annichilito politicamente, consegnato all’irrilevanza, di fatto sostituito dai verdiniani. Anche senza cambi al governo.
Insomma ci hanno provato. Alfano – peraltro l’unico tra i contendenti al centro ad aver già superato varie prove elettorali – è riuscito però a manovrare con successo tra gli scogli in Parlamento. Non è affondato. E il fatto che il ministro Boschi abbia subito rilanciato con la riforma delle adozioni, appare adesso come il tentativo di iniziare il secondo tempo della stessa partita. Sarà per questo che anche ieri il leader di Ncd ha ribadito il proprio no alle adozioni gay, entrando in conflitto con il Guardasigilli Orlando che chiede di «ammainare i vessilli». Ma per Alfano una simile eventualità equivarrebbe ad ammainare bandiera. Se la giostra del Pd non si fermasse, il gioco sarebbe scoperto e sarebbe più eclatante di un endorsement pubblico di Renzi a favore di Verdini.
La «battaglia dei centri» potrà sembrare un fatto politico marginale, invece non lo è. Le strategie future passano da quella linea di frontiera: chi la controllerà avrà un ruolo importante nella prossima legislatura. E se a quel crocevia invece di Alfano ci fosse Verdini, per Berlusconi sarebbe più agevole proiettarsi verso la maggioranza dopo le elezioni. Anzi già durante le elezioni, al ballottaggio, nel caso in cui al secondo turno fossero Renzi e Grillo a contendersi palazzo Chigi e bisognasse difendere l’Italia dai «fascisti» a cinquestelle. Perciò – come scriveva il Foglio giorni fa – «siamo sicuri che il patto del Nazareno sia morto davvero?», e che Renzi non ne sappia niente ?