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 2016  marzo 02 Mercoledì calendario

La caccia agli scrocconi della buvette. Da ieri nel bar di Montecitorio anche gli onorevoli devono pagare

 
Buvette, mezzogiorno di fuoco. Entra Maurizio Lupi, sorridente. «Una spremuta e un tramezzino, per favore». «Emh, presidente, mi scusi... dovrebbe prima fare lo scontrino». La temperatura cala vertiginosamente, un attimo e l’ex ministro esplode: «Ma siete impazziti? Ma io consumo e poi pago, come in tutti i bar del mondo!». Benvenuti a Montecitorio, dove da lunedì scorso infuria la guerra degli scontrini, una caccia senza quartiere agli “scrocconi”. Un autentico corpo a corpo tra avventori e dipendenti. La scintilla? Una stringente direttiva diramata dalla società Compass group che gestisce il bar dei deputati.
Tutto ha inizio qualche settimana fa. I vertici della spa sono in visita a Montecitorio. Si imbattono in qualche movimento un po’ sospetto: un onorevole che “dimentica” lo scontrino, qualche avventore distratto che forse paga, forse no. «Eh già – fa dell’autoironia il verdiniano Luca D’Alessandro – saranno stati i soliti di Ala, ahahahah». C’è poco da ridere, la contromossa della Compass è racchiusa in una lettera ai dipendenti che recita più o meno così: «Senza ricevuta non fate consumare nessuno». E se i camerieri disattendono l’ordine? Sanzioni disciplinari.
E siamo a lunedì. Dario Franceschini chiede un cornetto alla crema. «Ministro, mi perdoni, servirebbe lo scontrino». La risposta è uno sguardo affilato e silente. Incidente sfiorato. Il copione si ripete ieri. I lavori d’Aula sono fiacchi, c’è tempo per un caffè. Entra la dem Alessia Morani. Ha voglia di una macedonia. «Quella va benissimo, grazie». Ma viene respinta. «Mi scusi! Faccio subito lo scontrino». Qualche secondo e si affaccia il montiano Mariano Rabino. Quasi pattina sui marmi della buvette, dice al volo alla cassiera: «Mi segni una banana...». Si può fare, in questo caso non serve la ricevuta. C’è chi la prende bene, come la democratica Colomba Mongiello. «Mi hanno richiamata, sì. E vabbè, pure per questo dobbiamo passare alla storia!». La consola Dario Ginefra: «Ah Colo’, e vorrà dire che c’è qualcuno che fa il furbo...».
Non tutti la prendono con filosofia. Non Lupi, che si riaffaccia per il tè delle cinque. Forse scherza, forse no. Comunque si catapulta al bancone. «Cavolo, non ho fatto lo scontrino! Questo signor Compass mi ha veramente rotto i c... Che follia, ne parlerò con i questori. E quando c’è confusione che facciamo, una fila chilometrica alla cassa?». La Compass, a dire il vero, ha pensato anche a questo. Due casse, quando è previsto il pienone. E se qualcuno protesta, entrano in campo i “sensibilizzatori” della Camera, i dipendenti di Montecitorio rimasti alla buvette come garanti dello standard del servizio. Sono loro, in abiti borghesi, a intervenire quando un deputato dà in escandescenze: «Onorevole, sono le nuove disposizioni, cerchiamo tutti di collaborare». La copertura politica all’operazione arriva dai piani alti di Montecitorio: «Non vedo la novità – dice il questore Gregorio Fontana (FI) – lo scontrino è obbligatorio da tempo. Funziona così in qualsiasi esercizio pubblico. E sarebbe spiacevole se qualcuno si scagliasse contro i dipendenti. Capisco la fretta, ma basta un pizzico di collaborazione».
Dietro al pasticcio, come al solito, ci sono i conti. Quelli della società non tornano: sulla base dei bilanci Camera degli anni precedenti, la Compass prevedeva di incassare mezzo milione di euro l’anno, mentre le proiezioni indicano un calo del 30% e un “buco” di centomila euro. Nessuno si spiega perché. E in questo vuoto interpretativo si incunea l’antipolitica, che stavolta veste i panni anonimi del commesso di lungo corso: «So’ cambiati i tempi: zero sedute notturne, lavori dal martedì al giovedì. Per il resto qua è il deserto...». L’ultima parola spetta però a Pasquale Laurito. Con la sua Velina Rossa denuncia «le guardie “naziste”» che vigilano sugli scontrini. Esagera, perché è dai tempi della presidenza di Gianfranco Fini che sul bancone spicca una targhetta: «Per favore, prima lo scontrino».