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 2016  marzo 02 Mercoledì calendario

Si torna a crescere. Il Pil sale dello 0,8 e segna il ritorno del segno «più» dopo tre anni di recessione

Esultano Renzi, Padoan e Poletti. La fotografia che l’Istat consegna al governo del 2015 è positiva. Il Pil è cresciuto dello 0,8 (invece dello 0,7 delle prime stime) e segna il ritorno del segno «più» dopo tre anni di recessione. Il deficit scende al 2,6 per cento del Pil, il debito al 132,6 per cento, cala pressione fiscale. L’occupazione cresce di 299 mila unità (l’1,3 per cento su base annua) e il saldo di gennaio 2016 segna +70 mila. «Con questo governo le tasse vanno giù, gli occupati vanno su, le chiacchiere dei gufi stanno a zero», ha commentato il premier Matteo Renzi che ha aggiunto: «Le tasse andranno giù anche nel 2017». Il ministro dell’Economia Padoan ha osservato che il governo «mantiene gli impegni» sul deficit e sul debito (“stabilizzato”) e ciò avviene «in un quadro di crescita». Di «grande risultato» parla il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
Giungono anche i dati della lotta all’evasione, resi noti dalla direttrice dell’Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi: il recupero nel2015 è stato di 14,9 miliardi, un nuovo record dopo i 14,2 miliardi del 2014 ottenuto a colpi di banche dati e con l’operazione «730» precompilato. La guardia resta alta: «Chi non risponderà al fisco conoscerà il lato oscuro dell’accertamento», ha ammonito la Orlandi. Un riferimento alle lettere d’avviso, inviate nei mesi scorsi, nelle quali si chiede di regolarizzare la propria posizione fiscale: più di un contribuente su due tra coloro che hanno ricevuto queste missive (156 mila su 350mila) ha scelto di correggere da solo la propria posizione.
«La riduzione dell’evasione e il taglio delle tasse sono due facce della stessa medaglia», ha commentato il ministro Padoan. Caleranno le tasse? Il ministro dell’Economia non lo esclude ma condiziona la riduzione che va «collocata in un quadro di compatibilità» e andranno anche valutati «gli effetti dei tagli già fatti».
 
 
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Una raffica di dati: dal Pil, al deficit, al debito, alle tasse. Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan sfoderano ottimismo e, in fin dei conti, la fotografia del 2015 mostra un’Italia capace di reagire anche se i problemi sono ancora molti e la crisi internazionale non arrestra.Siamo in una zona di transito congiunturale? Esposti a luci ed ombre? Vediamo gli ultimi dati diffusi ieri dall’Istat.
IL PIL TORNA AL SEGNO PIÙ
Seppure scontato il ritorno alla crescita è sempre un fatto da salutare con entusiasmo: dopo tre anni la recessione scompare e si cresce dello 0,8 per cento: più dello 0,7 delle ultime proiezioni ma lo 0,1 in meno rispetto agli obiettivi del governo. Altro piccolo aspetto positivo: il 2013 viene parzialmente riabilitato, la contrazione del Pil non fu dello 0,4 ma solo dello 0,3. Resta il fatto che manca molto per risalire il picco pre crisi: nel 2007 il Pil valeva poco meno di 1.700 miliardi, nel 2015 – al netto dell’inflazione – siamo a 1.547 miliardi e ci collochiamo ancora sotto il livello dell’anno 2000. Gli occhi tuttavia sono puntati su quest’anno: le stime del governo indicano l’1,6% e l’Ocse già parla dell’1%, probabilmente le stime saranno riviste in sede di Def in aprile. Gli ultimi mesi dell’anno scorso ci dicono tuttavia che sebbene la manifattura abbia rallentato (salvo l’auto), servizi e costruzioni sono andate meglio. Inoltre il Pil del quarto trimestre è cresciuto dello 0,1 congiunturalmente ma dell’1% rispetto al quarto trimestre del 2014, il tasso tendenziale più alto negli ultimi cinque anni.
IL NODO DEL DEFICIT
L’obiettivo del governo per il 2015, come ha rilevato anche Padoan è stato centrato: il rapporto deficit-Pil è sceso al 2,6%, un passo in avanti rispetto al 2014 quando era pericolosamente a quota 3 per cento. La partita tuttavia si gioca su un terreno in movimento: quello delle previsioni per il 2016. Qui il governo si è posizionato al 2,4% ma la Commissione Ue nelle ultime previsioni di febbraio già indica il 2,5. La questione è nelle mani del negoziato Moscovici- Padoan: l’Italia chiede 1 punto di flessibilità (la vecchia stima era l’1,4 per cento), la Commissione fissa il tetto allo 0,75 e il resto va compensato con una manovra.
TASSE E NON SOLO
La pressione fiscale, seppure elevata, è in calo. Secondo l’Istat è scesa nel 2015 al 43,3 (lo 0,3 in meno sul 2014). La questione si intreccia con la riduzione delle tasse e relativo calendario: un’operazione necessaria ma che deve essere finanziata con un rilancio della spending review.