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 2016  marzo 02 Mercoledì calendario

I francesi stanno sgombrando la cosiddetta Giungla, cioè i profughi di Calais, migliaia di disperati accampati sul bordo europeo della Manica che sperano di riuscire a saltare su un camion o su in treno e raggiungere Londra

I francesi stanno sgombrando la cosiddetta Giungla, cioè i profughi di Calais, migliaia di disperati accampati sul bordo europeo della Manica che sperano di riuscire a saltare su un camion o su in treno e raggiungere Londra. L’impresa era già difficile col filo spinato alto cinque metri finanziato dagli inglesi. Adesso c’è l’intervento delle autorità francesi, impersonate dal prefetto Fabienne Buccio, che vogliono distribuire gli accampati di Calais nel resto della Francia. Ma gli accampati non ci stanno perché il loro obiettivo è l’Inghilterra, e finire in qualche comune dell’interno transalpino, si trattasse pure di Parigi, toglie loro ogni speranza di arrivare prima o poi a Dover. La ditta Sogéa, con una ventina di operai in giacconi artancioni, è all’opera da tre giorni. Ingenti forze di polizia li proteggono, e ci sono stati scontri con sassaiole da parte di quei disgraziati e lancio di lacrimogeni da parte degli agenti. Dànno un contributo alla tensione i militanti di No Border, tedeschi e olandesi che fanno politica sul campo e sono arrivati fino a Calais per persuadere i migranti a resistere. Il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve li ha definiti «estremisti e violenti». Qualcuno è rimasto lievemente ferito, quattro infelici sono stati portati in carcere. La manifestazione, secondo France 2, ha riguardato non più di centocinquanta persone.

Da dove vengono questi migranti?
Un po’ da tutto il terzo mondo. Afgani, siriani, curdi, somali, etiopi, ceceni, sudanesi. In base ai pasti distribuiti ogni giorno dovrebbero essere duemila, ma si dà per certo che sono poco meno di quattromila e forse addirittura settemila. Nell’accampamento sono ammesse due sole organizzazioni internazionali, Médecins du Monde e Médecins Sans Frontières. Médecins Sans Frontières ha investito su Calais due milioni di euro. Distribuisce i pasti e tiene aperto l’ospedale. Ci sono parecchi casi di scabbia e di rosolia. Malattie respiratorie. Ieri ha smesso di piovere, ma fa molto freddo, la notte anche meno 6. È gente partita due-tre anni fa e che adesso, dopo odissee indescrivibili, sarebbe a un passo dalla mèta. Per tentare di saltare sul camion o addirittura di aggrapparsi all’Eurostar prima che sprofondi nel tunnel sottomarino ci hanno lasciato la pelle in venti.  

Gli inglesi?
Non ne vogliono nemmeno sentir parlare.   Quanta polizia c’è?
Trenta furgoni, due camion dei Crs - le forze speciali francesi - qualche decina di bulldozer. Il primo giorno è stata sgombrata un’area di 10 mila metri quadri. Tutta la Giungla occupa cinque ettari di palude, a ridosso del mare. I container messi a disposizione potrebbero occupare 1.500 persone, 14 individui a capsula, nessuna intimità, ci sono le docce comuni a circa 400 metri di distanza. Parecchi sono scappati in Belgio, a Zeebrugge, 140 chilometri di distanza, ma almeno stanno sulla costa. Anche il Belgio sta adottando misure di sicurezza, chiusure, burocrazie folli per scoraggiarli. Calais si trova in una regione (Nord-Pas-de-Calais) dove hanno sempre vinto comunisti e socialisti, e alle ultime elezioni dell’anno scorso ha rischiato invece di essere eletta Marine Le Pen. Si dànno da fare anche parecchie associazioni anti-immigrati, «Calaisiens en colère», «Sauvons Calais», ecc.  

È la stessa situazione della Macedonia, all’altro capo d’Europa.
Sì, questo è un confine di terra, posto tra la macedone Gevgelija e la greca Idomeni. I migranti sono bloccati dalla parte greca, i macedoni hanno costruito una rete - tipo quella di Calais -, trecento siriani e iracheni bloccati dall’altra parte hanno cercato di sfondarla anche ieri, ma in Macedonia il governo ha deciso di non ammetterne più di cento al giorno e solo i siriani e gli iracheni con i documenti in regola non fotocopiati. Cento che se ne vanno e centinaia che ne arrivano ogni giorno. Su una tendopoli costruita per 1.500 persone stanno adesso in ottomila. Con la chiusura di tutte le frontiere non  può che essere così. I tappi posti ai confini dell’Europa dell’Est e anche altrove hanno come effetto inevitabile l’invasione della Grecia e temiamo, con l’arrivo della primavera, anche dell’Italia. Esiste un pericolo albanese.  

Non è un’immigrazione praticamente finita?
L’Albania si trova adesso in una situazione non dissimile a quella di Calais o della Macedonia. Sta per essere presa d’assalto da profughi che sperano di proseguire verso il Nord o magari di approdare in Italia. La polizia ha sequestrato pochi giorni fa dodici gommoni. Gli agenti dicono: «I trafficanti di droga si stanno attrezzando per convertirsi al nuovo business». Il ministro degli Esteri Ditmir Bushati: «Non alzeremo muri, ma nemmeno potremo accogliere tutti». Il premier, Edi Rama: «Non abbiamo la forza economica per sostenere da soli questa emergenza». «Da soli»: ci vorrebbe cioè una qualche linea politica europea. La Ue ha in programma un vertice sulla situazione per il 7 marzo. Saranno presenti anche i turchi.